16
Nov
2006

Assolutismo e rivoluzione nel XVII secolo

Il testo è da intendersi introduttivo ai seguenti argomenti:
1) Rivoluzione inglese
2) Assolutismo di Luigi XIV

Assolutismo: in questo modello di organizzazione politica il potere del monarca è assoluto, ovvero ha il monopolio di tutte le decisioni e l’esercizio del suo potere è legittimato dal diritto divino. L’assolutismo è esperienza che consente la centralizzazione del potere politico e, quindi, l’affermazione degli stati nazionali e l’imporsi dell’economia borghese; la classe della borghesia, durante l’assolutismo e grazie all’affermarsi dello stato nazionale, impone il proprio ruolo sociale di contro alla nobiltà.

L’assolutismo permette alla borghesia di allearsi con un potere che, per la sua natura specifica, le permette di meglio esercitare le attività produttive e di ricevere protezione. La centralizzazione del potere, infatti, sfidando la tendenza disgregatrice della nobiltà feudale, consente di abolire parte delle dogane interne, di svolgere opera di controllo (e, quindi, di garantire sicurezza) delle vie di comunicazione, facilitando l’attività commerciale e finanziaria. Una volta però compiuta la funzione di favorire lo sviluppo della borghesia (classe di cui il monarca ha bisogno, per ricevere appoggio nella sua lotta contro i privilegi feudali), questa classe manifesta sempre maggiore insofferenza per le prerogative assolute del potere del re; raggiunto l’assoluto dominio economico (con buona parte della nobiltà indebitata proprio con gli esponenti “borghesi” del potere finanziario) tale classe pretende di avere un ruolo di protagonismo politico, adatto al suo ruolo economico.

Di conseguenza, si incrina l’alleanza tra il re e la borghesia, dal momento in cui questa (attraverso i Parlamenti, dove siedono i suoi più autorevoli rappresentanti) chiedono una limitazione dei poteri del monarca a favore del parlamento (modello di monarchia costituzionale). La resistenza dei monarchi a questo progetto politico, li porta a farsi nuovamente apologeti dei privilegi feudali e a difendere, in parte, i privilegi dell’aristocrazia terriera.

Rivoluzione è un evento violento, intenso ma di breve durata, che provoca lo sconvolgimento e il mutamento radicale del sistema politico vigente. Con la rivoluzione, nel periodo della storia europea denominato «età moderna», la borghesia conquista definitivamente il potere politico e orienta lo Stato in modo da far coincidere gli interessi della nazione con quelli della economia borghese-capitalistica. La rivoluzione, dove avviene, comporta il passaggio definitivo da un mondo in cui erano ancora vigenti privilegi legati al diritto feudale, a un modello sociale-economico, più dinamico.

Poiché la rivoluzione segna questo passaggio storico, epocale, è evento che appartiene unicamente all’età moderna (per cui non è corretto considerare le rivolte dell’antichità –p. es. quella degli schiavi di Spartaco- delle rivoluzioni). In questa sua essenziale funzione, la rivoluzione è esperienza che ha interessato diversi paesi, in periodi tra loro differenti; ma, soprattutto, le vicende rivoluzionarie, pur con caratteristiche peculiari che dipendono dal contesto ambientale e dalla specificità del periodo, tendono a riproporre un identico schema, che segue dinamiche analoghe. Ciò è evidente nei principali eventi rivoluzionari, con alcune significative eccezioni:

  1. Rivoluzione inglese (1648)
  2. Rivoluzione indipendente (1767)
  3. Rivoluzione francese (1789)
  4. Rivoluzione del 1820/1821 (Napoli, Torino, Spagna)
  5. Rivoluzione del 1830/1831
  6. Rivoluzione del 1848
  7. Comune di Parigi (1871)
  8. Rivoluzione russa (1917)

Se quanto sopra affermato sulle rivoluzioni è vero, si può rimanere stupiti dalla distanza (in alcuni casi realmente ampia) tra gli eventi sopra richiamati; eppure è facile spiegarla. La precocità della rivoluzione in Inghilterra dipende dallo stato avanzato del processo economico e socio-politico di quel paese, mentre l’evidente ritardo della rivoluzione in Russia fa riferimento alla arretratezza che caratterizza questo paese ancora all’inizio del ‘900.

Se dovessimo riassumere lo «schema» delle rivoluzioni in modo sommario (quindi da confermare, analizzare nelle sue specificità, giustificare nelle eventuali eccezioni), potremmo riassumerlo nel modo seguente:

  1. Rapporti di forza diseguali (il contrasto tra la fazione conservatrice e quella rivoluzionaria è talmente sproporzionato a favore di quest’ultima da rendere quasi inevitabile e, al suo inizio, spontaneo il moto rivoluzionario);
  2. Il rappresentante del potere assoluto mostra intransigenza nel difendere le prerogative del suo potere. Anche quando le vicende precipitano,e gli converrebbe venire a patti con gli schieramenti più moderati che gli garantirebbero la sopravvivenza politica, egli si irrigidisce e provoca col suo comportamento le reazioni che conducono quasi sempre a una radicalizzazione degli eventi rivoluzionari;
  3. La forza del fronte rivoluzionario sta nel fatto che la borghesia riesce a coinvolgere nel suo moto emancipativo tutte le classi meno favorite, nonostante che l’aspirazione politica di queste ultime preveda esiti molto più radicali di quelli della borghesia;
  4. Inevitabilmente, una volta ottenuta con facilità una prima vittoria, il fronte rivoluzionario si divide (in modo più o meno violento) tra un fronte dei moderati e uno delle forze più radicali (i primi vogliono generalmente mantenere la monarchia, seppure sotto la forma della monarchia costituzionale; i secondi pretendono un rivolgimento radicale del sistema politico);
  5. Nel conflitto tra moderati e radicali vi è una fase transitoria in cui prevalgono, per una serie di circostanze, le forze più radicali; le rivoluzioni si concludono però sempre con la realizzazione di un programma moderato, consono alle finalità che, fin dall’inizio, si proponeva la borghesia capitalistica. (Un’eccezione è costituita dalla rivoluzione russa del 1917, dove le forze più radicali –e minoritariealla fine prevalgono; ma questo esito diverso si spiega sia per il grande ritardo sia per il contesto quasi apocalittico –guerra mondiale- nel quale la rivoluzione si realizza).