24
Nov
2006

L’Italia dal 1950

3. Italia: dalla fine della guerra agli anni ’50; il centro-sinistra e la sua crisi

§ La politica economica degli anni immediatamente successivi alla guerra

I danni economici causati dalla guerra

L’esperienza della guerra aveva condotto l’economia italiana sull’orlo del collasso; la produzione aveva nettamente rallentato il proprio corso, ma erano stati soprattutto i bombardamenti a causare i danni maggiori e a rendere difficile, a pace raggiunta, la ripresa.

Le difficoltà dell’industria

La produzione industriale, rispetto agli anni immediatamente precedenti la guerra, era ridotta di quasi il 70%, non tanto per i danni alle industrie, considerevoli ma percentualmente ancora limitati, quanto per il danneggiamento delle infrastruttura, che rendevano impossibile l’approvvigionamento delle materie prime e la circolazione dei prodotti.

La crisi dell’agricoltura

Anche il settore dell’agricoltura aveva subito enormi perdite, sia per la precarietà delle condizioni di lavoro sia per la diretta invasione del territorio italiano da parte di forze militari straniere.

Le condizioni di vita della popolazione

Il tenore di vita della popolazione nei primi anni della storia repubblicana fu invero molto precario; in parecchie zone del paese si soffriva la fame, si ricorreva al mercato nero, in alcuni casi il baratto sostituiva il normale scambio del mercato; speculatori e approfittatori si avvantaggiavano spesso ai danni della povera gente, frenando ancora di più la possibilità di ripresa economica.

Il valore storico del cinema italiano di allora

Un particolare valore documentario possiede il cinema italiano di quegli anni, nella quasi totalità inserito nella corrente artistica del neorealismo. Le condizioni di vita precarie, l’arte di arrangiarsi, la disoccupazione e la fame, la condizione disagiata dell’infanzia e, più in generale, della gioventù, sono mirabilmente descritte.

L’aiuto degli Alleati

Un contributo fondamentale per la ripresa economica arrivò all’Italia dalle forze alleate e, in particolare, dagli Stati Uniti. Già prima del piano Marshall, le forze alleate avevano concesso dei crediti al governo italiano, noti come aiuto UNRRA,(Amministrazione delle Nazioni Unite per il soccorso e la ricostruzione). I fondi, raccolti dalle nazioni aderenti all’ONU che non aveva subito l’invasione, furono destinati all’acquisto di materie prime e alla realizzazione di fondamentali opere pubbliche.

Il contrasto ideologico in ambito economico

Ovviamente il contrasto ideologico che divideva i principali partiti dell’Italia postbellica e che era un riflesso della divisione del mondo in due blocchi contrapposti, si ripercosse anche sulle ipotesi di riforma economica dello Stato. Parte del ceto politico intendeva affidare all’iniziativa privata il compito della ricostruzione, le forze della sinistra invece (ma anche parte della dirigenza democristiana) ritenevano necessario introdurre un forte controllo pubblico sull’economia.

La politica dei governi De Gasperi

Abbiamo già detto come i propositi di riforma economica previsti dal governo Parri non poterono avere attuazione, mentre si fece strada, con i successivi governi presieduti da De Gasperi, un atteggiamento più incline al liberismo economico.

Il condizionamento degli alleati

D’altra parte, in questa direzione premeva l’alleato statunitense che, in seguito agli aiuti forniti attraverso il piano Marshall, poteva condizionare sensibilmente le scelte di politica economica del governo italiano.

L’inflazione

Ministro del bilancio del governo De Gasperi del 1947 fu Luigi Einaudi, il quale volle in primo luogo fronteggiare l’inflazione che aveva colpito il paese dopo la guerra, in seguito a una emissione monetaria eccessiva effettuata dalle truppe d’occupazione tedesche non corrispondete alla capacità produttiva del paese.

La politica deflazionistica di Einaudi

Einaudi, per fronteggiare l’inflazione, promosse una politica di controllo della spesa pubblica che riuscirono nell’intento, favorendo investimenti privati sia interni che esteri. Ovviamente, la politica di bassi salari che queste misure implicavano, condizionò sfavorevolmente il tenore di vita di milioni di persone.

La polemica sui fondi del “piano Marshall”

Al di là dell’opposizione ideologiche delle sinistre al piano Marshall, sul modo in cui gli aiuti furono utilizzati da Einaudi si aprì una polemica che coinvolse gli stessi alleati: gli americani, infatti, volevano promuovere un benessere che stabilizzasse la situazione sociale nei paesi alleati e quindi volevano che i fondi fossero utilizzati per sostenere la ricostruzione degli impianti industriali e creare occupazione. La politica deflazionistica di Einaudi non andava in questo seno, cercando unicamente di ricostruire le riserve valutarie del paese.

Le ragioni della politica einaudiana

La preoccupazione del governo, nel prendere queste misure di rigore antipopolari, era quella di integrare il più possibile l’Italia nel sistema economico-capitalistico occidentale; premessa di questa politica era, appunto, la stabilità monetaria.

L’adesione agli accordi internazionali

Ecco allora che l’Italia cerca di integrarsi in tutti i modi nelle organizzazioni internazionali che intendevano coordinare l’azione politica ed economica dei paesi a libero mercato. Abbiamo già accennato all’adesione al patto atlantico; un’altra importante decisione fu l’entrare a far parte dellaCECA.

La CECA

La CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) creava un mercato comune del il carbone e dell’acciaio per gli stati membri; in questo modo la produzione e la distribuzione, governata da una dirigenza europea con sede a Lussemburgo, sarebbe stata razionalizzata, favorendo l’elevazione del tenore di vita.

La liberalizzazione degli scambi

L’Italia godeva ancora di una politica parzialmente protezionista, con pesanti dazi sulla merce importata. Questi furono fortemente ridotti grazie a un iniziativa del Ministro del Commercio con l’Estero Ugo La Malfa; la decisione suscitava perplessità anche negli ambienti moderati filo-occidentali, perché si pensava che l’Italia non potesse sostenere la concorrenza di paesi ben più sviluppati dal punto di vista industriale. Il fatto che questo tracollo non si registro, darà molta fiducia all’imprenditoria italiana, favorendo l’espansione economica che si realizzerà negli anni ’50.

Il problema del Mezzogiorno

L’Italia repubblicana ereditava il problema del sottosviluppo del Mezzogiorno e, anche questa volta, non riuscì ad affrontarlo con la dovuta convinzione. D’altra parte la politica liberista perseguita dal governo, seppure aveva degli obiettivi comprensibili, non favoriva sicuramente il Meridione italiano, che avrebbe dovuto beneficiare di un intervento pubblico mirato.

Lo SVIMEZ

Nel 1946 il ministro dell’industria Rodolfo Morandi, socialista, promosse la nascita dello SVIMEZ (Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno), un istituto di ricerca di cui facevano parte insigni economisti, che doveva indicare una politica di sviluppo per il meridione italiano. L’idea era quella di promuovere un intervento pubblico sul modello del New Deal americano.

Ancora la “questione meridionale”

All’Italia del dopoguerra si ripresentava nuovamente la questione del Mezzogiorno, che non era stata certo risolta durante la dittatura fascista; ancora una volta le attese di una politica economica che riequilibrasse la politica industriale del paese. Prevalse invece, in maniera forse più radicale in confronto ad altri paesi alle prese con la ricostruzione, un atteggiamento decisamente liberista che, non controllando la razionalità dell’iniziativa privata, non consentì una politica industriale organica e un miglioramento delle condizioni occupazionali. Come sempre era accaduto sino ad allora, il mancato sviluppo del Mezzogiorno era destinato a ripercuotersi sull’intera economia nazionale.

DATE

1946                                                                                                      : nascita dello SVIMEZ

PERSONAGGI

Alcide De Gasperi – Luigi Einaudi – Ugo La Malfa – Rodolfo Morandi

DOMANDE:

  1.                  Indica le condizioni economiche dell’Italia nell’immediato dopoguerra
  2.                  Quali le cause del crollo della produzione industriale?
  3.                  E dell’agricoltura?
  4.                  Descrivi le condizioni di vita di parte della popolazione e il valore di testimonianza della letteratura e del cinema neorealista.
  5.                  Definisci e spiega le finalità dell’UNRRA.
  6.                  Individua le differenti posizioni, nell’Italia postbellica, relative all’indirizzo da dare all’economia.
  7.                  Quale pressione esercitarono gli Stati Uniti relativamente agli indirizzi di politica economica.
  8.                  Ricorda i motivi per cui gli alleati non furono particolarmente soddisfatti del modo in cui il governo italiano utilizzava i fondi del “piano Marshall”.
  9.                  Sintetizza la linea di politica economica seguita da Luigi Einaudi.
  10.                  Quali provvedimenti implicava una politica deflazionistica?
  11.                  Quali le ragioni di questa politica?
  12.                  Indica le principali organizzazioni internazionali cui aderì lo Stato italiano?
  13.                  Che cosa fu la CECA? Quali le sue finalità?
  14.                  Quali polemiche suscitò la liberalizzazione degli scambi voluta da Ugo La Malfa? Quali effetti ebbe sull’economia italiana?
  15.                  In quali termini si ripropose, nel dopoguerra, la “questione meridionale”?
  16.                  Indica le finalità dello SVIMEZ e precisa se le sue indicazioni vennero disattese.

§ Gli anni del centrismo

La politica sociale della Democrazia Cristiana

La Democrazia Cristiana non era un partito di esclusive condizioni liberiste in economia; la

politica liberista che caratterizzò i primi governi De Gasperi fu motivata da una scelta di campo, favorevole al blocco occidentale-capitalistico, e da una necessità di ricostruire il potenziale economico dello Stato per condurlo a livelli di sviluppo non distanti da quelli degli altri paesi europei.

La componente di sinistra della Democrazia Cristiana

Nel Partito vi era una componente che intendeva valorizzare soprattutto una politica sociale conforme ai principi del messaggio evangelico; personalità protagoniste del dibattito costituente, quali Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti erano favorevoli a un intervento politico che proteggesse gli strati più deboli della popolazione e ne considerasse, nel quadro di una politica economica, gli interessi.

La tensione sociale nel paese

In quegli anni, anche in seguito alla tensione ideologica fra i partiti e alla spaccatura realizzatasi nel sindacato, la tensione sociale in Italia crebbe vistosamente. Nelle aree urbane le forze operaie manifestavano per migliori condizioni di lavoro e contrattuale; nelle campagne del frequente era il ricorso alla tradizionale forma di lotta dell’occupazione delle terre, per rivendicare una riforma dell’attività agricola che, soprattutto nel Mezzogiorno, prevedeva modelli di proprietà ereditati dall’Italia ottocentesca. Frequentemente queste forme di lotta davano luogo a incidenti e a reazioni fin troppo dure delle forze dell’ordine.

La riforma agraria

Una volta che la politica liberista ebbe riequilibrato e stabilizzato l’economia del paese, De Gasperi prese delle iniziative sul piano della politica sociale che portarono, nel 1950, a riformare in maniera significativa la politica agricola, come non era mai stato fatto nella storia d’Italia.

La soppressione del latifondo

Nel 1950 il Ministro dell’Agricoltura pubblicò Antonio Segni una legge-stralcio da un progetto di riforma agraria che, unito ad un altro provvedimento pensato soprattutto per il territorio della Calabria (la legge Sila) portò alla fine del latifondo. Ci furono espropri dei latifondi, dai quali furono costituiti territori agricoli non superiori ai 10 ettari.

Gli Enti di Riforma

Ovviamente questi nuovi territori dovevano essere resi produttivi e dovevano venire assegnati; era necessaria una politica di bonifica e una politica di finanziamenti che favorisse i contadini nel rendere produttive le nuove proprietà. A questo scopo vennero istituiti degli Enti di Riforma che, oltre ad assegnare le terre, agevolavano le attività dei contadini.

La Cassa per il Mezzogiorno

Con la legge del 10 agosto 1950 inoltre, venne istituita la Cassa per il Mezzogiorno o, più estesamente, la Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell’Italia meridionale), accogliendo alcuni suggerimenti che erano stati elaborati dallo SVIMEZ. Oltre a finanziare e promuovere opere pubbliche di infrastruttura (bonifiche, strade, ferrovie, acquedotti), compito della Cassa fu anche quello di promuovere investimenti privati attraverso la concessione di contributi.

Il periodo di attività della Cassa per il Mezzogiorno

La Cassa per il Mezzogiorno avrebbe dovuto esercitare la sua attività dal 1950 al 1960; le sue funzioni vennero però prorogate, in un primo tempo fino al 1965, in seguito fino al 1980.

Le opposizioni alla politica sociale democristiana

La politica sociale della DC venne osteggiata non solo dai partiti di sinistra, ma anche da alcune componenti politiche della destra moderata. I partiti di sinistra vedevano nelle azioni democristiane una volontà di procurarsi una solida base elettorale nel Mezzogiorno, sottovalutando l’obiettiva trasformazione che la riforma aveva realizzato; fra i moderati, e in particolare nel Partito Liberale, si fecero sentire le voci della vecchia proprietà terriera, che obbligherà il partito a uscire dal governo.

L’opposizione cattolica

All’interno della stessa cultura cattolica la politica sociale della Democrazia Cristiana suscitava delle perplessità; il cattolicesimo infatti, si era identificato in molte sue componenti con gli interessi più conservatori e con l’appoggio alle classi possidenti. Una politica troppo aperta alle esigenze della parte più modesta della società, che mettesse in discussione secolari privilegi, condizionò fortemente la politica di De Gasperi.

L’”operazione don Sturzo”

Venne addirittura presentata una lista cattolica alternativa alla DC dalle forze cattoliche più intransigenti, guidata dal vecchio leader del Partito Popolare. Fu proprio per fronteggiare queste rivalità all’interno del proprio schieramento che De Gasperi pensò a quella riforma del sistema elettorale che sarebbe diventata nota come “legge truffa”.

La “legge truffa”

La “legge truffa” era una legge di tipo maggioritario, che assegnava il 65% dei seggi ai partiti che formavano una coalizione, qualora avessero ottenuto la maggioranza. Questa iniziativa suscitò forti opposizioni nel paese, ma anche all’interno della stessa maggioranza, soprattutto fra esponenti socialdemocratici.

Le elezioni del 1953

Il 7 giugno 1953 si tennero le elezioni secondo questo nuovo sistema; le opposizioni, sia monarchiche, sia di sinistra, ne uscirono molto rafforzate e questo impedì alla coalizione di governo di raggiungere l’auspicata maggioranza.

DATE

1950                                                   : “legge-stralcio” sull’agricoltura

10/08/1950                                         : viene istituita la “Cassa per il Mezzogiorno”

07/06/1953                                         : elezioni con il premio di maggioranza

PERSONAGGI

Alcide De Gasperi – Giorgio La Pira – Giuseppe Dossetti – Antonio Segni – don Luigi Sturzo

 

DOMANDE:

  1.                  Precisa l’atteggiamento della Democrazia Cristiana nei confronti della politica sociale e distingui la sua azione politica nell’immediato dopoguerra e quella attuata negli anni successivi.
  2.                  Perché la Democrazia Cristiana non adottò subito una politica orientata in senso sociale?
  3.                  Sintetizza la posizione politica di uomini quali Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti.
  4.                  Indica le ragioni della tensione sociale che pervase l’Italia di quegli anni, in campo sia agricolo sia industriale.
  5.                  Indica i principali provvedimenti che vennero presi riguardo l’agricoltura.
  6.                  Qual è il contenuto della “legge-stralcio” voluta dal Ministro Antonio Segni?
  7.                  Qual era la funzione degli “Enti di Riforma”?
  8.                  Indica i compiti assegnati alla “Cassa per il Mezzogiorno” e precisane il periodo di attività.
  9.                  Ricorda le principali forze politiche che si opposero alla politica della Democrazia Cristiana, precisandone le motivazioni.
  10.              In che termini ci fu anche un’opposizione cattolica alla politica democristiana?
  11.              Che cosa fu l’ “operazione Don Sturzo”?
  12.              Spiega i motivi per cui De Gasperi volle modificare la legge elettorale.
  13.              Perché fu chiamata “legge truffa”?
  14.              Ricorda i risultati elettorali del giugno 1953.

§ La politica italiana fino al 1960

La fine di Antonio De Gasperi

La sconfitta del progetto centrista alle elezioni del 1953 portarono alla conclusione della carriera politica di Alcide De Gasperi; il progetto di governo “monocolore” (costituito cioè da soli ministri della Democrazia Cristiana) non ottenne la fiducia del Parlamento e lo statista, che sarebbe morto di lì a poco (agosto 1954), non tentò più di proporsi ai vertici dello Stato.

Il governo Pella

Successe a De Gasperi un altro governo monocolore democristiano, guidato da un economista di convinzioni liberiste, Giuseppe Pella (17 agosto 1953), già ministro di competenze economiche in precedenti governi. L’esperienza di Pella Presidente del Consiglio durò pochi mesi, anche per contrasti all’interno della stessa Democrazia Cristiana, dove emergevano personalità che avrebbero esercitato un ruolo molto rilevante negli anni immediatamente successivi.

L’importanza del governo Pella

Nel gennaio 1954 il Parlamento rifiutò la fiducia a un governo guidato da Amintore Fanfani, che fu accordata invece a un governo di coalizione (DC, PSDI, PLI) guidato da Mario Scelba. Il governo Pella fu quindi un’esperienza di transizione, durante la quale la DC cercò una personalità al suo interno di carisma eguale a De Gasperi. Pure è un governo importante, perché si trovo ad affrontare la spinosa questione di Trieste.

La questione di Trieste

Come si ricorderà, il contenzioso territoriale fra Italia e Jugoslavia era stato provvisoriamente risolto, nel 1947, con la creazione del TLT. In un primo tempo l’Italia sperava che la questione si risolvesse grazie degli alleati, che avrebbero voluto evitare un’espansione territoriale dei paesi comunisti.

L’importanza della rottura fra Stalin e Tito

La rottura realizzatasi fra la Jugoslavia di Tito e l’Unione Sovietica di Stalin, però, condusse gli alleati a mostrarsi concilianti nei confronti del paese balcanico e ad assumere un atteggiamento di maggiore equidistanza. Molto spesso le truppe angloamericane repressero violentemente manifestazioni di italianità a Trieste, che iniziarono a diventare intense intorno al 1952.

Provocazioni italo-jugoslave

Fu proprio durante il governo Pella che la tensione fra i due paesi culminanti raggiunse il suo culmine, quando Pella lanciò l’idea di un referendum fra la popolazione e Tito minacciò l’occupazione militare delle “zona B”. A quel punto Pella schierò truppe italiane a Gorizia, ricevendo i plausi soprattutto delle forze di destra.

L’imbarazzo delle sinistre

Sicuramente la questione con la Jugoslavia creò molto imbarazzo tra le forze di sinistra che, da una parte, non potevano allontanarsi da una difesa di principi nazionalistici sentiti spontaneamente dalle masse popolari e, dall’altra, dai vincoli di amicizia con un paese che si identificava in una medesima convinzione ideologica.

L’eccidio del novembre 1953

Il momento più drammatico si ebbe a Trieste nei giorni fra il 4 e il 6 novembre 1953, quando le truppe inglesi uccisero sei manifestanti che chiedevano il ritorno di Trieste all’Italia.

Il memorandum d’intesa

Stati Uniti e Gran Bretagna intensificarono allora le iniziative diplomatiche, prima con la Jugoslavia e poi con l’Italia. Il 5 ottobre 1954 venne firmato a Londra un memorandum in base al quale cessava il governo alleato sulle zone A e B, la cui amministrazione veniva assegnata, rispettivamente, all’Italia e alla Jugoslavia. Il 4 novembre 1954 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi si recò in visita a Trieste.

Il governo Scelba

Il governo guidato da Mario Scelba, che si insediò il 18 gennaio 1954, si richiamava esplicitamente all’esperienza di De Gasperi, nel momento in cui riteneva indispensabile una collaborazione con i partiti laici minori, cui vennero affidati importanti dicasteri.

L’ordine pubblico e l’opposizione delle sinistre

La personalità di Scelba fu caratterizzata da un estremo anticomunismo che lo portò ad assumere, sia come primo ministro sia quando ricoperse la carica di Ministro dell’Interno, un atteggiamento di estrema durezza nei confronti delle manifestazioni operaie, caratterizzato da ricorsi frequenti ai pestaggi, ma anche alla repressione armata

Le uccisioni

Nel 1950, con Scelba al Ministero dell’Interno, furono uccisi sei operai in sciopero alle Fonderie Riunite di Modena mentre, durante gli anni in cui assunse la Presidenza del Consiglio, vi fu la morte dell’operaio Ernesto Leoni a Milano, l’uccisione di tre donne e un ragazzo a Mussumeli, in Sicilia, per un protesta contro la mancanza d’acqua e, sempre in Sicilia, l’uccisione di un bambino di cinque anni che si trovava con i manifestanti (Barrafranca, febbraio 1954).

Il “piano Vanoni”

In materia di politica economica, importante fu l’iniziativa del Ministro del Bilancio, Ezio Vanoni, il quale realizzò un piano di programmazione economica interessante, poiché indicava degli obiettivi da raggiungere per il paese, cui avrebbe dovuto ispirarsi tutta la politica economica.

Gli obiettivi del piano

Il piano intendeva, attraverso un’iniziativa statale nei settori dell’agricoltura, delle opere pubbliche e delle imprese di pubblica utilità, stimolare l’imprenditoria private, aumentare i livelli produttivi del paese e i redditi individuali, combattere la disoccupazione e ridurre il divario fra nord e sud del paese.

Il fallimento del piano

Il documento del ministro diede luogo a diverse commissioni che, nel corso degli ani, cercarono di dargli effettiva applicazione; ma, sia per contrasti su provvedimenti concreti, sia per l’opposizione di un ceto economico fedele a criteri puramente liberistici e ostile a qualsiasi iniziativa statale, il piano non diede luogo ad alcuna trasformazione concreta.

La presa di distanza del PSI dal modello sovietico

Negli anni che vanno dal 1955 al 1957 si ebbe un’importante evoluzione politica all’interno del Partito Socialista Italiano, destinata a mutare il quadro delle future alleanze di governo. Per comprende a pieno le ragioni di questa evoluzione, si deve tenere presente il contesto internazionale e il travaglio allora attraversato dai paesi comunisti, in seguito al XX Congresso del PCUS e all’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe sovietiche (vd. capitolo seguente).

L’avvicinamento fra Nenni e Saragat

Già nel 1955 Nenni cominciò a prospettare la possibilità di mutare l’atteggiamento di radicale opposizione ai partiti di centro per sostituirla con un eventuale collaborazione con le forze cattoliche. Nel 1956 ci fu un incontro fra Nenni e Saragat a Pralognan (Val d’Aosta), per discutere la possibilità di unione fra le diverse forze socialiste.

Il XXXII Congresso del PSI

Fu nel corso del XXXII Congresso che il Partito Socialista ufficializzò una svolta nella sua strategia politica, precisando la propria presa di distanza dal modello sovietico e quindi la propria disponibilità a collaborare con le forze politiche cattoliche. Questa presa di posizione costituì una novità assoluta nel panorama politico italiano

I mutamenti nel panorama politico italiano

Contemporaneamente si esaurì l’esperienza del governo Scekba, anche per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, democristiano ma eletto pure con i voti de4i comunisti e dei socialisti. Il nuovo governo che, successivamente, si costituì era guidato da Antonio Segni.

La politica della Democrazia Cristiana e la vita economica dello Stato

Il ministero Segni realizzò una svolta nella politica democristiana, coincidente con il diverso indirizzo che al Partito diede il nuovo segretariAmintore Fanfani. Si realizzò una maggiore presenza degli uomini del partito in settori strategici dell’economia pubblica, per controllarne le risorse.

Il Ministero delle partecipazioni statali

Venne costituito il Ministero delle partecipazioni statali, finalizzato a organizzare l’iniziativa dello Stato in quegli istituti in cui era fondamentale la sua presenza (banche, IRI, ENI, ecc.).

Il MEC

Durante il governo Segni si verificò un accadimento fondamentale per il nostro paese e per l’intera Europa: il maggio 1957 vennero firmati itrattati di Roma, con i quali venivano a essere costituiti l’Euratom (Ente per lo Sfruttamento dell’Energia Nucleare) e, soprattutto, il MEC (Mercato Europeo Comune), portando a compimento il processo che era iniziato con la CECA.

Il governo Zoli

La sfiducia al governo di uno dei partiti membri (il PRI) portò alla caduta del governo Segni e alla nascita di un nuovo governo monocolore democristiano che si reggeva con l’appoggio dei Monarchici e dei fascisti del Movimento Sociale Italiano. Nel 1958 si tennero le elezioni.

DATE

9 gennaio 1950                                 : eccidio di operai a Modena                                                   1952                                           : tese le relazioni fra Italia e Jugoslavia

17 agosto 1953                                   : si insedia il governo guidato da Giuseppe Pella

4-6 novembre 1953                            : uccisione di manifestanti filo italiani a Trieste

gennaio 1954                                      : il Parlamento rifiuta la fiducia a un governo guidato

da Amintore Fanfani

18 gennaio 1954                                 : si insedia il governo guidato da Mario scelba

febbraio 1954                                     : uccisioni di manifestanti in Sicilia

agosto 1954                                        : muore Alcide De Gasperi

5 ottobre 1954                                    : firma a Londra del “memorandum” fra Italia e Jugoslavia

4 novembre 1954                                : il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi visita Trieste

? 1955                                                : Gronchio Presidente della Repubblica

? 1956                                                : incontro fra Nenni e Saragat

? 1957                                                : XXXII Congresso del PSI

maggio 1957                                       : trattati di Roma

PERSONAGGI

Giuseppe Pella – Mario Scelba – Ernesto leoni – Ezio Vanoni – Pietro Nenni – Giuseppe Saragat – Giovanni Gronchi – Antonio Segni – Amintore Fanfani – Adone Zoli

DOMANDE:

  1.                  Indica l’ultimo atto politico significativo di Alcide De Gasperi.
  2.                  Quale l’importanza del governo Pella?
  3.                  Quali i principali leader democristiani dopo De Gasperi?
  4.                  Fai il punto della “questione triestina” nell’anno 1952.
  5.                  Quali furono i momenti di maggiore tensione raggiunti fra Italia e Jugoslavia?
  6.                  Come si comportarono le sinistre di fronte alla “questione triestina”?
  7.                  Indica come fu raggiunta un’intesa fra Italia e Jugoslavia.
  8.                  Motiva la continuità fra il governo Scelba e le precedenti esperienze De Gasperi.
  9.                  Perché le sinistre criticarono la politica di ordine pubblico del governo Scelba?
  10.              Ricorda i principali eccidi di quegli anni.
  11.              Indica le finalità e le caratteristiche del “piano Vanoni”.
  12.              Perché questo piano fallì?
  13.              Precisa l’evoluzione politica realizzatasi nel PSI dagli anni 1955 al 1957.
  14.              Quale l’importanza dell’incontro fra Nenni e Saragat a Pralognan?
  15.              Quale decisione prese il PSI al XXXII Congresso?
  16.              Precisa l’indirizzo che alla Democrazia Cristiana diede Amintore Fanfani e che si realizzò in particolare durante il governo Segni.
  17.              In quali settori della vita statale volle inserirsi la Democrazia Cristiana?
  18.              Quali le funzioni del Ministero delle partecipazioni statali?
  19.              Quale l’importanza dei trattati di Roma?
  20.              Da chi era appoggiato il governo Zoli?

§ Gli anni del miracolo economico

Il “miracolo economico”

Si parla, a proposito degli anni ’50, di “miracolo economico”, ad indicare un periodo in cui l’Italia conobbe uno sviluppo produttivo enorme che la risollevò dal baratro in cui si trovava dopo la seconda guerra mondiale. L’espressione “miracolo”, però, non sta solo a indicare questi risultati raggiunti, lo scarto fra il 1946 e i pieni anni ’50, ma serve a constatare come questo sviluppo fu veramente prodigioso in quanto, in termini di percentuale, fu di molto superiore a quello degli altri paesi europei. Solo la Germania, infatti, registrò un tasso di sviluppo superiore, laddove gli altri paesi crescevano in misura minore.

Lo sviluppo industriale

A permettere questo sviluppo ci fu un potenziamento dell’industria siderurgica e meccanica e, in particolare, del settore degli elettrodomestici e delle automobili. Questo sviluppo si ebbe anche grazie all’intervento dello Stato in economia, che portò alla creazione di grandi impianti industriali pubblici e a una politica dinamica riguardo al reperimento delle fonti di energia, attraverso l’ENI.

La società dei consumi

Questo sviluppo economico cambiò radicalmente le condizioni di vita della maggior parte della popolazione, aumentando il benessere materiale delle famigli, dando luogo a quella mentalità consumistica che investì tutti gli aspetti della vita quotidiana. Fu soprattutto questa domanda interna a favorire la crescita produttiva

La popolazione sfruttata

D’altra parte non tutta la popolazione approfittò di questo sviluppo, che fu reso possibile anche dal basso costo della manodopera italiana; una grande disoccupazione, diffusa soprattutto nel Mezzogiorno, rese possibile intensive forme di sfruttamento; i sindacati apparivano deboli nel contrastare questo utilizzo della manodopera, anche perché –come abbiamo visto- le manifestazioni operaie venivano spesso represse nel sangue.

I rapporti città e campagna

Le possibilità offerte dall’aumento della produzione industriale portò molta manodopera agricola a spostarsi nelle città, per approfittare del bisogno di manodopera che avevano i grandi complessi industriali. Fondamentale, per la storia sociale del nostro paese, fu la massiccia emigrazione di lavoratori meridionali nel nord Italia che allora, veniva vissuto in modo traumatico, per le differenti caratteristiche storiche, geografiche e culturali.

La “Nota aggiuntiva” di Ugo La Malfa

Nel 1962 il Ministro del Bilancio del governo Fanfani, Ugo La Malfa, presenta un documento (la Nota aggiuntiva al bilancio dello Stato) che esprime la consapevolezza dei membri del governo del nuovo sviluppo economico italiano. La nota intendeva impostare una programmazione economica che risolvesse i cronici problemi del paese, a cominciare dal differente sviluppo tra nord e sud. Per far questo, individuava in una forte iniziativa della presenza statale in economia (in particolare nel Ministero delle partecipazioni statali e nella Cassa per il Mezzogiorno) gli strumenti adeguati.

Progetti per il Mezzogiorno

Furono costituite diversi impinati tecnologicamente avanzati nel Mezzogiorno, che avrebbero dovuto avere un ruolo propulsivo per piccole e medie aziende che invece, per una programmazione non coordinata e per la disastrosa incidenza della criminalità, non si ebbe. Anche questa iniziativa, non riuscì quindi a innescare uno sviluppo decisivo nel meridione.

La nazionalizzazione dell’energia elettrica

Un’altra riforma importante, sempre attuata dal governo Fanfani nel novembre 1962, fu la nazionalizzazione dell’energia elettrica, che faceva sì che lo Stato controllasse in maniera più rigorosa la politica economica, evitando di sottostare ai diktat dei privati e ai loro interessi. In realtà i vecchi proprietari espropriati lasciò a questi ultimi parecchi vantaggi che, in parte, limitarono l’efficacia del provvedimento.

DOMANDE:

  1.                  Indica il significato preciso dell’espressione “miracolo economico”?
  2.                  In che termini crebbe, in quegli anni, la produzione industriale italiana?
  3.                  Opera un confronto con la crescita economica negli altri paesi europei.
  4.                  Quali settori industriali ne furono maggiormente interessati?
  5.                  Quali iniziative economiche prese direttamente lo Stato?
  6.                  Quali effetti ebbe l’aumento della produzione sul costume della popolazione?
  7.                  Per quale motivo la manodopera in Italia costava poco?
  8.                  Giustifica il fenomeno dell’emigrazione.

L’apertura a sinistra e il travaglio della Democrazia Cristiana

L’instabilità della situazione politica

Le difficoltà crescenti di realizzare governi stabili, la necessità di avvalersi dell’appoggio esterno di forze politiche estranee alla tradizione repubblicana (i monarchici e il Movimento Sociale Italiano), la svolta realizzatasi nel PSI con la presa di distanza dal modello sovietico e, inoltre, l’esigenza della Democrazia Cristiana di occupare ruoli importanti nei settori vitali dell’economia nazionale, condussero parte della dirigenza DC a considerare possibile un’alleanza con i socialisti.

Le opposizioni all’apertura a sinistra

Ovviamente il fronte dell’opinione pubblica che si opponeva a questa svolta politica era molto ampio e si estendeva sia all’interno sia all’esterno della Democrazia Cristiana. Al di là dei monarchici e dei missini, la cui opposizione all’allenaza con il PSI era dettata da motivazioni ideologiche, vi erano i liberali ad opporsi, appoggiati da importanti esponenti dell’industria e della proprietà terriera, temendo ulteriori nazionalizzazioni di settori economici, richieste dai socialisti ma gradite pure dalla DC, che intedeva appunto amministrare direttamente settori economici strategici. Inoltre vi era tutta la grande proprietà terriera, che temeva un’accelerazione die processi di riforma in agricoltura.

Le opposizioni nel mondo cattolico: l’importanza di papa Roncalli

Parte del mondo cattolico si oppose all’intesa con i socialisti, anche in questo caso soprattutto per ragioni ideali e per il timore che l’alleanza costringesse a riforme contrarie all’etica cattolica. Decisiva fu però l’attività del nuovo pontefice Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli), il quale inaugurò [cfr. cap. … ] una politica di dialogo con i settori dela vita politico-culturale estranei al cattolicesimo, favorendo una collaborazione reciproca.

Gli esponenti della Democrazia Cristiana favorevoli all’alleanza

L’esponente della Democrazia Cristiana più incline a un’intesa fu Amintore Fasnfani, il quale riuscì, nel 1965, a riunire nella sua persona gli incarichi di Presidente del Consiglio e di Segretario del partito. Contro questo cumulo di cariche si oppose l’opposixzione moderata del partito, detta dei Dorotei. Fanfani alla fine si dimise da entrambe le cariche: Presidente del Consiglio era di nuovo Antonio Segni, mentre segretario del partito divenne Aldo Moro.

Il governo Tambroni

Fu Moro, in contrasto con il moderato Segni, a svolgere un’opera di mediazione, tesa a convincere la parte moderata del partito dell’opportunità di un’intesa con i socialisti; la loro opera non ebbe però subito successo, tant’è che, dopo il Congresso dell’ottobre 1959, tenuto a Firenze, si ebbe un governo guidato da Ferdinando Tambroni, appoggiato ancora da monarchici e missini.

I morti del luglio 1960

Al governo Tambroni sono legati alcuni degli eventi più drammatici della storia d’Italia repubblicana, che porteranno alle dimissioni dello stesso governo. Nel luglio 1960 il governo autorizzò un congresso del Movimento Sociale Italiano a Genova, città che era stata premiata con la medaglia d’oro della resistenza. Tutte le forze di sinistra e antifasciste avvertirono quest’autorizzazione come una provocazione e organizzarono ingenti manifestazioni di massa.

Le manifestazioni di Genova

Le prime manifestazioni si tennerro, ovviamente, a Genova e furono inaugurate, il 28 giugno, da un comizio del futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini. I disordini avvengono però il 30 giugno, quando la polizia attacca una manifestazione di centomila persone, guidata da vari parlamentari comunisti, socialisti e repubblicani. Nella notte del 2 luglio il prefetto Pianese comunica che il Congresso del MSI non si terrà più.

Le successive manifestazioni

Manifestazioni di solidarietà, tese a ribadire il carattere antifascista della Repubblica italiana, si tennero successivamente in tutta Italia e furono tutte represse dalla polizia: a Licata, in provincia di Agrigento, fu ucciso Vincenzo Napoli, a Roma la manifestazione del 6 luglio si conclude con diversi feriti e arresti; altre manifestazioni si tennero a Napoli, Ravenna, Bologna, Ferrara, Parma.

La strage di Reggio Emilia

Gli eventi più drammatici si ebbero però a Reggio Emilia, il sette luglio, dove la Prefettura autorizzò una manifestazione antifascista nel chiuso della sala Verdi, che contiene 600 persone, sapendo che invece che i partecipanti sarebbero stati diverse decine di migliaia. Tra il pomeriggio e la sera le forze di polizia e dei carabinieri, coordinate dal vice-questore Giulio Cafari Panico attaccano indiscriminatamente la folla, uccidendo con colpi d’arma da fuoco cinque manifestanti: Lauro Ferioli, di 22 anni, Mari Serri, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Afro Tondelli.

La stragi a Palermo e a Catania

In risposta all’eccidio di Reggio Emilia si tennero manifestazioni di protesta in altre città italiane; un altro tragico bilancio si ebbe l’otto luglio, a Palermo, con quattro morti uccisi dal fuoco delle forze dell’ordine: Giuseppe Malleo di sedici anni, Andrea Gangitani di quattordici anni, Francesco Vella e Rosa La Barbera. Anche a Catania, lo stesso giorno, si registra un morto, il giovane di ventidue anni Salvatore Novembre.

Le dimissioni di Tambroni e il governo Fanfani

Questi eventi costrinsero Tambroni alle dimissioni e favorirono la costituzione di un nuovo governo guidato da Amintore Fanfani e sostenuto da un quadripartito DC-PRI-PSDI-PLI con l’astensione dei socialisti. I tragici fatti dell’estate avevano messo in risalto le ragioni dei moderati, che imposero una serie di riforme tese a favorire un governo di centro-sinistra. Nal Comgresso del 1962, tenuto a Napoli, la Democrazia Cristiana accettò finalmente di acconsentire a un governo di centro-sinistra.

Le riforme del governo Fanfani

Alcune iniziative del governo Fanfani le abbiamo ricordate sopra (la Nota aggiuntiva, gli investimenti al Sud, la nazionalizzazione dell’energia elettrica); un’altra importante fu la riforma della scuola, che estese l’obbligo scolastico fino ai quattordici anni e istituì la scuola media unica, obbligatoria e con la funzione di collegare l’istruzione elementare a quelle superiori di indirizzo.

La Presidenza Segni

Nel maggio 1962 venne eletto alla Presidenza della Repubblica proprio Antonio Segni, personalità moderata che rallento l’inizio della collaborazione tra DC e PSI; tanto più che, nelle lelezioni del giugno 1963, la Democrazia Cristiana perse voti a favore dei liberali, dando l’impressione che l’opinione pubblica punisse le aperture a sinistra di Fanfani.

Il governo Moro e l’inizio del centro-sinistra

L’insuccesso elettorale non impedì comunque la formazione di un governo di centro-sinistra, seppure in un’ottica più prudente; dopo che l’assenso a questa alleanza venne anche dal XXXV Congresso del Partito Socialista, tenutosi a Roma nell’ottobre 1963, nel dicembre fu varato il primo governo cui parteciparono anche i socialisti. Per guidarlo fu scelto un uomo dalle grandi capacità mediatrici, Aldo Moro.

Il centro-sinistra: le opposizioni a sinistra e la nascita del PSIUP

L’esperienza del centro-sinistra non divise esclusivamente il fronte politico moderato ma creò turbamento anche a sinistra, dove soprattutto i comunisti giudicavano la svolta in atto del PSI un cedimento alle richieste dei partiti di governo senza alcuna reale contropartita alle forze del movimento operaio. Fu sulla base di queste convinzioni, che una parte dei deputati socialisti si stacco dal partito e ne fondo uno nuovo, che richiamava nel nome l’esperienza dell’immediato dopoguerra: il PSIUP: Partito Socialista di Unità Proletaria. Il nuovo partito avrebbe agito in continuità strategica con il Partito comunista.

Le difficoltà del centro-sinistra

Questa opposizione a sinistra creò molti problemi al governo, in quanto le riforme auspicate avrebbero potuto essere realizzate solo se non si manifestava un’opposzione politica visibile nel paese; intensificandosi invece l’attività sindacale, su pressione del Partito Comunista, l’azione venne frenata e, colpevole anche una congiuntura economica sfavorevole, non diede luogo a rinnovamenti politici di particolare portata.

L’opposizione della destra al centro-sinistra

La destra estrema attribuiva le responsabilità del fallimento economico all’eccessivo riformismo del centro-sinistra e all’abbandono di atteggiamenti liberistici; ma l’opposizione della destra conservatrice ebbe momenti ben più drammatici che diedero luogo, secondo alcune ricostruzioni storiche ancora da determinare con esattezza, a progetti eversivi.

Il “piano Solo”

Quando il governo Moro si dimise nel luglio 1964, si parlò di una pressione per evitare il ripetersi di un governo di centro-sinistra, esercitata da importanti settori dell’esercito, che facevano capo al generale De Lorenzo: questi aveva in mente un progetto di colpo di stato denominato, secondo quanto venne appurato in sede giudiziaria, “piano Solo”, da realizzarsi con la collaborazione dei servizi segreti.

Le conseguenze del “piano Solo”

Il colpo di stato non ci fu ma, da quanto si ricava dalle testimonianze di alcuni uomini politici (Nenni parlò di un ““umore di sciabole”), venne vissuto come un’ipotesi reale che condizionò in modo determinante la vita politica del paese. Nenni, superando l’opposizione interna al partito, accettò di partecipare a una nuova esperienza di centro-sinistra molto meno impegnata della precedente dal punto di vista delle riforme. La politica italiana si avviò così verso una nuova stagione di immobilismo.

 

La morte di Togliatti

Sempre nel 1964 morì il segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti; i suoi funerali costituirono uno dei momenti di maggiore mobilitazione di massa della storia dell’Italia repubblicana, da stupire gli stessi capi del comunismo mondiale radunati per l’occasione nel paese. La morte di Togliatti non ebbe immediate conseguenze sulla strategia del partito, ma l’ultimo documento del segretario, noto come testamento di Yalta, conteneva alcune critiche al modello sovietico e auspicava la ricerca di vie originali e nazionali al socialismo.

Giuseppe Saragat Presidente della Repubblica

Il 1964 vide un altro avvenimento importante per la storia d’Italia: l’elezione, in dicembre, del segretario del PSDI a Presidente della Repubblica. Questa elezione, poteva essere un avvenimento tale da rivedere gli equilibri nella coalizione di centro-sinistra, aumentando il peso delle forze socialiste non marxiste.

La possibile riunificazione socialista e il suo fallimento

Dopo infatti l’allontanamento del PSI dal modello sovietico, sembrava possibile una riunificazione con i socialdemocratici, che avvicinasse le forze socialiste italiane ai grandi partiti socialdemocratici dei paesi scandinavi e della Germania. Le trattative però furono vane, anche perché, nei documenti ufficiali, i vertici del Partito socialista non rinunciavano a un richiamo, sia pure solamente di principio e unito a una fondamentale accettazione dei principi economici capitalistico-occidentali, ai principi del marxismo.

La legge sull’ordinamento regionale

Il fallimento del progetto di riunificazione socialista comportò un ulteriore rallentamento delle riforme, che caratterizzò tutta la nuova esperienza del governo Moro e che sarebbe stato scosso dalle imminenti manifestazioni di massa nel biennio 1968/’69. L’unica vera atto significativo realizzato da questo governo fu la legge sull’ordinamento regionale, che dava finalmente attuazione –dopo  ventidue anni dall’approvazione del carta costituzionale!- all’autonomia delle regioni.