Ancora un intervento di Rossella Latempa e mio sulla proposta di prolungamento dell’anno scolastico, questa volta in riferimento a una presa di posizione della Fondazione Agnelli
Il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto suggerisce la sua “ricetta per l’istruzione”, formulata insieme ad alcuni “esperti di scuola”: “allungare l’anno scolastico fino a luglio e perfino ad agosto, con l’obiettivo di recuperare quello che non è stato fatto da marzo scorso a oggi.” Perché “non basta ancora”. Mai come adesso, la “scuola aperta” vagheggiata negli editoriali di Giavazzi e compagnia, pare a portata di mano. Il momento tragico per il paese e il senso di disorientamento collettivo rappresentano un’occasione ghiotta per attaccare definitivamente gli insegnanti, puntando populisticamente ad esaltarne il discredito, nel caso non accettassero di mettersi a disposizione. Proporre di lavorare senza fermarsi mai, per tutta l’estate, permette immediatamente di separare i responsabili dagli ideologizzati, i moralmente integri dai corporativi, gli insegnanti autentici dai dipendenti sindacalizzati. Solletica istinti di base e sommarie colpevolizzazioni, distoglie da aspetti più complessi, su cui si preferisce sorvolare, in nome di un rozzo pragmatismo (“non si piange sul latte versato”). Fare scuola ininterrottamente da un settembre a un altro, passando dagli schermi alle aule, pronti e dritti per l’anno successivo è un’idea priva di ogni senso didattico, oltre che semplicemente priva di umanità. E, da sola, mostra quanto poco seriamente stia a cuore la condizione degli studenti. Eppure, il “recupero delle competenze perdute”, misurabili ovviamente coi test INVALSI, deve avvenire ora e a qualunque condizione. Una ricetta a costo zero e a spese dei lavoratori, che permetterebbe in un colpo solo di punire i docenti e raddrizzare gli studenti, entrambi in fondo sempre colpevoli di qualcosa agli occhi dell’opinione pubblica.