Gli insegnanti: l’ultimo ostacolo alla Rivoluzione digitale nella scuola
25 settembre 2017
di Giovanni Carosotti e Rossella latempa
A venti mesi dalla pubblicazione del documento dedicato all’innovazione digitale della didattica, uno dei primi che tentava di rendere operativi i contenuti della “Buona Scuola”, il MIUR ha licenziato un nuovo testo per fare il punto sui risultati. Il documento è scritto in modo abile: nasconde le sue sottigliezze e la sua inclinazione ideologica attraverso un linguaggio in apparenza scientifico-formalizzante. Questi documenti, infatti, oramai da anni, sostengono la perentorietà dei propri assunti sulla base dell’applicazione di acquisizioni “scientifiche” che non si presentano affatto come rigorose, né supportate da letteratura o ricerche di settore, ma che si ritengono tali in modo autoreferenziale e non aperto a contraddittori. In particolare, gli insegnanti, e loro strategie comunicative e il loro approccio sarebbero poco adatti a favorire l’apertura della scuola alla società. Di qui la necessità dell’ingresso di un’autorità intellettuale esterna che li resetti dal punto di vista professionale. Verso la fine del documento compare una frase sibillina, che dovrebbe preoccupare qualsiasi insegnante: «è ora di pensare a ciò che la Scuola deve chiedere al Paese». E che cosa mai sarà mai questo diritto degli insegnanti di pretendere finalmente qualcosa? Quello – e qui l’ironia involontaria si trasforma in derisione- di poter chiedere per loro i «migliori formatori». Ovvero, riconoscendo la loro inadeguatezza e ammettendo con umiltà di doversi riformare completamente e accettare di lasciarsi “accompagnare” docilmente nella loro attività quotidiana. Gli insegnanti, in questo modo, sono ridotti a mera ruota dell’ingranaggio, strumenti e tecnici poco qualificati il cui ruolo è ridotto a formare i propri studenti ad accettare l’addestramento e l’immaginazione come un nemico dell’apprendimento.
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