24
Nov
2006

Hegel

CAPITOLO QUARTO

GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL  –  (1770/1731)

Hegel nel programma dell’ultimo anno
Il pensiero di Hegel, insieme a quello di Kant, è probabilmente il più importante dell’intero programma dell’ultimo anno di corso; è anche l’argomento di maggiore difficoltà, sia per l’estensione sia per la complessità. La filosofia kantiana necessita di uno studio severamente organizzato ma, in ragione del suo impianto razionalistico, può essere agevolmente padroneggiata, una volta che se ne sono compresi i principali concetti. La filosofia di Hegel, invece, richiede, oltre alla comprensione di un impianto speculativo idealistico che a molti studenti appare paradossale, un’applicazione di tipo mnemonico, in quanto numerosi concetti devono essere ricordati nella giusta sequenza logica.
Il sistema di Hegel
Hegel è il maggiore dei filosofi idealisti e la sua filosofia, quindi, possiede molte di quelle caratteristiche generali che abbiamo già incontrato nei pensieri di Fichte e di Schelling. Il sistema hegeliano, però, è notevolmente più complesso e strutturato, in quanto intende spiegare la realtà in tutti i suoi aspetti, anche i più particolari. Proprio per questo il sistema filosofico di Hegel presenta numerosissime articolazioni che, per una comprensione esauriente, devono essere ricordate.
Lo studio del sistema di Hegel rispetto a quello di Fichte e Schelling
Mentre, per quanto riguarda le filosofie di Fichte e Schelling, è sufficiente comprendere l’impianto sistematico generale, per poi applicarvi pochi concetti qualificanti, nello studio del pensiero hegeliano non è bastevole una comprensione dei criteri generali della sua concezione idealistica, ma è necessario approfondire le articolazioni dei diversi passaggi, dove i concetti tendono a moltiplicarsi.
Il linguaggio di Hegel
Il linguaggio utilizzato da Hegel per l’esposizione del proprio pensiero è uno dei più complessi dell’intera storia della filosofia, sia per il carattere concettuale proprio di ogni filosofia idealistica, sia per la complessità specifica delle concezioni hegeliane. E’ importante quindi memorizzare alcune espressioni, essere sicuri di averle comprese correttamente e tentare di riproporle immediatamente nella propria esposizione. L’uso consapevole di espressioni tipiche del filosofo, infatti, facilita notevolmente la nostra competenza linguistica ed evita l’uso di perifrasi che, spesso, non colgono con la giusta chiarezza le problematiche affrontate.
Importanza della conoscenza di Fichte e Schelling
E’ molto importante, per studiare con profitto la filosofia di Hegel, padroneggiare in maniera adeguata il pensiero di Fichte e Schelling, non solo per ragioni contenutistiche; Hegel, è ovvio, si confronta con i precedenti sistemi idealistici e, di conseguenza, per comprendere le sue posizioni, si devono ricordare quelle dei filosofi immediatamente precedenti. Più importante ancora è che, attraverso le filosofie di Fichte e Schelling, si è preso contatto con la filosofia idealistica, sia a livello concettuale sia a livello linguistico; solo una comprensione adeguata di questi due sistemi può permettere, allora, di affrontare con la giusta determinazione lo studio del più complesso pensiero hegeliano.
Come studiare la filosofia di Hegel
La filosofia di Hegel dà origine a un impianto sistematico particolarmente articolato, da padroneggiare sia nei principi generali sia nelle determinazioni particolari. E’ importante, innanzitutto, avere di fronte una sintesi grafica del sistema hegeliano, generalmente presente in tutti i manuali (vd. più avanti); per prima cosa si devono studiare i principi generali della concezione idealistica hegeliana, per poi riuscire ad applicarli nelle diverse parti del suo sistema.
La Fenomenologia dello spirito: perché per prima
Un’eccezione è costituita dalla Fenomenologia dello spirito che, nell’insieme del sistema, è inserita in una posizione conclusiva, ma che è la prima opera completa in cui Hegel esprime compiutamente il proprio pensiero. Si affronta la sua analisi, quindi, subito dopo le considerazioni di carattere generale.
Il rapporto fra i criteri generali e i concetti particolari
Si è già detto come i diversi momenti in cui si articola il sistema devono essere conosciuti nella giusta sequenza; per facilitare questa operazione mnemonica si deve: possedere una corretta conoscenza dei principi generali dell’idealismo hegeliano, di cui i concetti particolari non sono che delle manifestazioni; dimostrare una comprensione adeguata del significato (spesso non evidente a prima lettura) delle diverse espressioni linguistiche; saper inserire, infine, ogni concetto all’interno del sistema e coglierne la continuità con quelli che lo precedono e lo seguono.
Importanza dell’esposizione
La complessità e il carattere concettuale del pensiero hegeliano rendono l’esposizione determinante, per un buon esito dello studio. E’ importante, quindi, non affrontare il momento espositivo all’ultimo, quando si è sintetizzata l’intera filosofia di Hegel, ma immediatamente dopo la comprensione di un singolo concetto. Si faciliterà così la memorizzazione e, nel contempo, si accrescerà la propria competenza linguistica.
Struttura del capitolo
Abbiamo scelto di non affrontare il periodo giovanile dell’attività di Hegel, perché scarsamente presente nei programmi degli insegnanti e quasi sempre già presentato in forma sintetica nei vari manuali.
Il presente capitolo è così suddiviso:
1) un’introduzione generale alla concezione idealistica di Hegel, attraverso confronti con le filosofie precedenti e con particolare attenzione ai concetti di dialettica e razionalità;
2) una presentazione delle tematiche che costituiscono il sistema hegeliano;
3) la trattazione analitica della Fenomenologia dello spirito;
4) l’analisi dettagliata del sistema, nelle tre parti in cui è costituito: la Logica, la Filosofia della natura, la Filosofia dello Spirito.

 

1. LA CONCEZIONE IDEALISTICA HEGELIANA

La critica di Hegel a Kant
Hegel rifiuta, al pari di Fichte e Schelling, la concezione dualistica kantiana. Le sue osservazioni sono particolarmente interessanti e meritano di essere ricordate anche se, nella sostanza, non si distinguono da quelle dei precedenti filosofi idealisti.
Contraddizione della gnoseologia kantiana
La gnoseologia kantiana ha un’impostazione contraddittoria in quanto la conoscenza, secondo Hegel, non può che incrementarsi da se stessa. La consapevolezza dell’uomo in merito alle proprie possibilità non può essere che il frutto di un continuo sforzo nel campo del sapere, di un progresso conoscitivo che nasce dal perfezionamento e dalla correzione degli errori precedenti. La filosofia critica, cioè voler comprendere i meccanismi della conoscenza prima di valutare che cosa possiamo conoscere ha, secondo Hegel, una pretesa assurda, in quanto è solo nel confronto con i fenomeni che si possono, eventualmente, cogliere i limiti del nostro intelletto. Pretendere di individuare questi limiti prima di iniziare a conoscere equivale, afferma Hegel, a “voler imparare a nuotare prima di immergersi nell’acqua”.
L’adesione all’idealismo di Schelling e la critica a Fichte
Hegel aveva aderito, nel periodo giovanile della sua attività, all’idealismo schellinghiano, condividendone le posizioni di critica nei confronti di Fichte. Anche Hegel manifesta l’esigenza di salvare la dignità dell’oggetto, non riducendolo a mera produzione del soggetto; l’Assoluto si configura, anche per Hegel, come unità di soggetto e oggetto. La presa di posizione a favore di Schelling rispetto a Fichte è testimoniata dallo scritto, pubblicato nel 1801, Differenza dei sistemi di filosofia di Fichte e Schelling.
Distacco da Schelling
Hegel si allontana dalla filosofia di Schelling, non condividendone la concezione dell’Assoluto: Hegel è sì convinto che l’Assoluto sia unità di soggetto e oggetto, ma ritiene che quest’unità non sia indifferenziata e che non possa essere colta esclusivamente per via intuitiva. La verità dell’Idea, secondo Hegel, va colta nel reale attraverso una riflessione intellettuale; i diversi fenomeni, infatti, partecipano all’assoluto attraverso una continua opera di mediazione con le altre entità particolari; questa mediazione può essere colta dalla ragione, attraverso un’analisi di carattere intellettuale.
L’Assoluto di Schelling è astratto
Secondo Hegel, nell’Idea infinita sono presenti tutti gli esseri determinati che, attraverso un processo, sono arrivati a cogliere la loro partecipazione alla realtà universale. Nell’Assoluto di Schelling non vi sono, invece, determinazioni reali che si riconoscono parte di un’unica realtà, in quanto la realtà infinita annulla tutte le distinzioni. Secondo Hegel, questa concezione dell’Assoluto è contraddittoria, in quanto, da una parte, se ne afferma l’universalità, mentre dall’altra lo si separa da quei fenomeni che dovrebbe comprendere. L’Assoluto di Schelling, afferma Hegel, è come quella “notte in cui tutte le vacche sono nere”.
Com’è possibile comprendere l’Idea con la ragione?
Si è visto come Schelling negasse la possibilità di comprendere l’Assoluto attraverso la ragione; l’esperienza della rappresentazione, sulla quale si fonda l’attività dell’Intelletto, è incapace di cogliere l’unità del reale, in quanto tende a separare, dividere, sezionare. D’altra parte, il fatto che tutte le determinazioni particolari siano parti di un unica realtà omnicomprensiva sembra andare contro il senso comune e solo con una facoltà particolare, l’intuizione, è possibile comprendere questa verità superiore. Hegel, invece, ritiene che l’unità del reale possa cogliersi con l’intelletto: come è possibile?
La relazione continua fra i fenomeni
Apparentemente i singoli fenomeni sembrano essere delle individualità separate ma, in realtà, nessuno potrebbe esistere se non grazie alle relazioni che mantiene con gli altri fenomeni e grazie all’ambiente, o contesto, in cui si trovano.
L’unità del reale
Il reale costituisce un’unità proprio perché nessun fenomeno può esistere separato dall’altro e acquista significato solo in seguito alla relazione e alla continua mediazione che intrattiene con altri fenomeni. Esiste dunque una realtà superiore, omnicomprensiva, che comprende tutte le determinazioni le quali, proprio perché parti di questa superiore unità, possono relazionarsi fra loro.
Comprensione della struttura unitaria del reale
Secondo Hegel, l’Idea non è quindi una realtà nascosta che può solo essere intuita dal sentimento umano, bensì è un’evidenza che si offre alla riflessione dell’intelletto, non appena si approfondisca, con dovuto metodo, la natura dei fenomeni. Infatti, ogni volta che si studia una realtà, si nota che essa intrattiene dei rapporti di opposizione e di complementarità con altri oggetti; se ne deduce che un’interpretazione corretta dei fenomeni particolari non può prescindere da una considerazione complessiva delle relazioni fra detto fenomeno e altre realtà.
Relatività delle singole determinazioni
Ogni fenomeno non è una realtà assoluta, ma relativa rispetto alle altre determinazioni con cui è in relazione. Nel famoso esempio che apre sia la Fenomenologia dello Spirito, sia la Logica, Hegel spiega come i concetti di qui e ora siano relativi, poiché, nella mia vita, si possono sperimentare molti qui e molti ora, che si contraddicono l’uno con l’altro (il vero qui è quello in cui si è ora, o quello in cui ci si troverà domani?).
La coscienza della percezione
Una considerazione meditata della nostra ragione mostra come tutti i qui e gli ora siano in un certo senso veri, ma solo se inseriti in quel fenomeno più generale che è la facoltà percettiva nella quale, nei diversi momenti della mia vita, si manifestano i differenti qui e ora. La percezione sarebbe così quella realtà di carattere universale, della quale le determinazioni particolari di luogo e di tempo sarebbero delle manifestazioni.
La dimostrazione razionale dell’idealismo
Hegel riesce così a realizzare ciò che sembrava apparentemente impossibile: dimostrare, attraverso la ragione, che le singole individualità esistono solo in quanto parti di una realtà superiore. Tale realtà, apparentemente indimostrabile, sembrava intuibile solo attraverso facoltà extrarazionali; Hegel, invece, riesce a teorizzarla attraverso un’attenta analisi dei fenomeni.
L’illuminismo di Hegel
Hegel, in quanto idealista, presenta nella sua filosofia convinzioni comuni alla concezione romantica del mondo: la superiorità dello Spirito sulla materia, l’affermazione dell’infinito come ambito in cui si risolve il finito, la concezione teleologica della storia. Nello stesso tempo, però, recupera l’attività razionale quale facoltà più alta fra quelle umane e ritiene che alla ragione spetti il compito di spiegare la struttura idealistica dell’universo. In un certo senso, Hegel recupera la ragione illuministica contro tutte le svalutazioni che di essa avevano proposto sia la cultura romantica sia la precedente filosofia idealistica.
La dialettica
La ragione è in grado di cogliere l’Idea poiché individua nei fenomeni una relazione dialettica. La dialettica, struttura fondamentale della realtà, stabilisce relazioni unitarie fra tutte le determinazioni empiriche; la ragione, nel cogliere tale struttura dialettica, comprende il rapporto fra l’Idea e i fenomeni.
Differenza con Kant
Naturalmente, il termine dialettica assume in Hegel un significato affatto diverso da come lo aveva interpretato Kant: come si ricorderà, nella Critica della ragion pura [cfr. Cap. 1, p.18] e nelle successive Critiche il termine dialettica faceva riferimento ad un esito contraddittorio del sapere che, avventuratosi al di là dei limiti dell’intelletto, dava origine a delle conclusioni teoretiche in realtà inverificabili.
La contraddizione
Anche Hegel individua nella dialettica la presenza della contraddizione, in quanto un rapporto dialettico si ha sempre tra due fenomeni dalle caratteristiche opposte; solamente che, per Hegel, la contraddizione non è in sé un momento negativo, uno scacco per il sapere, in quanto può essere superata, permettendoci di raggiungere una maggiore conoscenza della realtà.
Struttura triadica della dialettica
La dialettica si struttura in tre momenti: nel primo si ha la presenza di una determinazione che, non avendo ancora intuito il proprio limite, si concepisce come assoluta; in un secondo momento si contrappone alla prima realtà un ulteriore fenomeno, dalle caratteristiche opposte, che lo contraddice e ne mette in discussione l’assolutezza. Questa contraddizione viene però superata da un terzo momento, in cui si realizza una mediazione, grazie alla quale i due fenomeni si integrano nella loro diversità, comprendendosi come parti di una realtà superiore.
Applicazione dello schema dialettico all’esempio del qui e dell’ora
Applichiamo ora lo schema dialettico all’esempio, riportato sopra, del qui e dell’ora.
La prima determinazione
1) In un primo momento, si vede dinanzi a noi un albero, in un certo luogo (qui) e in determinato momento (ora). La realtà si esaurisce in questo qui ed ora, che sembrano assolutamente certi.
La contraddizione
2) Se però ci si volta poco dopo e si osserva un altro albero, allora si avrà un altro qui e un altro ora, che contraddicono quelli precedenti. La sicurezza della realtà è destinata ad incrinarsi: “qual è il vero ora?”, ci si potrebbe infatti chiedere.
Il risolversi della contraddizione
3) Successivamente, dopo il presentarsi degli opposti qui e ora, la ragione, con opportuna riflessione, comprende che essi sono solo manifestazioni particolari dell’unica facoltà percettiva.
Carattere ontologico della dialettica
La dialettica non è un metodo d’interpretazione della realtà, artificiosamente applicato dall’intelletto umano agli eventi; è, invece, la stessa realtà che cerca di realizzasi come universale. La dialettica è l’attività dell’Idea che, coinvolgendo i fenomeni empirici, li riassume in sé.
L’Aufhebung
L’Aufhebung (letteralmente: il superamento) è un concetto che indica il risolversi dialettico della contraddizione, ma precisa, nello stesso tempo, come le determinazioni iniziali, contrapposte, siano sì risolte dal movimento dialettico , ma rimangano intatte, nelle loro caratteristiche peculiari, all’interno della nuova realtà universale. Ritornando all’esempio del qui e dell’ora, si vede come le singole determinazioni spazio-temporali non siano affatto annullate dalla coscienza della percezione; i singoli qui ed ora continueranno a esistere, anche se si è ormai consapevoli che non costituiscono più realtà assolute, bensì relative.
Differenza da Schelling
L’Aufhebung non indica, quindi, esclusivamente l’esito finale del movimento dialettico, ma intende precisare come, nell’universale, le singole determinazioni mantengono le proprie caratteristiche. Si può ulteriormente comprendere, allora, la differenza fra l’Idea hegeliana e l’Assoluto di Schelling: quando Hegel parla della “notte in cui tutte le vacche sono nere”, intende sottolineare come nell’Assoluto di Schelling le singole realtà vengono annullate e che, quindi, non si può identificare l’Assoluto con la totalità del reale.

Spesso i tre momenti della dialettica vengono indicati con le espressioni tesi, antitesi e sintesi; questi termini sono di derivazione fichtiana e non sono mai stati usati da Hegel. E’ meglio quindi non utilizzarli, in quanto tradiscono la ricchezza dinamica della dialettica hegeliana, costringendola in uno schema rigido. Conviene, invece, esercitare la propria esposizione prendendo a modello quanto abbiamo sinora espresso.
La nuova contraddizione
La determinazione che risolve le contraddizioni tra i fenomeni viene a sua volta negata da un’altra realtà, che la limita nelle sue caratteristiche peculiari. Anche questa nuova contraddizione è risolta dialetticamente e dà origine a una successiva determinazione, ancora più universale, che troverà, a sua volta, una ulteriore contraddizione.
La natura teleologica della dialettica
La dialettica parte dalle determinazione più immediate dell’essere e, di contraddizione in contraddizione, rivela realtà sempre più universali; la dialettica non ha però uno sviluppo infinito, ma mira a costituire lo Spirito, la realtà universale, sintesi di tutto il reale e quindi esito di tutto il dinamismo dell’Idea.
La cattiva infinità
Hegel non riesce a concepire un processo che non abbia un termine; un rimando all’infinito non avrebbe alcun senso e non potrebbe corrispondere alla realtà: questa infatti è caratterizzata da un dinamismo che possiede una logica razionale (la dialettica) e che è diretto, in modo evidente, alla realizzazione dell’universale. Il divenire non possederebbe un procedere razionale se proseguisse all’infinito e non fosse diretto a uno scopo; qualsiasi spiegazione che intende risolvere i problemi rimandandoli all’infinito (la cattiva infinità) è dunque inaccettabile per la filosofia.
L’esito della dialettica
Qual è, dunque, il risultato del processo dialettico? La costituzione e la comprensione dello Spirito in quanto totalità: le singole determinazioni, scontrandosi e superandosi dialetticamente, costituiscono la realtà universale dello Spirito, che le comprende.
La razionalità del reale
La realtà s’identifica dunque con lo Spirito che, in quanto universalità, rappresenta il senso compiuto dell’esistenza; è in ragione della totalità dello Spirito che si giustificano tutti i fenomeni particolari. Il reale si presenta, allora, come un grande meccanismo, dove ogni parte concorre alla riuscita dell’insieme. Quando Hegel afferma che “tutto il reale è razionale” intende che ogni avvenimento, anche piccolo, possiede uno scopo in relazione alla costituzione dello Spirito; nulla avviene a caso, secondo Hegel, ma ogni fenomeno ha una propria importanza per l’universale.
La realtà del razionale
“Tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale è reale”. Non solo tutto ciò che esiste ha uno scopo, anche se può sembrare marginale; ma tutto ciò che si può definire razionale, ossia necessario per lo Spirito, deve avere una realtà.
L’”empirismo” di Hegel
Si può affermare come Hegel sia, da un certo punto di vista, un empirista; egli difatti prende in considerazione tutti gli aspetti della realtà e si propone di giustificarne la razionalità. Per Hegel nessun fenomeno è secondario e tutti sono meritevoli di attenzione teoretica, dal momento che qualsiasi determinazione concorre alla realizzazione dello Spirito; e vi concorre, come si è affermato a proposito dell’Aufhebung, mantenendo, nell’universalità, la propria determinazione.
Come si costituisce lo Spirito?
Si è detto che lo Spirito rappresenta l’esito del movimento dialettico: ma se lo Spirito è il reale nella sua totalità, come può costituirsi solamente in seguito a un movimento che coinvolge la realtà nelle sue determinazioni particolari? Se lo Spirito è universale dovrebbe, logicamente, precedere il movimento dialettico.
L’acquisizione di consapevolezza dello Spirito
Hegel non può negare che l’Idea, in quanto totalità, preceda lo stesso sviluppo dialettico, ma distingue tra una fase in cui l’Idea non possiede consapevolezza del suo essere universale e un’altra, che coincide con la conclusione del processo dialettico, in cui l’Idea è consapevole di essere la totalità, diventando così Spirito. All’inizio, quindi, lo Spirito è totalità inconsapevole di sé, mentre alla fine del processo è totalità finalmente consapevole di sé; non muta il suo essere ma la coscienza della propria natura.
Un esempio irrealistico
Si propone un esempio che non è assolutamente trasferibile sul piano della realtà, ma che può risultare utile a chiarire: supponiamo che un essere umano si trovi a vivere, dalla nascita sino alla morte, in una condizione di completo isolamento dai suoi simili, senza dunque che gli venga trasmesso il sapere; egli non sarà consapevole della propria natura umana e delle caratteristiche del suo essere che scoprirà, poco alla volta, nel corso della vita. Solamente in punto di morte, sarà consapevole che la sua vita era una totalità che comprendeva i diversi momenti della nascita, crescita, maturità, vecchiaia e morte.
L’essere rimane però identico
L’essere umano dell’esempio è identico sia all’inizio sia alla fine della propria vita: ma all’inizio non è consapevole del suo essere mentre alla fine comprende finalmente la verità sulla condizione umana. Analogamente lo Spirito non sa, all’inizio, di essere la totalità ma, dopo che questa si è dispiegata, comprende di esserlo.
Perché esiste la realtà particolare?
La realtà empirica si realizza, allora, per volontà dello Spirito, che intende in questo modo acquistare consapevolezza. Solo dopo che la realtà particolare, dispiegandosi dialetticamente, diventerà consapevole della propria universalità e, quindi, della propria identità con l’Idea, lo Spirito finalmente si comprenderà come universale.
In sé e per sé
Tra i fenomeni particolari e lo Spirito vi è dunque identità, in quanto i primi non sono altro che manifestazioni provvisorie del secondo. Le espressioni hegeliane “in sé” e “per sé”, indicano la realtà dello Spirito da questo doppio punto di vista: per in sé Hegel intende un oggetto qualsivoglia, indipendentemente dalla relazione che si ha con esso: indica dunque l’astratto, l’inconsapevole, la mancanza di relazioni. Per per sé si intende invece una relazione con un soggetto che l’oggetto, senza mutare, ha per forza nel momento in cui ci si frappone ad esso; indica dunque la dimensione della concretezza, della mediazione, della consapevolezza.
Coincidenza di in sé e per sé nell’Assoluto
In sé e per sé, che rappresentano due possibili modalità in cui l’oggetto si trova ad essere nella realtà, sono ovviamente coincidenti nell’Assoluto: difatti l’Assoluto è nel contempo un in sé e un per sé,in quanto se lo si conoscesse si mostrerebbe per sé così come è in sé. Se l’Assoluto vuol essere conosciuto propone la relazione del per sé, ma poiché non è conoscibile se lo si altera, soddisfa entrambe le condizioni (in sé e per sé).
La coscienza fra in sé e per sé
Di conseguenza, nello sviluppo dei suoi stadi, la coscienza cerca continuamente di adeguare il suo oggetto in maniera tale che la relazione del per sé si identifichi con quella dell’in sé, raggiungendo così lo stadio del sapere assoluto. Una figura fenomenologica che non è ancora giunta al sapere assoluto, sarà in sé ma non ancora per sé, in quanto non ha ancora raggiunto la consapevolezza di essere parte dello Spirito.

ESPRESSIONI SIGNIFICATIVE

Contraddittorietà della gnoseologia kantiana – Partecipazione dei fenomeni empirici all’Idea – Relazionalità fra i diversi fenomeni – Coscienza della percezione – Romanticismo e illuminismo di Hegel – Dialettica – Contraddizione – Movimento triadrico – Carattere ontologico della dialettica – Aufhebung – Carattere teleologico della dialettica – Cattiva infinità – Spirito – Razionalità del reale – Totalità inconsapevole di sé – Totalità finalmente consapevole di sé – In sé e per sé

DOMANDE

1) Riassumi la critica di Hegel a Kant.

2) Per quali motivi la gnoseologia kantiana sarebbe contraddittoria?

3) Descrivi il rapporto di Hegel con la filosofia di Schelling.

4) Sintetizza le obiezioni rivolte da Hegel al concetto schellinghiano di Assoluto.

5) Per quale motivo l’Assoluto di Schelling sarebbe separato dalla realtà che dovrebbe comprendere?

6) Come è possibile comprendere, e non intuire, la realtà dell’Idea?

7) Indica il modo in cui Hegel interpreta i singoli fenomeni particolari.

8) Riporta l’esempio del qui e ora.

9) Definisci la dialettica.

10) La dialettica è un metodo o una realtà?

11) Precisa il diverso modo d’intendere il termine dialettica in Kant e in Hegel.

12) In quale diverso modo giudicano la contraddizione Kant ed Hegel?

13) Descrivi la struttura triadica della dialettica, prima in modo formale e, dopo, facendo riferimento all’esempio del qui e ora.

14) Precisa il significato del termine Aufhebung.

15) Il superamento indica, per Hegel, l’annullamento delle determinazioni opposte?

16) Ha termine il movimento dialettico?

17) Spiega il significato dell’espressione “cattiva infinità”.

18) Qual è lo scopo della dialettica?

19) Introduci e spiega il concetto di Spirito.

20) Che cosa intende Hegel con l’affermazione: “tutto il reale è razionale, tutto il razionale è reale?”

21) Esistono avvenimenti empirici casuali o marginali?

22) In che senso possiamo affermare che Hegel è un “empirista”?

23) Chiarisci i concetti di inconsapevolezza e consapevolezza riferiti allo Spirito.

24) Per quale motivo lo Spirito dà origine alla realtà particolare?

25) Illustra adeguatamente i concetti di in sé e per sé.

26) Per quale motivo in sé e per sé coincidono nell’Assoluto?

27) Una figura fenomenologica come si colloca rispetto alle condizioni dell’in sé e del per sé?

2. IL SISTEMA HEGELIANO

Il sistema di Hegel non è altro che la considerazione ordinata di tutta la realtà, nei suoi differenti aspetti; la totalità dei fenomeni viene interpretata come manifestazione dell’attività dello Spirito il quale cerca, attraverso lo sviluppo dialettico dei fenomeni, di diventare consapevole di se stesso.
Esaustività del sistema
Il sistema deve essere esaustivo, ovvero comprendere tutti gli aspetti della realtà che, in quanto reali, devono possedere una loro razionalità. La filosofia ha il dovere di rendere chiaro il principio razionale che governa ogni fenomeno, rivelandoci in questo modo l’attività dello Spirito.
L’Enciclopedia e le altre opere
Il sistema di Hegel è riassunto nell’opera Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, pubblicata nel 1817. Diverse parti del sistema sono state però approfondite in modo autonomo, come la Fenomenologia dello Spirito (1807), la Scienza della logica (1812, 1816), i Lineamenti di filosofia del diritto (1821) e, postumi, la Filosofia della storia, l’Estetica, la Filosofia della religione, la Storia della filosofia.
Le tre articolazioni del sistema
Il sistema hegeliano si suddivide in tre grandi parti che costituiscono una prima, fondamentale, struttura dialettica: la logica, la filosofia della natura, la filosofia dello Spirito.
Ulteriori suddivisioni
Ognuna di queste sezioni si suddivide, in sintonia col procedere dialettico, in articolazioni triadriche, via via più particolari. Ovviamente, il procedimento hegeliano parte dalla determinazione più semplice, che si rivela all’inizio della logica e, seguendone lo sviluppo dialettico giunge, attraverso la Filosofia della natura, all’autoconsapevolezza dello Spirito.
Che cosa studiare
Nella sintesi scolastica non è possibile esaurire la filosofia hegeliana nelle sue numerose articolazioni; è necessario però non limitarsi alla struttura generale, in quanto si rischia poi di non comprendere i diversi passaggi. Nello schema riassuntivo dello schema proposto a fine capitolo, sono articolati i concetti che si ritengono indispensabili conoscere e che saranno spiegati nelle pagine seguenti.
Importanza dello schema
Questo schema deve essere costantemente tenuto presente, sia in fase di studio sia durante il ripasso: aiuta a memorizzare i vari concetti, facilità l’inserimento di un concetto nell’insieme del sistema, permette di ripercorrere velocemente l’intera filosofia hegeliana.

DOMANDE

1) Qual è la principale caratteristica del sistema hegeliano?

2) Indica le principali opere del filosofo e individua le parti del sistema cui sono dedicate.

3) In quali parti si articola il sistema?

4) Descrivi la struttura triadrica dell’impianto sistematico di Hegel.

3. LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO

La Fenomenologia nel sistema hegeliano
La Fenomenologia dello Spirito è collocata, all’interno del sistema, nella prima parte dell’ultima sezione, quella dedicata allo Spirito assoluto. E’ una posizione, tutto sommato, marginale, come si evince del resto dalla sezione della Fenomenologia compresa nell’Enciclopedia.
Importanza della Fenomenologia
La Fenomenologia dello spirito, però, è anche la prima opera di Hegel in cui si descrive compiutamente la nuova concezione idealistica e assume, proprio per questo, una straordinaria rilevanza. D’altra parte, quest’opera è molto più ricca di quanto appare nell’Enciclopedia e in essa compaiono argomenti che, successivamente, Hegel collocherà in altre parti del sistema.
Studiare la Fenomenologia
Quest’opera viene, proprio per la data di pubblicazione, studiata per prima e, per lo studente, costituisce il primo esempio di applicazione concreta dei principi filosofici hegeliani. Un approccio corretto all’opera è dunque importante per affrontare, successivamente, lo studio dell’intero sistema con risultati positivi.

Divisione della Fenomenologia
La Fenomenologia è come se fosse un piccolo sistema e, infatti, ne pubblichiamo più avanti lo schema riassuntivo; bisogna consultarlo mano a mano che si procede nella conoscenza dei diversi concetti, da comprendere nel loro significato particolare senza mai perdere, però, la visione d’insieme.
Argomento della Fenomenologia
L’oggetto dell’opera è la descrizione di come lo spirito umano abbia acquistato consapevolezza nel corso del suo sviluppo: l’uomo, in un primo tempo consapevole unicamente della propria coscienza individuale, attraverso un cammino problematico, giunge a comprendere la sua partecipazione allo Spirito assoluto.
Autocomprensione finalistica di Hegel
La verità raggiunta dalla coscienza nel suo cammino fenomenologico coincide con quanto affermato dalla filosofia hegeliana. Si intende, così, il ruolo storico che Hegel assegna alla propria riflessione: tutt’altro che modesto, il filosofo ritiene che, con il proprio pensiero, si concluda definitivamente l’intera disciplina filosofica. Tutto il cammino che l’uomo ha percorso nel tentativo di avvicinarsi alla verità, è stato quello di comprendersi, progressivamente, come parte di una superiore universalità. Con la filosofia hegeliana tale ricerca giunge alla fine, in quanto, con lo stadio del Sapere assoluto, l’uomo conquista definitivamente tale certezza.
Impossibilità della filosofia dopo Hegel
Hegel ritiene dunque che, dopo la sua opera, la filosofia non abbia ulteriori possibilità di evoluzione; i filosofi dovrebbero, d’ora in poi, limitarsi a interpretare i fenomeni dal punto di vista filosofico hegeliano, insuperabile e incontestabile nella sua verità.
Valore pratico della Fenomenologia
La Fenomenologia, nel descrivere il cammino che l’umanità ha percorso sulla strada del sapere, ha un’utilità pratica in quanto consente all’uomo di prendere coscienza del momento storico e filosofico in cui è arrivato, dandogli consapevolezza del proprio ruolo nel mondo.
Ripercorrere le conquiste del sapere
Questa presa di coscienza fenomenologica è anche sintesi enciclopedica di tutte le conquiste del sapere: ripercorrendo la strada che lo ha condotto alla situazione attuale, lo spirito rivive le contraddizioni attraverso cui è passato e che ha dialetticamente superato per elevarsi dal punto di vista della coscienza naturale a quello del sapere assoluto.
Il termine “spirito”
Quando, in questa sezione, si utilizza l’espressione “spirito”, non si intende lo Spirito, consapevole di essere la totalità, di cui si è parlato nel paragrafo precedente. Indichiamo, invece, l’ultimo grado dell’evoluzione della coscienza che, diventando spirito, è consapevole della propria partecipazione all’universale. Va da sé, però, che i due concetti possono essere in parte identificati: la coscienza, infatti, in quanto parte dello Spirito, è lo Spirito stesso in una sua particolare manifestazione.
L’evoluzione dialettica dello Spirito
La progressiva consapevolezza dello Spirito si realizza attraverso un processo dialettico: la coscienza, di volta in volta, acquisisce una parziale consapevolezza di sé, che gli sembra corrispondere alla verità; a infrangere questa sua sicurezza si sviluppa una contraddizione, che la coscienza supera dialetticamente, concependosi con caratteristiche sempre più universali.
Esigenza di superare il proprio oggetto
La Fenomenologia è questo travagliato itinerario della coscienza, una specie di romanzo storico-cultural-filosofico, il cui sviluppo non è arbitrario, ma risulta dalla natura stessa della coscienza. E’ il cammino del dubbio, in cui la coscienza perde la sua verità, la sua visione del mondo e dell’essere, proprio perché essa stessa trova sempre insufficiente il proprio oggetto.
Lo sviluppo della coscienza
La situazione della coscienza può essere paragonata a quella, più universale, dello Spirito assoluto, descritto nel paragrafo precedente: la coscienza già all’inizio del suo apparire è parte dello Spirito universale, senza però esserne consapevole; alla fine del suo cammino, attraverso la filosofia hegeliana, giunge alla piena consapevolezza di sé, cioè della sua partecipazione alla totalità.
Particolarità e universalità della coscienza
La coscienza procede incessantemente sulla strada del sapere proprio perché, da una parte, si avverte come particolare ma, essendo universalità, ha sempre un rapporto inadeguato col mondo, che cerca di superare attraverso una maggiore consapevolezza di sé.
Significato del titolo
“Fenomenologia” significa, letteralmente, “scienza delle manifestazioni”; “fenomenologia dello spirito”, quindi, significa lo studio di tutte le manifestazioni che lo spirito umano ha assunto e con le quali si comprende nel corso della sua esistenza.
Le figure della Fenomenologia
Ognuna di queste identificazioni dello Spirito rappresenta una particolare figura, ossia una comprensione ancora inadeguata della coscienza che deve essere superata dialetticamente per realizzare, infine, il sapere assoluto.
Contraddizioni cronologiche
Le diverse figure della Fenomenologia si riferiscono a diversi periodi storici o momenti del pensiero filosofico, in maniera piuttosto casuale e poco rigorosa. Non bisogna, quindi, cercare ad ogni costo una assoluta coerenza cronologica nel percorso fenomenologico; si devono accettare le figure hegeliane scorgendo in esse solamente una profonda riflessione filosofica.

ESPRESSIONI SIGNIFICATIVE

Autocomprensione finalistica della filosofia hegeliana – – Cammino conoscitivo percorso dalla coscienza – Consapevolezza della propria condizione storica – Evoluzione dialettica della coscienza – Inadeguatezza dell’oggetto – Particolarità e universalità della coscienza – Sapere assoluto – Scienza delle manifestazioni – Figure della coscienza

DOMANDE

1) Precisa la collocazione della Fenomenologia dello spirito all’interno del sistema hegeliano.

2) Spiega i motivi per cui la Fenomenologia, pur non essendo all’inizio del sistema, viene studiata prima.

3) Qual è l’argomento della Fenomenologia dello spirito?

4) Quale ruolo storico assegna Hegel alla propria filosofia?

5) Come sarà la filosofia dopo l’affermazione del pensiero hegeliano?

6) Descrivi l’evoluzione dialettica dello Spirito.

7) Che cosa spinge la coscienza a proseguire sulla strada del sapere?

8) Chiarisci la natura della coscienza, tra particolarità e universalità.

9) Spiega il significato letterale del titolo dell’opera.

10) Che cosa sono le figure fenomenologiche?

11) Le figure fenomenologiche seguono un corretto sviluppo cronologico?

12) Sono figure storiche o filosofiche?

COSCIENZA E AUTOCOSCIENZA
La coscienza
La coscienza è la percezione immediata di sé, all’origine del proprio apparire, del proprio esistere nel momento attuale attraverso le percezioni; esso è comune a qualsiasi soggetto anche animale. Coincide con il pensiero semplice, immediato, che non effettua astrazioni ma constata solo l’esistenza di ciò che è attorno a sé nel momento presente e che viene percepito.

Dalla certezza sensibile alla coscienza della percezione
La prima certezza posseduta dalla coscienza è quella sensibile: Hegel propone l’esempio del qui e dell’ora, già esaminato nel paragrafo precedente. Come si ricorderà, tale processo dialettico permette alla coscienza di passare dalla sicurezza della singola sensazione alla consapevolezza di una più generale facoltà percettiva.
La percezione e l’io universale
La percezione rimanda a una prima forma di universalità del soggetto: difatti la coscienza non irrigidisce più la propria sicurezza in singole percezioni particolari, ma è cosciente che il proprio essere soggettivo è il centro delle diverse sensazioni le quali, nella loro diversità, trovano proprio nella coscienza una loro unità.
L’intelletto
La coscienza diventa intelletto quando si accorge che l’oggetto percepito è, nello stesso tempo, uno e molteplice: difatti all’oggetto ineriscono molte qualità, che vengono però ricollegate ad un’unica realtà. La coscienza si rende allora conto che l’universalità del conoscere, ossia la possibilità di ricondurre molteplici qualità a unità, è frutto della sua attività in quanto intelletto e l’oggetto, dunque, è risultato di una sua attività.
Dall’intelletto all’autocoscienza
Nel momento in cui si comprende come intelletto, la coscienza diventa consapevole di sé e del suo agire, in quanto risolve l’intero oggetto in se stessa. Diventa così autocoscienza.
L’autocoscienza
L’autocoscienza si concepisce, da una parte, come vita assoluta, in quanto esaurisce tutta la realtà esterna in se stessa; dall’altra come appetito, desiderio del mondo per il mantenimento di sé. L’autocoscienza consuma e distrugge il mondo per sopravvivere.
La negazione dialettica
L’onnipotenza dell’autocoscienza, bramosa di appropriarsi del mondo, viene dialetticamente negata dall’incontro con un’altra autocoscienza, che ha lo stesso desiderio e che, di conseguenza, entra in conflitto con la prima. L’autocoscienza comprende così di non essere una vita assoluta, in quanto l’altra autocoscienza è una parte del mondo esterno di cui essa non si può impadronire al pari degli altri oggetti.
Il conflitto fra le autocoscienze
E’ inevitabile una lotta fra le autocoscienze per affermare la propria indipendenza; nel corso di questa lotta le autocoscienze si trovano di fronte alla morte. Chi per primo prova paura per il proprio possibile annientamento e si ritira dal conflitto, accetta di sottomettersi all’altra autocoscienza; il desiderio di vita è tale che si accetta un rapporto di sottomissione.
Il rapporto servo padrone
Il rapporto servo-padrone è una delle figure più famose dell’intera fenomenologia; indica come la lotta fra le autocoscienze non si conclude necessariamente con la morte di una di esse, in quanto l’autocoscienza vincitrice ha bisogno del riconoscimento della propria superiorità. Il perdente accetta così di sottomettersi è servire il proprio signore, lavorando per il suo sostentamento: il padrone, invece, vivrà esclusivamente del lavoro del servo.
Il rovesciamento dialettico della figura
Ma in questa figura torna a compiersi il movimento dialettico che ne capovolge il rapporto. Il signore destina il servo alla lavorazione della natura, riservandosene il godimento. Tuttavia nel suo lavoro e nel suo rapporto concreto col mondo, il servo afferma il suo dominio sulle cose. La verità che il signore poneva era la propria indipendenza, ma questa ora si rivela mediata dal lavoro servile e da esso dipendente: quindi la verità della figura del signore si realizza non in lui, ma nel servo.
Importanza del lavoro
Il lavoro diventa quindi l’attività che nobilita l’uomo e ne stabilisce la superiorità sulla natura; solo il lavoro, attraverso la trasformazione che opera sulle cose, rende l’uomo in grado di progredire e ne valorizza la libertà.
Il padrone dipende dal servo
E’ dunque il padrone, contrariamente alle apparenze, a dipendere dal servo e dal suo lavoro, mentre il servo, che non si limita al godimento delle cose ma le modifica con il proprio sforzo, realizza la vera essenza umana.
Consapevolezza del servo
La consapevolezza del servo di essere più libero del padrone non deve, secondo Hegel, esprimersi in una rivolta contro il signore, che rappresenterebbe solo uno scambio delle parti e non un superamento della contraddizione dialettica insita nel rapporto signore-servo. La coscienza servile si emancipa attraverso il pensiero, rendendosi conto che il lavoro è ciò che dà forma al mondo e lo fa essere per il soggetto: questo pensiero è la libertà acquisita dal servo; così, per Hegel, veramente libero non è Spartaco, che si ribella, ma Epitteto, lo schiavo che si considera uguale all’imperatore.
La coscienza stoica
Questa coscienza per cui la realtà del mondo diventa inessenziale e a cui non importa di essere “in trono o in catene” è la coscienza stoica, che si afferma come pensiero universale, del tutto indifferente ai contenuti e alle condizioni particolari.
La contraddizione dialettica dello stoicismo
La coscienza stoica raggiunge la consapevolezza della libertà, ma solo a un livello interiore, in quanto la realtà continua a mantenere le stesse caratteristiche. La contraddizione dello stoicismo sta dunque nel fatto che, da una parte, dà importanza solo all’universale (i propri ideali) e, dall’altra, considera inessenziali le condizioni particolari. Se lo stoicismo si affermasse, il mondo rimarrebbe sempre identico, in quanto i suoi mutamenti sarebbero ritenuti inessenziali; ed è questa una soluzione che, evidentemente, Hegel non può accettare.
La coscienza scettica e la sua contraddizione dialettica
Alla coscienza stoica si contrappone la coscienza scettica, che nega l’esistenza dell’universale e rifiuta qualsiasi verità; contemporaneamente, riconosce solo i pensieri particolari, privi però di valore. Anche la posizione scettica si rivela contraddittoria in quanto afferma universalmente che non esiste alcun universale e proclama con forza una verità che sostiene l’inesistenza di qualsiasi verità.

La coscienza infelice
Il fallimento dello scetticismo conduce la coscienza a una crisi definitiva: la coscienza cercava una valore universale nel quale identificarsi, ma lo ha dovuto respingere sia nell’interpretazione stoica sia nella versione scettica. Lo stato lacerato in cui si trova la coscienza, nel quale percepisce l’universale come distante da sé, è quello indicato da Hegel con l’espressione coscienza infelice.
L’universale come esterno a sé
Caratteristica della coscienza infelice è il porre l’universale, considerato ormai irraggiungibile, come esterno a sé; è il periodo storico dell’età medievale, in cui la verità si identifica con Dio, un universale semplice e trascendente. Il compito della coscienza sarà ora quello di ricongiungersi a ciò che avverte come separato da sé.
L’ebraismo
In questa figura il divino è concepito come assolutamente trascendente e distante dalla coscienza; Dio è signore assoluto, padrone della vita e della morte dell’uomo, che si trova in uno stato di totale dipendenza.
L’imitazione di Cristo
Cristo, il Dio fatto uomo, quindi l’universale rivelatosi nella singolarità, rappresenta il tentativo della coscienza di ritrovare, nella trascendenza, la propria singolarità. La coscienza cerca allora di attuare l’imitazione di Cristo, ma poiché questi di umano ha solo la figura, mentre tutta la sua essenza è divina, l’identificazione rimane impossibile per la coscienza che non riesce a spogliarsi della sua particolarità ed è respinta verso se stessa.
Il recupero del mondo
Impossibilitata a realizzare in sé la figura di Cristo, la coscienza deve accettare questo mondo come ambito della propria esistenza; il mondo, a prima vista, appare come qualcosa di diabolico e profano, in quanto l’empiria impedisce il raggiungimento dell’universale; ma è solo nel mondo, d’altra parte, dove la coscienza può agire per cercare la propria salvezza, cioè l’unione con l’universale.
Il monachesimo
L’atteggiamento della coscienza sarà allora di combattere in se stessa e nel mondo l’aspetto profano per affermare quello sacro (è il momento del monachesimo attivo, cfr. la regola benedettina). Essa unisce al lavoro la preghiera, che è ringraziare Dio di averle concesso la possibilità di lavorare: la coscienza lavorante pensa che tutto ciò che fa promana da Dio e vede se stessa come puramente passiva (è la visione religiosa del dualismo signore-servo).
Il rifiuto della corporeità
La negazione dialettica del monachesimo sta nel constatare, nel lavoro, la singolarità del proprio essere corporeo, che impedisce alla coscienza di realizzare la propria universalità.
L’ascetismo
La coscienza si sforzerà allora di reprimere la sua corporeità, ma così facendo è costretta ad occuparsi continuamente del proprio corpo e più lo reprime, più se lo ritrova accanto; anziché accettare e gestire la propria naturalità come qualcosa di indifferente, concentra su di essa la propria attenzione, pur rinnegandola astrattamente. La contraddizione dell’ascetismo sta proprio nel fatto che, quanto più si nega il proprio corpo, tanto più si moltiplicano le pratiche (espiazioni, rinunce) che l’hanno come oggetto.
La mediazione del ministro
Col fallimento delle pratiche ascetiche la coscienza si trova nella condizione di più profonda infelicità; decide di rinunciare allora totalmente alla ricerca dell’universale, sottomettendosi completamente alla Chiesa. La coscienza, in altre parole, non vuole più realizzare un rapporto immediato con l’assoluto, ma affida a un ministro il ruolo di mediare fra lei e l’universale.

ESPRESSIONI SIGNIFICATIVE

Coscienza – Certezza sensibile – Percezione – Intelletto – Autocoscienza – Vita assoluta – Appetito – Rapporto servo-padrone – Lavoro – Coscienza stoica – Coscienza scettica – Coscienza infelice – Universale come esterno a sé – Ebraismo – Cristianesimo – Monachesimo – Coscienza lavorante -Ascetismo – Mediazione del ministro

DOMANDE

1) Riprendi il passaggio dalla certezza della sensazione alla coscienza della percezione.

2) Per quale motivo la percezione rivela, rispetto alla semplice certezza sensibile, una maggiore universalità dell’io?

3) Introduci e spiega il concetto di intelletto.

4) Che cos’è l’autocoscienza?

5) Come si concepisce l’autocoscienza?

6) Spiega in che cosa consiste l’appetito.

7) Illustra il passaggio dall’incontro fra due autocoscienze all’instaurarsi della figura padrone-servo.

8) Per quale motivo le due autocoscienze entrano per forza in conflitto?

9) Per quale motivo una delle due non muore?

10) Descrivi il rovesciamento dialettico della figura servo padrone.

11) Spiega la concezione hegeliana del lavoro, che possiamo dedurre dall’analisi del rapporto servo-padrone.

12) In che modo il servo deve affermare la sua indipendenza?

13) Per quale motivo Epitteto è un modello superiore a quello di Spartaco?

14) Illustra la coscienza stoica e, successivamente, presenta la sua negazione dialettica.

15) Qual è la contraddizione irrisolvibile dello scetticismo?

16) Introduci il concetto di coscienza infelice.

17) A quale periodo storico si riferisce la coscienza infelice? perché?

18) Come concepisce l’universale la coscienza infelice? per quale motivo?

19) Spiega la figura fenomenologica dell’ebraismo.

20) Quale evoluzione propone, alla coscienza infelice, la figura di Cristo?

21) Che cosa impedisce alla coscienza infelice di realizzare l’imitazione di Cristo?

22) Indica i principi del monachesimo.

23) Che cos’è la coscienza lavorante?

24) Quale negazione dialettica conduce dall’esperienza del monachesimo all’ascetismo?

25) Qual è la contraddizione della pratica ascetica?

26) Illustra l’ultima decisione della coscienza infelice, di affidare a un ministro il proprio rapporto con l’universale.

LA RAGIONE
Dalla coscienza infelice alla ragione
Una volta che la coscienza ha delegato la Chiesa in merito al proprio rapporto con l’universale, può immergersi nel mondo e dedicarsi alla pura osservazione dei fenomeni: diventa così ragione.
La ragione osservativa
La ragione inizialmente si costituisce come ragione osservativa e si identifica con il naturalismo rinascimentale e, successivamente, con la scienza galileiana. La ragione osservativa si dedica all’osservazione della natura, rilevandone le leggi e i rapporti costanti; in questo modo, diventa cosciente della razionalità del sensibile.
La negazione dialettica
La ragione osservativa entra in crisi quando passa allo studio dell’individualità organica e dello stesso osservatore: la scienza comprende allora l’impossibilità di applicare le proprie categorie quantitative al mondo della vita e sperimenta così i limiti della sua efficacia.
La critica alla frenologia e alla fisiognomica
A questo proposito, Hegel rifiuta decisamente due discipline, allora in voga, che intendevano spiegare la psiche umana attraverso analisi di carattere fisiologico; la fisiognomica voleva risalire dai tratti somatici dell’individuo al suo carattere, mentre la frenologia giustificava la psiche di un soggetto dalla conformazione del cranio. Secondo Hegel, invece, la realtà psicologica è totalmente incomprensibile alla luce delle tradizionali categorie scientifiche.
Hegel e la scienza
Al pari di Schelling, Hegel era molto informato in merito al dibattito scientifico del tempo; la sua conoscenza della fisiognomica e della frenologia, discipline che oggi possono apparirci ingenue ma che allora vantavano molto credito, testimonia il suo interesse per le ricerche naturalistiche e, nello stesso tempo, la sua capacità di coglierne le insufficienze. Come Schelling, anche Hegel prefigura quella crisi del meccanicismo che si realizzerà compiutamente alla fine del secolo.
Ruolo secondario della scienza
La scienza -e anche questo è un aspetto in comune col pensiero di Schelling- non occupa, nel sistema idealistico hegeliano, un posto di rilievo; ha una finalità puramente pratica e non può cogliere le verità universali, accessibili solo alla riflessione filosofica.
La ragione attiva
La ragione osservativa, entrata in crisi, capisce come il mondo non sia qualcosa di dato, che ci si può limitare a osservare, ma è una realtà modificabile dall’io; l’unità fra sé e il mondo va realizzata e, allora, la ragione decide di dedicarsi all’azione, diventando ragione attiva.
L’unione con le altre autocoscienze
Il fine che si propone l’attività della ragione è quello di realizzare la comunione fra sé e il mondo; essa cerca allora di instaurare rapporti con le altre autocoscienze per superare la propria individualità ed affermare l’unità fra sé e il mondo esterno: tale ricerca è, ovviamente, molto difficile per la ragione, poiché il suo carattere individuale frena la tensione verso l’universale.
Il rapporto erotico
La forma più immediata del rapporto fra le autocoscienze è il rapporto erotico. L’eros è sia un’energia inconscia, sia un sentimento di cui si è consapevoli sul piano intellettuale; infatti ogni civiltà lo ha interpretato secondo le caratteristiche della propria cultura. Nel rapporto erotico il soggetto cerca di fondersi con la persona amata, realizzando una prima forma d’identità col mondo esterno.
Lo scacco del rapporto erotico
Il limite dell’esperienza erotica sta in un elemento di finitezza, dovuto al fatto che l’altro rimane sempre un corpo estraneo al proprio; l’esito dell’erotismo è dunque la disperazione poiché, quanto più il desiderio di unità con l’altro si esaspera, tanto più ne sperimentiamo l’impossibilità. Hegel adduce come esempio le vicende del giovane Werther, narrate da Goethe nel suo romanzo epistolare.
La legge del cuore
La ragione cerca allora un rapporto più autentico e universale col mondo, imponendogli la propria legge del cuore: rifiuta le leggi costituite della società organizzata come qualcosa di artificiale e vi oppone la legge sincera e spontanea della propria interiorità. La legge del cuore, come potete notare, è un sentimento diretto non verso la singola persona amata, ma ha per oggetto l’intera umanità. Anche in questo caso Hegel propone un riferimento letterario, identificando in Karl Moor, il capo dei Masnadieri di Schiller.
Lo scacco della legge del cuore
Il limite della legge del cuore sta nel fatto di essere prettamente individuale; si scontra dunque con tutte le altre individualità, ciascuna delle quali ha una propria legge del cuore da affermare nel mondo. La pretesa di universalità di questa figura fenomenologica si rivela così solo apparente, in quanto non riesce a superare la dimensione della singolarità.
La virtù e Don Chichotte
La coscienza si sforza di realizzare , allora, una legge basata non più sul sentimento ma sulla ragione; Hegel porta come esempio la celebre figura di Don Chichotte, per molti versi prigioniero di un ideale ma per il filosofo, invece, “cavaliere della ragione”.
L’opposizione del mondo
L’azione individuale diretta a cambiare il mondo, di cui Don Chichotte è un esempio, anche se ispirata dalla ragione, finisce per essere schiacciata dal mondo e, quindi, non raggiunge la conciliazione con l’universale; le condizioni concrete della realtà, infatti, impediscono a Don Chichotte di realizzare i suoi propositi. La coscienza deve realizzare quindi un concetto più concreto di individualità.
La ragione come individualità
Può sembrare strano come la ragione, nel tentativo di affermare la propria unità col mondo, avverta il bisogno di sottolineare il proprio carattere individuale. Questo passaggio diventa comprensibile non appena si riflette sul fallimento della figura precedente: Don Chichotte, infatti, rappresenta un’individualità astratta, che agisce sì in base a propositi razionali ma che non considera la realtà del mondo.
Un’individualità più concreta
Per realizzare se stessa, la ragione deve allora dare origine a un’individualità più concreta, che non si senta più in contrasto con il corso del mondo, ma avverta di poter realizzare delle opere che sono il corso stesso del mondo. Questo non è più qualcosa che si oppone ai disegni della ragione ma una realtà condizionata dall’agire della ragione stessa.
La ragione intersoggettiva e l’ethos
Poiché comprende di poter agire sul mondo per modificarlo, la nuova concreta individualità si riconosce come ragione intersoggettiva. Essa realizza se stessa nella vita associata e, quindi, nell’ethos; con questa espressione s’intende una serie di norme che regolano la vita in comune fra gli individui; la ragione, avvertendo il proprio carattere intersoggettivo, si riconosce e intende affermare queste norme.
La ragione legislatrice e la sua contraddizione dialettica
La ragione si propone di dare origine a delle leggi che valgano per tutti e che possano realizzare l’ethos. Il problema è che tali leggi sono elaborate dalla ragione nella sua individualità per cui, ancora una volta, è impossibile affermarne la validità universale. Per fare un esempio, la legge in si obbliga tutti a dire la verità, si scontra col dato di fatto che la percezione della verità muta a seconda delle condizioni in cui si trova un soggetto.
Dalla ragione allo Spirito
Si presenta così la necessità della trasformazione dalla ragione allo spirito, l’ultima descritta nella Fenomenologia, in cui la ragione rinuncia alla propria natura individuale; nello Spirito le esigenze universali della ragione si concretizzano in istituzioni oggettive che trascendono l’individualità e , quindi, la possono governare.

ESPRESSIONI SIGNIFICATIVE

Ragione – Ragione osservativa – Frenologia – Fisiognomica – Ragione attiva – Rapporto erotico – Legge del cuore – Virtù – Corso del mondo – Individualità concreta – Ragione intersoggettiva – Ethos – Ragione legislatrice – Spirito
DOMANDE

1) Spiega il passaggio dalla coscienza infelice alla ragione.

2) Che cosa s’intende per ragione osservativa?

3) Illustra i motivi che dimostrano l’insufficienza della ragione osservativa.

4) Che cosa sono la frenologia e la fisiognomica e perché Hegel le critica?

5) Proponi un confronto tra Schelling e Hegel in merito all’importanza attribuita alla disciplina scientifica.

6) Illustra il passaggio dalla ragione osservativa alla ragione attiva.

7) Per quale motivo la ragione attiva ricerca il rapporto con le altre autocoscienze?

8) Descrivi le caratteristiche del rapporto erotico e evidenziane la contraddizione dialettica.

9) Quale riferimento letterario propone Hegel in relazione al rapporto erotico?

10) Spiega la figura della legge del cuore e indicane la corrispondenza sul piano letterario.

11) Quali sono i motivi che portano allo scacco della legge del cuore?

12) In che modo Hegel interpreta la figura di Don Chichotte?

13) Per quale motivo Don Chichotte non riesce a realizzare i propri scopi?

14) Spiega i motivi per cui la ragione, dopo il fallimento della virtù, intende affermare una più concreta individualità.

15) Collega i concetti di ragione intersoggetiva e di ethos.

16) Qual è la contraddizione dialettica della ragione legislatrice?

17) Spiega il passaggio dalla Ragione allo Spirito.
LO SPIRITO

Lo Spirito
Lo Spirito è la ragione divenuta realtà: le esigenze universali della ragione si concretizzano in figure oggettive, cioè in istituzioni politiche e sociali.
Le due versioni della Fenomenologia
Questa sezione della Fenomenologia dello spirito è stata eliminata nella sintesi dell’opera inclusa nell’Enciclopedia. Difatti la maggior parte dei concetti ivi espressi sono stati da Hegel trasferiti nella sezione dello Spirito oggettivo, quindi in una fase più avanzata del sistema. Questa sezione si trova in genere appena sintetizzata nei manuali e se ne offre, in questa sede, un quadro schematico.
Il mondo antico
La realizzazione dell’unità delle autocoscienze in una realtà oggettiva si ebbe, in forma più compiuta, nell’esperienza della poleis greca; in questa era presenta tuttavia un elemento di particolarità che porterà alla disgregazione dell’intero mondo antico.
Il mondo feudale e il suo superamento
Sintetizzando la ricostruzione storica proposta da Hegel, egli identifica il mondo feudale come contrasto fra il potere dello Stato, rappresentato dalla coscienza nobile, e la ricchezza, propria della coscienza inferiore; quest’ultima è obbligata al potere costituito, ma è in rivolta. Analogamente alla dialettica servo-padrone, è dalla coscienza inferiore che dipende il potere dello Stato. Il rovesciamento dialettico che ne segue segna la nascita dello Stato moderno.
L’illuminismo
L’illuminismo è l’espressione culturale della critica alla società feudale e impone la libertà assoluta dell’individuo, non più condizionata dall’appartenenza dinastica. L’intenzione di affermare l’assoluta libertà del singolo porta alla ricerca di quella volontà generale (Rousseau) che dovrebbe garantire i diritti di ciascuno. Questo diventa anche il programma dei giacobini.
La Rivoluzione francese e le sue contraddizioni
La vittoria giacobina impedisce però la realizzazione della volontà generale poiché, in realtà, si è avuta solo l’affermazione di una fazione su un’altra; così l’attualizzazione della libertà assoluta è divenuta il contrario di ciò che pretendeva di essere e la democrazia integrale si rovescia in regime totalitario (il Terrore).
La Germania e il romanticismo
Fallito in Francia il tentativo di realizzare l’universalità etica, lo spirito passa in un’altra regione, cioè in Germania, dove la libertà assoluta, invece che essere realizzata praticamente, viene interiorizzata in una concezione morale e religiosa, quella di Kant, Fichte e del romanticismo.
L’autocoscienza religiosa
Il cammino della coscienza non è ancora compiuto e, dopo avere affrontato problematiche morali relative ai temi del male e del peccato, arriva allo stadio conclusivo dell’autocoscienza religiosa, cioè la percezione della religione in se stessa, dove il divino diviene principio di una comunità spirituale. La consapevolezza di tale unità conduce al sapere assoluto.
Il sapere assoluto
Nel sapere assoluto si riassumono tutte le apparenze precedenti: lo spirito diviene ” da sostanza soggetto”, cioè coglie tutte le sue figure come l’insieme del proprio operare, come totalità dei suoi momenti finalmente consapevole di sé. Lo spirito è “un intiero che si sviluppa, che risolve il suo sviluppo e si mantiene semplice in questo movimento”: per questo solo lo spirito è storia, storia sempre orientata verso l’avvenire grazie alla potenza assoluta della negazione.
Conclusioni sulla Fenomenologia dello spirito
Si è così concluso il lungo cammino della Fenomenologia col superamento della fase dell’alienazione della coscienza (cioè della fase in cui la coscienza finita pone la verità come qualcosa che la trascenderebbe, per cui la certezza è sempre al di qua della verità). Il sapere assoluto è l’essere stesso che si rivela nel proprio significato e la riflessione, che nella conoscenza appariva come dualità di soggetto-oggetto, si manifesta ora come interna all’essere. Nella FenomenologiaHegel ha presentato, nello stesso tempo, una scoperta di ciò che noi siamo oggi e un itinerario dell’uomo per superare la relatività delle sue conoscenze.

ESPRESSIONI SIGNIFICATIVE

Spirito – Poleis – Potere politico e coscienza nobile – Ricchezza e coscienza inferiore – Illuminismo – Volontà generale – Giacobini e Terrore – Interiorità dell’universale e romanticismo – Autocoscienza religiosa – Sapere assoluto
DOMANDE

1) Definisci lo spirito.

2) Illustra le differenze fra la Fenomenologia dello Spirito e la sintesi proposta da Hegel nell’Enciclopedia.

3) Riporta le riflessioni di Hegel sulla poleis e il mondo antico.

4) Come interpreta Hegel il passaggio dall’età medievale all’età moderna?

5) Precisa i concetti di coscienza nobile e coscienza inferiore e proponi un paragone con la dialettica servo-padrone.

6) Qual è il valore attribuito da Hegel all’Illuminismo?

7) Illustra il concetto di volontà generale e sottolinea i limiti della sua applicazione.

8) Quale ruolo assegna Hegel al romanticismo?

9) Chiarisci il concetto di sapere assoluto.

10) Riprendi le considerazioni conclusive sulla Fenomenologia dello spirito proposte dal testo.

4. L’ARTICOLAZIONE DEL SISTEMA

LA LOGICA

La logica all’inizio del sistema
La logica è il cominciamento dell’avventura dello Spirito e occupa, conseguentemente, il primo posto nel sistema hegeliano. Lo Spirito dà origine alla pluralità per passare dallo stato d’inconsapevolezza alla conoscenza di Sé e la sua prima manifestazione si ha nei principi della logica. Può sembrare strano che all’inizio della molteplicità non vi sia la materia primordiale ma, invece, una serie di principi astratti; in realtà, la posizione originaria della logica è assolutamente coerente con l’intero impianto hegeliano.
L’idea come autentica realtà
E necessario ricordare come l’Idea sia per Hegel l’autentica realtà e come la sua natura sia essenzialmente pensiero. Questa concezione, tipicamente idealistica, e cioè che il pensiero sia più autentico della materia e la preceda sulla scala dell’essere, può sembrare difficile da condividere, ma è comunque la condizione essenziale su cui si fonda l’intera filosofia hegeliana.
La prima manifestazione dello Spirito
Ora, se quest’idea deve dare origine al mondo per riconoscersi come totalità del mondo stesso, la prima manifestazione sarà in sintonia con la sua natura e, quindi, riguarderà l’ambito del pensiero. La logica, intesa come disciplina che ha per oggetto la razionalità del pensiero, è dunque il primo prodotto dell’attività dello Spirito.
I criteri del divenire
Nel momento in cui dà origine alla molteplicità lo Spirito, attraverso la logica, intende stabilire i criteri razionali in base ai quali la molteplicità stessa dovrà svilupparsi. L’Idea, poiché è una realtà universale che si oggettiva nel reale solo per riconoscersi, deve da sé realizzare il concetto del proprio divenire, ovvero deve dare origine alla razionalità del suo movimento.
Logica e ontologia
La logica in Hegel s’identifica immediatamente con l’ontologia ( = scienza dell’essere) in quanto descrive l’essere nel suo originario costituirsi, i principi in base ai quali l’essere si realizza e modifica nel mondo. I principi della logica non sono dunque astratti e formali, ma sono rappresentazioni dell’essere stesso; quello che Hegel chiarisce in questa prima parte del sistema non è un’introduzione astratta di concetti che vedremo successivamente applicati, ma è la descrizione dell’essere in una sua particolare manifestazione, altrettanto reale quanto la descrizione della natura.
Un consiglio per l’adeguata comprensione
Non si deve mai dimenticare allora, quando si studia la logica, che si hanno di fronte non delle astrazioni, ma concetti considerati da Hegel reali; quest’accorgimento faciliterà di molto la comprensione.
Rifiuto della logica tradizionale
Hegel rifiuta, ovviamente, la concezione della logica quale disciplina puramente formale, propria della tradizione filosofica. Sia Aristotele sia Kant -per citare due personalità particolarmente stimate da Hegel- hanno interpretato la logica come una serie di principi regolativi, puramente astratti, che acquistano valore una volta applicati alla realtà, da essi separata.
L’errore della logica tradizionale
E’ assurdo però, a parere di Hegel, separare l’essere dalle condizioni formali e razionali in cui si manifesta; queste condizioni, proprio perché vincolanti per l’essere, sono l’essere stesso nelle sue fondamentali manifestazioni. Ecco perché la logica è, giustamente, la disciplina che ha per oggetto le manifestazioni originarie dello Spirito.
Tripartizione della logica
La triade dialettica fondamentale in cui è strutturata la logica è costituita dall’essere, dall’essenza e dal concetto. Queste realtà logiche sono a fondamento delle tre dottrine che formano l’intera disciplina
La dottrina dell’essere

L’identità di essere e nulla
Il punto di partenza della logica è il concetto di essere, che è il più indeterminato di tutti i concetti, il più astratto perché non si può identificare con alcunché di specifico. In questa sua indeterminatezza, l’essere finisce per coincidere con il suo opposto dialettico, il nulla. Il nulla è, infatti, come l’essere, un concetto puramente astratto, privo di qualsiasi determinazione.
Il divenire
Dall’unità di essere e nulla si origina il divenire; Hegel si trova d’accordo con i filosofi antichi, che avevano visto nel divenire una unione dei principi dell’essere e del nulla. Il divenire, però, supera l’assoluta astrazione dei principi che lo determinano e rende possibile quel movimento dal quale si concretizzano le forme determinate.
L’essere determinato
Dal divenire si origina l’essere determinato, che è l’esatto opposto della generalità di essere e nulla. L’essere viene determinato dall’azione della qualità, della quantità e della misura. La misura, in particolare, è il prodotto del rapporto dialettico fra qualità e quantità.
La misura
La misura determina infatti la quantità della qualità o, in altre parole, precisa in quali rapporti quantitativi una particolare qualità caratterizza un oggetto.

La dottrina dell’essenza
L’essenza
L’essenza si origina dalla riflessione su di sé da parte dell’essere determinato. Concependosi non più nel suo isolamento, come avveniva nella dottrina dell’essere, ma all’interno di un sistema di relazioni, l’essenza si coglie identica a sé e diversa dalle altre essenze; in altre parole, l’essenza si comprende, da una parte, come il prodotto di relazioni (le diverse caratteristiche che, in proporzioni particolari, concorrono a formarla), dall’altra scopre però che la verità del suo essere sta in un fondamento al di là di queste, che è la sua propria essenza. Come dice Hegel: “la verità dell’essere è l’essenza”.
Dalla percezione di sé al fenomeno
In un primo tempo, dunque, l’essenza percepisce la sua ragion d’essere, le caratteristiche in base alle quali è un essere determinato che si distingue dagli altri esseri determinati. La seconda figura del movimento dell’essenza è il fenomeno, ovvero la natura essenziale come si manifesta all’esterno.
Il compimento dialettico dell’essenza
Per ultimo l’essenza si concepisce come unità di fondamento interno e manifestazione esterna (di essenza e fenomeno) nella realtà effettiva. La dottrina dell’essenza si conclude, così, con il manifestarsi dell’essenza nell’esistenza.

La dottrina del concetto
Il concetto
L’essere diventa concetto in seguito alla riflessione su di sé. Il concetto cui si riferisce Hegel non è però un’astrazione dall’essere, ma è l’essere stesso che si comprende nella sua costituzione fondamentale. L’essere cioè si rende conto di essere il risultato di un particolare processo di sviluppo, in cui l’elemento soggettivo e quello oggettivo vengono a fondersi.
La soggettività
In un primo tempo il concetto si manifesta nell’essere in una dimensione soggettiva: a questo momento corrisponde la logica formale, elaborata dal soggetto e applicata nella sua formalità agli oggetti esterni. In questa sezione Hegel affronta i principali strumenti della logica tradizionale, dal giudizio al sillogismo.
L’oggettività
Al momento soggettivo segue, in conformità ai principi della dialettica, la dimensione oggettiva del concetto, che stabilisce le principali classificazioni della natura: i tre concetti introdotti da Hegel sono quelli di meccanicismo, chimismo e teleologia.

L’idea
Conclude la dottrina del concetto e l’intera logica hegeliana l’idea, ossia l’autocomprendersi dell’essere come totalità, in cui confluiscono le dimensioni del soggettivo e dell’oggettivo. L’essere, attraverso l’idea, si concepisce come l’esito di un processo, di cui costituisce l’unità.
L’idea e la filosofia hegeliana
L’idea rappresenta, come è facile constatare, la filosofia hegeliana nella sua interpretazione generale della realtà: l’essere è un universale che giunge alla consapevolezza di sé stesso grazie a un processo, da lui avviato, al termine del quale può riconoscersi come totalità di tutti i momenti che si sono succeduti.
Funzione della logica
Come si vede lo Spirito, in questa prima fase del suo processo, ha determinato i criteri razionali nei quali dovrà svolgersi la sua evoluzione: a questo punto, può iniziare a costituirsi la realtà materiale.

ESPRESSIONI SIGNIFICATIVE

Logica – Logica e ontologia – Rifiuto della logica formale – Essere – Nulla – Divenire – Essere determinato – Quantità – Qualità – Misura – Essenza – Ragion d’essere – Fenomeno – Realtà effettiva – Concetto – Soggettività – Giudizio – Sillogismo – Oggettività – Meccanismo – Chimismo – Teleologia – Idea –

DOMANDE

1) Spiega i motivi per cui la disciplina della logica è collocata all’inizio del sistema hegeliano.

2) Fornisci una definizione adeguata della logica.

3) Che cosa intende realizzare lo Spirito attraverso la logica?

4) Indica il rapporto concepito da Hegel fra logica e ontologia e, successivamente, motiva il rifiuto della logica tradizionale.

5) Ripercorri i diversi momenti della dottrina dell’essere.

6) Chiarisci la coincidenza di essere e nulla.

7) Da che cosa si origina il divenire?

8) Definisci il concetto di essere determinato anche in relazione alla quantità, qualità e misura.

9) Ripercorri i diversi momenti della dottrina dell’essenza.

10) Definisci l’essenza.

11) Spiega il passaggio dalla comprensione della propria ragion d’essere al fenomeno.

12) Descrivi il risolversi dialettico dell’essenza nella realtà effettiva.

13) Ripercorri i diversi momenti della Dottrina del concetto.

14) Definisci il concetto nella sua dimensione soggettiva e oggettiva.

15) Definisci l’idea e proponi un’adeguata riflessione in merito all’identità con la concezione hegeliana.

 

LA FILOSOFIA DELLA NATURA

Dall’idea alla filosofia della natura
La natura è il frutto di una decadenza dell’idea e di un suo alienarsi nell’esteriorità. L’idea, compresasi come concetto, si moltiplica nella forma dell’essere altro e deve cercare di ricostituirsi in una superiore unità.
Perché la filosofia della natura?
Se l’idea raggiunge la completa comprensione della struttura dell’essere e si identifica con i principi della filosofia hegeliana, per quale motivo non si compiace di questa consapevolezza e decide di perdersi nel molteplice? L’idea, come compimento della logica, è sì una comprensione assoluta della struttura dell’essere ma, per compiersi, deve ancora unificare la molteplicità dei fenomeni. In altre parole, lo Spirito ha compreso come deve essere il proprio sviluppo e, di conseguenza, può dare origine alla molteplicità empirica che ricomprenderà entro di sé.
Necessità dell’alienazione della natura
L’idea è quindi costretta a perdersi nell’esteriorità perché, se non lo facesse, non potrebbe conquistare poi l’unità dello Spirito, quella coscienza universale che sa essere il proprio destino. La molteplicità è una tappa necessaria per realizzare la totalità.
Svalutazione della natura
E’ evidente, dalla lettura di Hegel, come il filosofo abbia in scarsa considerazione il mondo naturale rispetto a quello intellettuale. Non è un caso che la filosofia della natura non sia stata approfondita in nessuna opera specifica e che costituisca solo un necessario momento evolutivo per ben superiori determinazioni dell’essere.
Caratteristiche negative della natura
La natura presenta dei caratteri nettamente inferiori all’idea e allo Spirito: è dispersione, incapacità di dare origine a un principio unitario. Presenta però al suo interno una logica dialettica che ne permette il superamento, in favore della realizzazione dello Spirito.
La logica dialettica della natura
La logica dialettica della natura, quindi, non tende a perfezionarla, bensì a superarla; si propone di riunificare quanto disperso nei diversi fenomeni empirici. Ma questa unità sarà possibile solo attraverso lo spirito, che si rivelerà in quanto tale nel distacco dalla natura.
Tripartizione della filosofia della natura
Le tre sezioni in cui si suddivide la filosofia della natura sono la meccanica, la fisica e l’organica.
La meccanica
La meccanica considera la natura nelle sue determinazioni esteriori: studia lo spazio e il tempo, in quanto fondamenti dell’esteriorità naturale, la materia e il movimento.
La fisica
Questa disciplina, nelle tre determinazioni dialettiche dell’individualità universale (riduce a unità gli elementi dispersi della materia), dell’individualità particolare (studia la luce, il calore) e dell’individualità totale (il magnetismo, l’elettricità, la chimica), si occupa della materia, dal fenomeno della gravità alle soglie della vita.
L’organica
La triade dialettica in cui si suddivide l’organica è composta dalla scienze geologiche, dalla natura vegetale e dalla natura animale. In questa progressione si precisa il concetto di energia, come vitalità nei vegetali e sensibilità, irritabilità e riproduzione negli animali.
Passaggio allo Spirito
La natura ha compiuto così il suo percorso finalistico verso la formazione della vita. A questo punto, dall’energia vitale naturale, si realizzerà quella consapevolezza che darà origine allo spirito, destinato a superare la dimensione naturale e a dare origine all’assoluta universalità.

ESPRESSIONI SIGNIFICATIVE

Alienarsi dell’idea nella natura – Logica dialettica della natura – Meccanica – Fisica – Organica – Natura minerale – Natura vegetale – Natura animale

DOMANDE

1) Per quale motivo l’idea avverte l’esigenza di alienarsi nella natura?

2) Precisa i motivi in base ai quali appare evidente la svalutazione della natura nella filosofia di Hegel.

3) Quali sono le caratteristiche negative attribuite da Hegel ala natura?

4) Individua l’oggetto della meccanica.

5) Individua l’oggetto della fisica.

6) Descrivi l’organica nei suoi tre momenti dialettici.

7) Spiega il passaggio dalla natura allo spirito.

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO

Lo Spirito
Lo Spirito è il terzo e conclusivo momento del sistema hegeliano, che ha il compito di ricondurre l’esteriorità della natura all’interiorità della coscienza, attraverso il sapere. Nello Spirito si realizza un’autentica universalità, in quanto ciò che era disperso nella molteplicità è ricondotto, attraverso la conoscenza, ad unità.
Il passaggio dalla natura allo Spirito
Il passaggio dalla natura allo Spirito si realizza nel momento in cui la natura, nel suo sviluppo dialettico, dà origine all’energia vitale. Quando questa energia inizia ad acquistare consapevolezza di sé , allora si ha il superamento della molteplicità fenomenica della natura e la nascita di un centro spirituale e conoscitivo, in grado di ricomprendere in sé tutto il reale.
Tripartizione della filosofia dello spirito
La filosofia dello Spirito è tripartita in tre sezioni, corrispondenti a un’evoluzione dialettica: lo spirito soggettivo, lo spirito oggettivo e lo spirito assoluto.

 

Lo spirito soggettivo
Che cos’è lo spirito soggettivo
Lo spirito soggettivo è la prima manifestazione dello spirito: è una realtà ancora individuale che emerge gradualmente dall’energia naturale, sviluppando le fondamentali qualità psicologiche.
Lo spirito soggettivo nella filosofia hegeliana
La sezione dello Spirito soggettivo comprende la Fenomenologia dello spirito, la cui importanza all’interno del sistema di Hegel si è già evidenziata. Tuttavia è una delle parti meno fortunate dell’intera produzione hegeliana; le osservazioni contenute nell’Antropologia e nella Psicologia hanno un carattere superficiale, rispetto alle altre analisi hegeliane; la Fenomenologia, del resto, vi compare in una versione molto ridotta.
L’antropologia
L’antropologia descrive la nascita nello Spirito delle facoltà psicologiche fondamentale: dalle prime forme di percezione sensibile alla coscienza della propria identità; protagonista di quest’evoluzione è l’anima, che attraversa, dialetticamente, tre fasi: anima naturale, anima senziente e anima reale.
L’evoluzione dialettica dell’anima
La prima identifica se stessa con la sensazione, la seconda pone la distinzione, attraverso la sensazione, fra sé e gli oggetti esterni; la terza, infine, sviluppando il senso d’’identità grazie all’esperienza di interno e esterno, raggiunge lo stadio di coscienza.
La Fenomenologia
Come già ricordato, la Fenomenologia compare notevolmente ridotta nel sistema e descrive, esclusivamente, il passaggio dalla coscienza alla ragione.
La psicologia
Una volta divenuto ragione, lo Spirito può finalmente esplicare la sua natura nei tre momenti che costituiscono il contenuto della psicologia: spirito teoretico, spirito pratico e spirito libero.
Spirito teoretico
Lo spirito teoretico è la parte in cui Hegel esamina tutti gli aspetti qualificanti della conoscenza umana: l’intuizione, la rappresentazione, la capacità di significare attraverso simboli, la natura della comunicazione linguistica, la memoria e il pensiero.
Spirito pratico
Lo spirito pratico rappresenta il momento in cui l’intelligenza si distacca dal suo contenuto e diventa libera: in queste pagine Hegel tratta i concetti di impulso, passione, scelta e felicità. Intende cioè analizzare la capacità dello spirito di rendersi libero da tutte le determinazioni oggettive che lo circondano.
Spirito libero
Lo Spirito libero è il momento in cui lo spirito avverte la possibilità di oggettivare la sua volontà o, per usare le parole di Hegel, di “svolgere l’idea e porne il contenuto nell’esistenza”. Lo spirito cioè, realizzata l’idea universale, intende concretizzarla nell’esistenza reale. E’ dunque maturo per il passaggio allo spirito oggettivo.

Lo spirito oggettivo
Che cos’è lo spirito oggettivo
Si è già in parte accennato allo spirito oggettivo durante l’esposizione della Fenomenologia; si è detto come l’ultima sezione, quella dello spirito, fosse stata, successivamente, inserita da Hegel nell’ambito dello spirito oggettivo. Lo Spirito, conscio ormai della sua libertà di agire e di poter realizzare l’idea nell’esistenza, dà luogo a oggettivazioni della propria volontà.
I principi fondamentali dello spirito oggettivo
Le figure proprie dello spirito oggettivo, da Hegel identificate con strutture sociale o istituzioni politiche, regolano la convivenza fra le diverse autocoscienze: sono oggettivazioni della volontà universale poiché rappresentano l’interesse dello spirito in quante tale, realizzano un benessere collettivo e, rifiutando qualsiasi prospettiva egoistica, rifiutano la dimensione dell’individualità.
Tripartizione dello spirito oggettivo
I tre momenti costitutivi dello spirito oggettivo sono: il diritto astratto, la moralità e l’eticità.
Il diritto astratto
Il diritto astratto è la prima forma in cui lo Spirito cerca di oggettivare all’esterno i propri principi: il soggetto avverte l’esigenza che la sua volontà libera sia rappresentata in una dimensione oggettiva, riconosciuta dalle altre autocoscienze.
La proprietà
La proprietà è la prima figura dialettica del diritto astratto. L’individuo oggettiva la propria volontà, cioè il proprio lavoro, nel possesso di un oggetto esterno. La proprietà però, per essere tale, deve venire riconosciuta dalle altre autocoscienze e per questo è necessario un contratto.
Il contratto
Il contratto è un principio giuridico che sancisce il riconoscimento reciproco fra le autocoscienze e rende possibile, di conseguenza, la proprietà. La contraddizione dialettica del contratto è implicita nel suo carattere formale, in quanto un individuo può non riconoscerlo. Siamo in presenza dell’ultima figura del diritto astratto, il crimine.
Il crimine
Il crimine, nelle forme più varie di semplice torto o di delitto, è una colpa, in quanto comporta il non rispetto di quanto precedentemente riconosciuto attraverso il contratto. Per essere dialetticamente superato, richiede una pena, adeguata al crimine commesso.
Funzione della pena
La pena, dal punto di vista hegeliano, deve necessariamente corrispondere all’entità del crimine, poiché in questo modo realizza il suo scopo: la reintegrazione nella volontà universale di colui che ne è colpevolmente uscito. La pena è dunque un bene oggettivo per il reo e, di conseguenza, Hegel contesta, un atteggiamento umanitario nei confronti della pena, che nasce dall’ignoranza riguardo la sua funzione dialettica.
Il passaggio alla moralità
Occorre, ovviamente, che il colpevole sia assolutamente consapevole dell’errore compiuto e, di conseguenza, accetti, per il suo bene, la pena. Questa interiorizzazione della colpa, la consapevolezza di un codice morale che si è contravvenuto, segna il passaggio alla moralità.
La moralità
La moralità si identifica con la convinzione interiore che guida l’azione dell’individuo. Si divide in tre momenti: il proponimento, dove il soggetto si sforza di realizzare solo ciò che è coerente con le proprie valutazioni morali; l’intenzione, che dà origine all’azione finalizzata al benessere e, infine, il bene in sé, contrapposto al male, che è l’esito della propria azione.
Insufficienza della morale
La morale però, dal punto di vista hegeliano, è un’esperienza ancora insufficiente, in quanto incapace di realizzare la verità dell’idea. Noi sappiamo che lo Spirito deve giungere all’autocomprensione di sé, ovvero della propria totalità. La moralità non può favorire questo fine, in quanto ancora prigioniera di un punto di vista totalmente individuale; il soggetto, in effetti, agisce secondo propri principi, che potrebbero però non essere giusti.

Il passaggio all’eticità
E’ necessario. allora, che i principi morali personali si universalizzino in realtà sopraindividuali, vincolanti per ogni soggetto. Questo vincolo non va inteso in senso coercitivo, in quanto l’individuo vi scorge la realizzazione della propria tensione all’universale.
Contrapposizione a Kant
Hegel presenta allora una posizione opposta a quella kantiana: Kant, infatti, considera il consenso individuale alla legge il momento più alto della condizione morale dell’individuo; la morale, secondo Kant, deve in primo luogo essere avvertita interiormente ed è secondaria la sua corrispondenza con le istituzioni. Se le istituzioni non corrispondessero ai principi morali, l’individuo dovrebbe rimanere coerente prima di tutto a se stesso.
La posizione di Hegel
Per Hegel, invece, la dimensione oggettiva dell’eticità è di molto superiore, in quanto in essa i principi morali individuali si sono realizzati in una forma universale; l’individuo vi si adegua non perché costretto, ma perché riconosce in essi i propri valori fondamentali e comprende come tali oggettivazioni siano la sua stessa natura morale in una dimensione universale.
Tripartizione dell’eticità
L’eticità, la sezione più importante dello spirito oggettivo, è a sua volta ripartita in tre momenti: la famiglia, la società civile e lo Stato.
Caratteri comuni dell’eticità
Le figure dell’eticità sono forme di convivenza intersoggettiva che permettono la risoluzione dei conflitti individuali, in quanto rappresentano l’oggettivazione dell’universalità presente in ogni realtà individuale.
La famiglia e i figli
La prima realizzazione dell’eticità è la famiglia che rappresenta una prima forma in un cui è regolato il rapporto fra i sessi; scopo della famiglia è l’educazione dei figli, i quali rappresentano anche il superamento dialettico di questa figura dello spirito. I figli infatti, sono destinati a uscire dal nucleo famigliare, negandolo, per fondarne uno proprio.
La società civile
Le diverse famiglie costituiscono la società civile, dove tutti gli interessi particolari dei singoli nuclei famigliari si contrappongono; tali conflitti si risolvono dialetticamente attraverso la struttura economica della società e l’istituzione giuridica, che permettono ai diversi bisogni di armonizzarsi.
L’analisi storica di Hegel
La descrizione che Hegel offre della società civile è indicativa della grande capacità del filosofo di interpretare lo spirito del proprio tempo, caratterizzato dall’affermazione dell’industrialismo e dall’ascesa della classe borghese-capitalistica.
Confronto con Fichte
Fichte ha proposto un modello di società coerente alla propria concezione idealistica ma, nello stesso tempo, lontano dalle condizioni reali, per cui le soluzioni politiche da lui prospettate appaiono irrealistiche e poco aderenti alla situazione storica concreta; Hegel invece dimostra di avere esaminato con attenzione la struttura sociale a lui contemporanea e di averla compresa nelle sue fondamentali caratteristiche. Non a caso il concetto hegeliano di società civile è considerato una delle più importanti conquiste della filosofia politica.
Il sistema dei bisogni
Il sistema dei bisogni è la prima figura della società civile e rappresenta quell’ambito dell’esperienza umana oggetto dell’economia politica. Ivi Hegel propone una divisione delle classi sociali, originatasi dalla divisione del lavoro, realizzata dagli uomini per meglio soddisfare i propri bisogni.
Le classi sociali
La classe sostanziale è quella degli agricoltori e ha la responsabilità di produrre i prodotti indispensabili per la stessa esistenza umana; la classe dell’industria, composta dagli artigiani e dai commercianti, ha la responsabilità di modificare e distribuire il prodotto naturale; la classe detta universale, invece, è costituita da funzionari pubblici e deve garantire la realizzazione dell’interesse generale della società.
L’amministrazione della giustizia
Le leggi e la loro applicazione consentono un’ulteriore considerazione dell’individuo secondo criteri universali; la legge, infatti, si riferisce sì al singolo soggetto, ma lo considera come una persona universale. Si deve all’amministrazione della giustizia la possibilità per la classe universale di adempiere il proprio dovere.
La polizia
La polizia è l’ultimo concetto esaminato da Hegel in merito alla società civile.; il suo compito è quello di garantire la sicurezza della società e, in questo modo, dà origine a un’identità fra la volontà del singolo di sicurezza e la natura dell’istituzione di cui l’individuo fa parte.
Il passaggio allo Stato
A questo punto, si può realizzare il passaggio dalla società civile allo Stato, in cui si ha la perfetta coincidenza fra soggettività dell’individuo e oggettività dell’istituzione.
Importanza della società civile
La considerazione separata della società civile dallo Stato ci può sembrare scontata, ma rappresenta invece uno degli aspetti più innovativi dell’intera analisi politica di Hegel. Lo Stato, quale figura dello spirito, deve realizzarsi a partire dalla società civile e, dunque, la deve rappresentare pienamente. Per quale motivo questo concetto è considerato così importante?
Legittimità dello Stato
Perché, in questo modo, Hegel può legittimare l’esistenza dello Stato in base a condizioni di giustizia; potrà essere considerato Stato solo quello che è diretta espressione della società civile. Di conseguenza, nessuna realtà dispotica che non tenga conto e non rifletta la società cui si relaziona, può essere ritenuto, con giustizia, uno Stato.
La distinzione hegeliana nella cultura politica contemporanea
Ancora oggi, quando le istituzioni attraversano un periodo critico, o più generalmente nel dibattito politico, si fa riferimento al rapporto fra società civile e Stato per determinare la legittimità di quest’ultimo.
Lo Stato
Lo Stato rappresenta l’oggettivazione assoluta della volontà morale dell’individuo; è la stessa verità etica fattasi istituzione. E’ il principio unificatore della società civile, l’estrema garanzia per realizzare, a partire dai singoli bisogni individuali, il bene collettivo.
Il carattere etico dello Stato
Lo Stato, poiché rappresenta l’ideale etico oggettivato, s’identifica con l’assoluta giustizia e, di conseguenza, non può essere messo in discussione; è il prodotto dell’evoluzione dello spirito, il quale dà origine allo Stato solamente quando la sua coscienza morale ha raggiunto uno stadio di assoluta consapevolezza.
Nessuna legittimazione dal basso
Poiché lo Stato è un naturale prodotto dello Spirito e garantisce la totale oggettivazione della moralità, non occorre che venga legittimato dal basso, col voto cioè dei cittadini. Lo Stato rappresenta uno stadio dell’universale che realizza se stesso ed è, di conseguenza assolutamente necessario; impone dunque da sé la propria esistenza.

IL DIBATTITO STORIOGRAFICO: HEGEL TEORICO DELLA DEMOCRAZIA O DEL TOTALITARISMO?
Lo Stato hegeliano e la democrazia
Il fatto che lo Stato determini da sé la propria forma ed esistenza è una concezione coerente con l’impostazione idealistica di Hegel ma, nello stesso tempo, contraddice il principio della democrazia, il più distintivo, forse, del pensiero politico moderno. A questo proposito, i giudizi su Hegel fra gli studiosi si sono divisi, fra chi lo giudica un teorico del totalitarismo e chi, invece, individua nello Stato hegeliano la rappresentazione di una compiuta democrazia.
Le opposte interpretazioni
Come è possibile che un pensiero dia luogo a interpretazioni così contrapposte? Senza prendere posizione, ci si limita a indicare le ragioni degli uni e degli altri, in maniera da consentire di padroneggiare il dibattito storiografico.
Hegel teorico dello Stato totalitario
Il principale critico della concezione hegeliana dello Stato è Karl Popper che nella sua opera La società aperta e i suoi nemici ne precisa i caratteri totalitari. Sostanzialmente è la natura transindividuale dello Stato, il suo proclamarsi per essenza superiore alla dimensione dell’individualità a renderlo un’istituzione coercitiva. Lo Stato diventa infatti un portatore di verità che non può essere discussa e che s’impone per la sua assolutezza ai cittadini.
I funzionari
Questa volontà assoluta dello Stato viene poi esercitata da una classe di funzionari che, facendosi interprete dei principi etici che lo Stato rappresenta, li impone al resto della popolazione. E’ evidente il rischio che questa classe approfitti della propria posizione privilegiata per spacciare, per verità universale, i propri interessi particolari.
Il primato del collettivo
Il carattere totalitario si identifica dunque con questa priorità attribuita ai valori universali che, realizzata nella concreta fattualità storica, si trasforma in oppressione.
Il nazismo e lo stalinismo
Le esperienze di totalitarismo più eclatanti del nostro secolo, il nazismo e lo stalinismo, sarebbero una realizzazione dello Stato hegeliano, in quanto in essi s’imporrebbe come verità un valore universale e indiscutibile (la razza o il partito), che, rappresentata da una determinata classe sociale o di burocrati, realizzerebbe una forma assoluta di oppressione.
Le responsabilità di Hegel
E’ chiaro che per Popper le responsabilità di Hegel sono puramente teoriche, in quanto non era certo il modello politico hitleriano o stalinista che il filosofo aveva in mente; ma l’insegnamento, trasmesso da tali esperienze è quello di non sacrificare mai la dimensione politica a presunti valori universali, che non saranno in grado di esaurire le esigenze individuali, diventando inevitabilmente oppressivi per alcuni.
Hegel teorico della democrazia
Coloro che individuano in Hegel una concezione democratica sostengono che nello Stato hegeliano si realizza unicamente un’oggettivazione etica che, per sua stessa natura, deve garantire la libertà di tutti. Il principio sovraindividuale indiscutibile dello Stato va identificato, allora, con quelle caratteristiche fondamentali senza le quali lo Stato, piuttosto che difendere il benessere di tutti, diventerebbe dispotico.
L’universalità del diritto
Ciò che garantisce la libertà di tutti nello Stato è l’estensione universale del diritto che fa di ogni cittadino -come abbiamo visto- una “persona universale”. Chiunque, anche un teorico liberale, sarebbe d’accordo che il carattere egualitario del diritto non può essere discusso, pena la delegittimazione dello Stato. Per cui, l’universale in cui lo Stato hegeliano s’identifica è la realtà dello stato diritto, un principio giuridico-formale che garantisce l’eguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini.
Lo Stato hegeliano non è totalitario
Non è corretto, dunque, identificare il modello hegeliano dello Stato con quello realizzato dai regimi totalitari nel nostro secolo; in essi, infatti, è implicito un principio di diseguaglianza nel diritto, fondato sulla razza o sulla fedeltà o meno al partito. La classe dei funzionari, che potrebbe secondo Popper prendere il potere è, dal punto di vista giuridico, equiparata alle altre classi e sottomessa anch’essa all’autorità dello Stato. Nei regimi totalitari, la classe dominante si sottrae invece al diritto o ne propone una variante consona alle proprie esigenze di dominio.
Il diritto interno
Il diritto interno è la prima figura dialettica dello Stato e ha per oggetto le differenti forme di costituzione e di governo. Ovviamente Hegel non considera queste su un piano di parità, con una possibilità di scelta da parte dei cittadini, ma ritiene che lo Spirito, nel corso del suo sviluppo realizzi la costituzione migliore.
La monarchia costituzionale
Questa è identificata da Hegel con la monarchia costituzionale, divisa nei tre poteri del Principe, governativo e legislativo. Quest’ultimo deve concepire le leggi universali, capaci di garantire il benessere collettivo; il potere governativo, il più importante, deve garantire che tutte le realtà particolari siano comprese nei principi universali; il Principe, infine, deve rappresentare nella sua persona la sintesi di individualità e universalità, propria dello Stato.
Stato e individuo
Lo Stato garantisce sì il benessere dei suoi cittadini, ma persegue, prima di tutto, la propria realizzazione universale. Di conseguenza non è tanto lo Stato ad occuparsi dei suoi cittadini, quanto questi ultimi che devono fare di tutto per garantire la sopravvivenza dello Stato. Il diritto dello Stato di imporre il sacrificio della guerra si spiega proprio in base a questa sua superiorità rispetto alla dimensione individuale.
Il diritto esterno
Il diritto esterno rappresenta, dal punto di vista dialettico, il momento negativo dello Stato. Gli Stati rappresentano delle universalità che non possono ulteriormente fondersi, per cui lo sbocco inevitabile dei loro conflitti e la guerra. L’universalità dello Stato viene negata allora dialetticamente dall’esistenza di un altro Stato. Qual è allora, la successiva figura dialettica, in grado di universalizzare questo conflitto?
La storia
La storia, intesa come l’insieme di tutti gli eventi, risolve in sé i differenti confitti fra Stati. La storia è concepita da Hegel, ovviamente, secondo uno schema teleologico e quindi realizza, sul piano degli eventi, la volontà dello Spirito; in essa trovano un senso unitario tutti i conflitti che caratterizzano l’esistenza delle nazioni.
Scopo e mezzi della storia
La storia intende realizzare la libertà dello spirito e manifestarlo negli eventi. Lo spirito si manifesta nella cultura dei diversi popoli che, tutti insieme, danno origine allo Spirito del mondo. Per ottenere il suo scopo, la storia si serve delle volontà dei singoli uomini i quali, determinando il corso degli eventi, realizzano l’universalità dello Spirito.
L’astuzia della ragione
Hegel introduce a proposito il famoso concetto di astuzia della ragione: le singole personalità protagoniste della storia credono di agire in base a motivazioni individuali, ma in realtà sono un semplice strumento di cui la Ragione si serve per affermare se stessa. L’astuzia della ragione consiste proprio in questo: nella capacità di utilizzare singoli avvenimenti per raggiungere il suo scopo.
I quattro momenti della storia
La storia si divide, per Hegel, in quattro momenti fondamentali: il regno orientale; il regno della libertà; il regno romano; il regno germanico. Sintetizziamone le caratteristiche:
Il regno orientale
E’ caratterizzato da una forma patriarcale e da una assoluta sottomissione alla volontà di Dio, con cui si identifica, spesso, lo stesso regnante (Egitto). E’ una prima forma di vita associata che evita il puro arbitrio individuale.
Il regno della libertà
Il regno della libertà corrisponde alla civiltà greca, di cui abbiamo già sintetizzato il giudizio hegeliano [cfr. p.19]. E’ caratterizzato da un’unità spontanea fra libertà individuale e adesione a un ideale comunitario.
Il regno romano
Durante questo regno l’uomo si applica duramente per imporre al mondo la propria volontà; la cultura della romanità, con il suo principio di conquista, simboleggia il desiderio dell’uomo di rendersi universale e l’attività umana finalizzata alla realizzazione dello Spirito.
Il regno germanico
Costituitosi col cristianesimo, è quello in cui si realizza la volontà della storia; in particolare attraverso la Riforma protestante, il mondo germanico ha risolto il conflitto fra potere temporale e potere spirituale affermando la presenza di Dio nella storia.
Il passaggio allo Spirito assoluto
Attraverso la storia l’uomo si trova di fronte a una realtà universale e spirituale da lui stesso creata. Diventa cosciente, dunque, della propria natura universale e di poter realizzare in sé l’assoluta totalità. Si pongono così le basi per l’ultimo passaggio, quello in cui si realizza la piena consapevolezza; l’uomo può comprendere la propria natura universale non solo all’esterno, nelle istituzioni frutto della sua attività, ma nella sua stessa natura spirituale. E’ il momento in cui soggettivo e oggettivo si identificano nell’assolutezza dello Spirito.

ESPRESSIONI SIGNIFICATIVE

Filosofia dello Spirito – Spirito soggettivo – Antropologia – Anima naturale – Anima senziente – Anima reale – Fenomenologia – Psicologia – Spirito teoretico – Spirito pratico – Spirito libero – Spirito oggettivo – Diritto astratto – Proprietà – Contratto – Crimine – Pena – Moralità – Proponimento – Intenzione – Bene e male – Eticità – Famiglia – Società civile – Sistema dei bisogni – Classe sostanziale – Classe dell’industria – Classe universale – Amministrazione della giustizia – Polizia – Stato – Diritto interno – Monarchia costituzionale – Potere legislativo – Potere governativo – Principe – Diritto esterno – Guerra – Storia – Spirito del mondo – Astuzia della ragione – Regno orientale – Regno della libertà – Regno romano – Regno germanico
DOMANDE
1) Definisci lo Spirito.

2) Come giustifica Hegel il passaggio dalla Natura allo Spirito?

3) Definisci lo Spirito soggettivo.

4) Quale importanza possiede questa sezione nel complesso del sistema hegeliano?

5) Individua l’oggetto dell’antropologia.

6) Descrivi le caratteristiche dei tre particolari tipi di anima considerati da Hegel nell’antropologia.

7) Quali caratteristiche possiede la Fenomenologia nello Spirito soggettivo?

8) Di che cosa si occupa la Psicologia?

9) Descrivi le caratteristiche dello spirito teoretico…

10) dello spirito pratico…

11) e dello spirito libero.

12) Illustra il passaggio dallo spirito soggettivo allo spirito oggettivo.

13) Definisci lo Spirito oggettivo.

14) Precisa le finalità delle oggettivazioni dello Spirito.

15) Descrivi il diritto astratto nei suoi tre momenti dialettici.

16) Quale relazione dialettica esiste fra la proprietà e il contratto?

17) Chiarisci la concezione hegeliana della pena.

18) Spiega il passaggio dal diritto astratto alla moralità.

19) Per quale motivo, secondo Hegel, la morale è una realizzazione dello Spirito ancora inadeguata?

20) Motiva le differenti posizioni di Kant e di Hegel in merito ai rapporti fra moralità ed eticità.

21) Quali sono le caratteristiche comuni a tutte le figure dell’eticità?

22) Soffermati sulla famiglia e sul suo superamento dialettico.

23) Definisci la società civile.

24) Quali capacità di comprensione del proprio tempo dimostrano le analisi di Hegel?

25) Proponi un confronto fra l’immagine della società del proprio tempo proposta, rispettivamente, da Fichte e da Hegel.

26) Che cosa intende Hegel per sistema dei bisogni?

27) Riprendi le tra classi sociali considerate da Hegel.

28) Qual è l’importanza, per la società civile, dell’amministrazione della giustizia?

29) Spiega la funzione della polizia e chiarisci perché, con la sua istituzione, si prepara il passaggio dalla società civile allo Stato.

30) Qual è l’importanza storica del concetto hegeliano di società civile?

31) Quale utilità riveste tale concetto nella cultura politica contemporanea?

32) Definisci lo Stato e spiega perché, in esso, si realizza compiutamente l’eticità.

33) Per quale motivo lo Stato hegeliano non prevede una legittimazione dal basso?

34) Riassumi il dibattito filosofico in merito alla concezione politica di Hegel.

35) Attraverso quali motivazioni si giustifica, secondo Popper, il carattere totalitario dello Stato hegeliano?

36) Quale ruolo potrebbero avere i funzionari?

37) Per quale motivo nelle esperienze totalitarie di questo secolo si può individuare un modello di stato simile a quello hegeliano?

38) Riprendi le argomentazioni di coloro che individuano nello Stato hegeliano l’affermazione di principi democratici.

39) Quali caratteristiche dello Stato Hegel considererebbe indiscutibili?

40) Quale valore possiede il diritto nello Stato?

41) Definisci il diritto interno.

42) Perché la monarchia costituzionale rappresenta la forma migliore di governo?

43) In quanti poteri si suddivide?

44) Come concepisce Hegel il rapporto fra lo Stato e il singolo individuo?

45) Qual è l’oggetto del diritto esterno?

46) Perché un conflitto fra Stati implica necessariamente la guerra?

47) Come viene dialetticamente risolto il conflitto fra Stati?

48) Riprendi la concezione hegeliana della storia.

49) Che cos’ è lo Spirito del mondo?

50) Illustra il concetto di astuzia della ragione.

51) Indica i quattro regni caratteristici del divenire storico e precisa le caratteristiche di ognuno di essi.

52) Spiega il passaggio dalla storia allo Spirito assoluto.

LO SPIRITO ASSOLUTO
Caratteristiche dello Spirito assoluto
Lo Spirito assoluto è il momento di massima consapevolezza dello Spirito che comprende, infine, di essere la totalità e, contemporaneamente, che questa totalità è pura idea.Non si tratta più quindi di un’universalità realizzata nel mondo esterno, attraverso istituzioni sovraindividuali ma, invece, di un senso di unita fra sé e il mondo esterno compresa direttamente dal soggetto.
I momenti dello Spirito assoluto
L’acquisizione di questa consapevolezza è il prodotto di una riflessione dello Spirito su di sé, che si realizza in tre esperienze fondamentali: l’arte, in cui la percezione dell’unità avviene nella sfera della soggettività, la religione, dove l’unità è rappresentata in una dimensione oggettiva e, infine, la filosofia, dove la comprensione dell’universalità, sintetizzando soggettivo e oggettivo, è assoluta.
L’arte
Nell’esperienza estetica lo spirito soggettivo e la natura oggettiva vengono percepiti come tutt’uno; il limite di questa esperienza, che non le consente di rappresentare l’esito di tutto lo sviluppo dello Spirito, è che tale percezione dell’unità si realizza ancora unicamente nel soggetto.
Rapporto con la concezione dell’arte di Schelling
L’interpretazione hegeliana dell’arte, come rivelativa dell’identità di spirito e natura, è pressoché identica a quella schellinghiana: l’esperienza estetica consente di cogliere nella natura quell’energia spirituale che avvertiamo costituire il nostro stesso essere.
La differenza rispetto a Schelling
Solamente che, per Hegel, tale coscienza dell’identità fra soggettivo e oggettivo è ancora inadeguata, in quanto coinvolge solo l’esperienza del singolo individuo e non è in grado di abbracciare tutto il reale. Per Schelling, invece, questa esperienza è definitiva poiché, in essa, si annullano tutte le determinazioni empiriche e ci si immerge nell’universalità dell’essere.
La tripartizione dell’arte
Le tre espressioni dell’arte significative per l’evoluzione dello spirito sono: l’arte simbolica, l’arte classica e l’arte romantica.
L’arte simbolica
L’arte simbolica, propria delle civiltà antiche, è caratterizzata da uno squilibrio fra contenuto e forma, in quanto dà origine a opere di dimensioni assolutamente sproporzionate rispetto a quelle umane. Tale monumentalità ha valore simbolico, in quanto esprime un contenuto spirituale che non si è ancora capaci di realizzare in forme più adeguate.
L’arte classica
L’arte classica, quella della civiltà greca amata dai teorici del neoclassicismo, realizza invece un equilibrio fra il contenuto e la forma, in quanto riesce a esprimere un messaggio spirituale attraverso forme sensibili; in particolare è la figura umana, realizzata secondo criteri di proporzione ideali, a manifestare al più alto grado la spiritualità.
L’arte romantica
Nell’arte romantica si verifica un nuovo squilibrio fra contenuto e forma; ma, al contrario di quanto accadeva nell’arte antica, non vi è incapacità espressiva, bensì consapevolezza dell’incapacità di ogni forma sensibile a esprimere l’interiorità spirituale.
Contrasto fra l’infinità dello spirito e la finitezza dell’arte
Lo spirito umano si rivela infatti alla cultura romantica come infinito ed è quindi incapace di realizzarsi compiutamente in una forma sensibile; ecco allora che l’arte, romantica, nel tentativo di esprimere questa tensione verso l’infinito, vorrebbe negare la sensibilità, di cui pure è costretta a servirsi per comunicare e privilegia perciò l’eccesso di contenuto, la rottura della forma a favore di un forte coinvolgimento emotivo.
La morte dell’arte
L’espressione artistica entra così in una crisi definitiva; Hegel parla esplicitamente di “morte dell’arte”, cioè l’incapacità dell’arte di rappresentare la nuova consapevolezza dell’universale.
Il dibattito storiografico
La teoria hegeliana della “morte dell’arte” ha dato luogo a una vivace discussione fra gli interpreti: alcuni, attribuendo all’affermazione caratteri di tipo cronologico, hanno affermato che Hegel, con il romanticismo, ritenesse esaurito il compito dell’arte e ne avesse sancito l’inutilità nell’ambito delle esperienze umane.
Inadeguatezza dell’arte
Per la maggioranza degli interpreti, invece, Hegel non intende, d’ora in poi, abolire l’attività artistica e l’esperienza estetica, ma sottolineare soltanto come questa, nelle sue differenti forme, sarà sempre un modo inadeguato di esprimere l’universale e che il soggetto, per realizzare pienamente se stesso, dovrà integrarla con altre forme di conoscenza.
La religione
Nell’esperienza religiosa l’universale, identificato con Dio, si manifesta come esterno al soggetto, come una realtà oggettiva cui rapportarsi. Dall’intuizione soggettiva dell’universale propria dell’esperienza estetica, si passa alla sua rappresentazione oggettiva nell’immagine della divinità.
La tripartizione della religione
Hegel presenta, nella sezione dedicata alla religione, una significativa tripartizione: il culto, la religione determinata e la religione rivelata.
La devozione e il culto esteriore
Le tre significative fasi del culto sono: la devozione, il culto esteriore e il sacrificio di se stesso.

La devozione è il monento in cui la fede, attraverso la preghiera, entra in comunicazione con il divino; nel culto esteriore il credente compie i sacrifici e rinuncia ai propri beni in favore della divinità.

Il sacrificio di se stesso
In questo terzo momento la pratica religiosa non si limita all’alienazione dei propri beni ma alla rinuncia di se stessi, attraverso una purificazione dei propri sentimenti: è un momento importante, poiché, in questo modo, la pratica religiosa si identifica con l’eticità che comportava la rinuncia a ogni finalità egoistica, E’ proprio l’identificazione fra religione ed eticita a rendere maturo il passaggio alla religione determinata.
Tripartizione della religione determinata
La religione determinata si divide in: religione naturale, religione della bellezza e religione della finalità.
La religione naturale
La religione naturale è praticata dalla coscienza nelle fasi iniziali del suo sviluppo, quando identifica il divino ancora con le forze naturali. In realtà l’individuo vorrebbe elevarsi al di sopra della natura, ma lo fa ancora in modo confuso e contraddittorio.
La religione della bellezza
Attraverso la religione della bellezza la spiritualità riesce a elevarsi dall’ambito naturale: in Grecia, dove l’espressione sensibile [cfr. arte] è diventata espressione della spiritualità; nella cultura ebraica, dove il sensibile è totalmente dominato dallo spirituale.
Contraddizioni dialettica
La religione greca e quella ebraica sono ancora inadeguate nella rappresentazione dell’universale: i greci, infatti, non riescono a superare compiutamente la dimensione del sensibile, in cui simboleggiano lo spirito; gli ebrei, invece, mantengono un totale distacco fra sensibile e spirituale, rinunciando all’autentica unità.
La religione della finalità
La religione della finalità è quella del mondo romano, in cui scompare il riferimento alla divinità trascendente tipico dell’ebraismo e gli dei greci sono svuotati di tutti i loro caratteri individuali: le divinità diventano un puro mezzo, con il quale perseguire un fine universale.
La religione rivelata
Una volta che lo spirito ha colto nella religione la possibilità di perseguire l’universale, si può realizzare l’ultimo stadio religioso, quello in cui Dio (l’universale) si rivela direttamente all’uomo. Le tre forme di religione rivelata sono: l’universalità, la particolarità, la singolarità.
Perché dall’universale al singolare?
Apparentemente, questo percorso dialettico sembra contrario ai principi di Hegel, tesi a universalizzare la condizione di partenza. In realtà, questo percorso indica il passaggio da una condizione astratta e distaccata di universalità alla coscienza dell’unità di spirito e natura.
Spiegazione della triade
Nell’universalità, infatti, lo Spirito in quanto assoluto si concepisce nella pura essenza divina; nella particolarità accetta di farsi natura attraverso l’incarnazione di Cristo; e, in ultimo, nella singolarità, ritorna a sé attraverso la Chiesa e dà origine alla comunità cristiana.
Il passaggio alla filosofia
La comunità cristiana realizza la comunione fra umano e divino; fonda una consapevolezza superiore di universalità, in cui il principio divino non è staccato dalle individualità spirituali. E’ il momento per la definitiva comprensione dello Spirito.
Filosofia come concetto
L’espressione filosofia, per indicare il conclusivo stadio del sistema hegeliano, non va identificata con la disciplina che si studia nelle scuole: è invece l’assoluta autoconsapevolezza di sé che ha raggiunto l’idea, la capacità di cogliersi come infinito e totalità di tutte le determinazioni cui, all’inizio del processo, ha dato origine.
Ritorno al principio
Lo Spirito, cogliendosi come universale, ritorna al principio, cioè a se stesso; ma, come prima era inconsapevole della sua natura, adesso è finalmente consapevole di sé e si autocomprende come totalità.
La filosofia e la filosofia hegeliana
La filosofia coincide allora con il pensiero di Hegel, grazie al quale lo Spirito raggiunge la consapevolezza di se stesso. L’intera disciplina filosofica, nei secoli in cui si è svolta, si dirigeva proprio a realizzare il pensiero hegeliano.
La filosofia precedente a Hegel
Tutte le forme di pensiero precedenti quella hegeliana, infatti, sono parziali comprensioni della verità che, aiutando lo sviluppo del pensiero, lo avvicinano alla verità definitiva, colta infine da Hegel. Sono dunque momenti preparatori all’unica e vera filosofia.
La storia della filosofia
Hegel ha un modo molto singolare, allora, di considerare la storia della filosofia, testimoniato dai resoconti delle sue lezioni universitarie. Egli non fornisce una descrizione oggettiva dei diversi pensieri, confrontandoli fra loro e evitando di considerare l’uno superiore all’altro. Hegel, dopo la descrizione attenta di una filosofia, sottolinea ciò che essa presenta di innovativo (le anticipazioni implicite del futuro pensiero hegeliano) e ciò che ancora la lega a una visione arcaica, e quindi da superare, della verità.
Un esempio: Cartesio
Nell’esaminare la filosofia di Cartesio, ad esempio, Hegel coglie come positive le intuizioni cartesiane che anticipano verità della propria filosofia (l’identità di essere e pensiero) e respinge quanto da lui ritenuto ancora una comprensione ingenua dello spirito (il dualismo cartesiano: la concezione separata di materia e spirito).

ESPRESSIONI SIGNIFICATIVE

Spirito assoluto – Arte – Identità di spirito e natura – Arte simbolica – Arte classica – Arte romantica – Morte dell’arte – Religione – Culto – Devozione – Culto esteriore – Sacrificio di se stesso – Religione determinata – Religione naturale – Religione della bellezza – religione della finalità – Religione rivelata – Universalità – Particolarità – Singolarità – Filosofia – Storia della filosofia

DOMANDE

1) Definisci lo Spirito assoluto.

2) Indica la tripartizione fondamentale dello Spirito assoluto.

3) Quale forma di universalità consente di raggiungere l’arte?

4) Proponi un confronto, rispetto alla concezione dell’arte, tra Schelling ed Hegel.

5) Descrivi le tre diverse forme d’arte considerate da Hegel?

6) Quali motivazioni sono alla base dello squilibrio tra forma e contenuto, rispettivamente, nell’arte simbolica e nell’arte romantica?

7) Che cosa intende Hegel per “morte dell’arte”?

8) Riassumi i termini del dibattito filosofico suscitato dal concetto hegeliano di morte dell’arte.

9) Definisci la religione.

10) Descrivi i tre modi possibili di culto.

11) Sottolinea l’identità fra religione e eticità.

12) Che cos’è la religione determinata?

13) Definisci la religione naturale.

14) Precisa l’inadeguatezza sia della concezione religiosa greca sia della concezione religiosa ebraica.

15) Che cosa intende Hegel per “religione delle finalità”?

16) Spiega il passaggio alla religione rivelata.

17) Come mai, in maniera apparentemente inversa da quanto di solito avviene con Hegel, lo sviluppo della religione rivelata va dalla universalità alla singolarità?

18) Che cosa bisogna intendere per Hegel con il termine “filosofia”?

19) Perché, alla fine del suo sviluppo, lo Spirito torna al principio di se stesso?

20) Spiega la coincidenza fra la filosofia e la filosofia hegeliana.

21) Come intende Hegel la storia della filosofia?

22) Riproponi l’interpretazione hegeliana di Cartesio.