16
Giu
2021

La prima di tre puntate sulla scuola che ha in mente Patrizio Bianchi

di Giovanni Carosotti e Rossella Latempa

Nel governo Draghi, l’economista Patrizio Bianchi è stato scelto come nuovo ministro dell’Istruzione in qualità di “tecnico”. Anche nel suo caso, il senso di tale espressione appare quanto mai discutibile, quasi una copertura per imporre una politica in qualche modo obbligata, motivata da uno stato d’eccezione. Nel primo di tre contributi dedicati all’idea di scuola che il neoministro ha più volte descritto – in un suo recente libro, nei documenti istituzionali, in numerose interviste – ci dedichiamo in particolare alle elaborazioni della task force da lui presieduta e attiva nella primavera dello scorso anno, in piena emergenza pandemica. Il primo degli obiettivi di tale gruppo di lavoro riguardava l’avvio del successivo anno scolastico, per permettere il rientro degli alunni nelle scuole in piena sicurezza. Ma tale obiettivo era in realtà subordinato a un’altra serie di scopi, di carattere evidentemente politico, finalizzati a trasformare la scuola secondo direzioni in piena continuità con i paradigmi della ormai sua più che decennale riforma permanente; e in particolare con la Legge 107, la Buona Scuola. La maggior parte degli strumenti previsti dal lavoro dei “tecnici” sulla scuola -sulla cui efficacia, fin dall’autunno scorso, ciascuno potrà avanzare un giudizio personale – non aveva alcun legame con la drammatica situazione sanitaria vissuta dal paese. Gli obiettivi erano altri, e riguardano il futuro dell’istruzione.