24
Nov
2006

Le ideologie del Risorgimento

CAPITOLO QUINTO

LE IDEOLOGIE DEL RISORGIMENTO

I fallimenti dei moti del 1831

Il fallimento dei moti rivoluzionari nel 1831 diede luogo a un’intensa attività di elaborazione politica, tesa a mettere in discussione la strategia sino a ora utilizzata per realizzare l’indipendenza e l’unità dell’Italia; ci si interrogò non solo sulla tattica da adottare nella lotta contro il dominio straniero, ma anche sulla natura politica del futuro stato italiano.

Il passaggio dal ‘700 all’ ‘800

Queste riflessioni condussero i liberali italiani ad allontanarsi dal modello insurrezionale giacobino, legato all’esperienza della rivoluzione francese e, soprattutto, a cogliere l’inefficacia operativa delle società segrete; i politici italiani acquistarono consapevolezza delle mutate condizioni storiche e, piuttosto che riferirsi alla passata mentalità illuministica, preferirono i recenti principi intellettuali e politici elaborati dalla cultura romantica.

Le ideologie risorgimentali e lo Stato italiano

Delle tre grandi correnti ideologiche risorgimentali che esamineremo (il mazzinianesimo, il neoguelfismo e il federalismo), nessuna troverà concreta applicazione nel futuro Stato italiano; ognuna di queste teorie politiche anticipa e coglie aspetti determinanti della situazione nazionale, ma sottovaluta altre questioni fondamentali per il compimento dell’unificazione politica.

Il valore delle ideologie risorgimentali

Al di là però della loro capacità maggiore o minore di condizionare gli avvenimenti storici, che valuteremo in seguito, tale patrimonio ideologico è alla base della storia politica dello Stato italiano; alcune tradizioni politiche o organizzazioni partitiche, che condizioneranno la storia del nostro paese, si richiameranno queste elaborazioni politiche. La loro conoscenza è perciò fondamentale non solo per approfondire la dinamica storica del risorgimento italiano, ma anche per comprendere il futuro dibattito politico che caratterizzerà il nostro paese.

Giuseppe Mazzini

La critica alla carboneria

Giuseppe Mazzini è il primo patriota che propone una severa critica all’organizzazione del movimento insurrezionale in società segrete; il fallimento dei moti del 1831 era dovuto, a suo parere, al carattere elitario di queste associazioni clandestine, che non riuscivano a coinvolgere il popolo negli ideali di liberazione.

Gli anni giovanili

Educato secondo rigidi criteri religiosi, il giovane Mazzini si sentiva portato per la carriera letteraria; la particolare situazione storica lo convinse a dedicarsi all’attività politica e, nel 1827, entra nella Carboneria. La critica che egli propone delle società segrete scaturisce dunque da un’esperienza diretta.

L’esilio
Mazzini viene arrestato nel 1831, in seguito alla scoperta di un complotto carbonaro; fra il confino e l’esilio, egli sceglie quest’ultimo, recandosi a Marsiglia; qui venne a contatto con diversi esuli italiani, fra cui Filippo Buonarroti, collaboratore di Babeuf nella congiura degli eguali e sostenitore di un ideale politico comunista; Buonarroti era a capo di alcune fra le maggiori società segrete italiane (I Sublimi Maestri Perfetti e il Mondo)    .
 
 
Rivoluzione e religione

Le discussioni con Buonarroti lo convinsero della necessità di allontanarsi dal modello insurrezionale proprio della rivoluzione francese: da una parte, di quel modello, Mazzini rifiutava l’impostazione laica se non addirittura atea, in quanto era convinto che alla rivoluzione bisognasse dare un profondo senso religioso; d’altra parte, riteneva che ogni popolo dovesse trovare in modo originale le strategie per raggiungere la propria liberazione.

La riflessione sulla rivoluzione francese

Mazzini non rifiutava in sé il modello francese, ma riteneva appartenesse a un’epoca passata e che non potesse essere riproposto nelle condizioni storiche contemporanee; la ragione per cui vi erano molti martiri fra i rivoluzionari stava nella falsa speranza che questi avevano nei confronti della Francia quale Stato guida.

Il popolo e l’influenza romantica

Era necessario invece che ogni popolo trovasse una propria originale aspirazione; Mazzini risente profondamente della diffusione della cultura romantica, da cui riprende il concetto di popolo, inteso come unità culturale e spirituale: era necessario che ogni individuo combattesse per la missione che Dio aveva assegnato al suo popolo.

La religiosità di Mazzini

L’ideale politico di Mazzini è dunque fortemente permeato di sensibilità religiosa: una religione che non si identifica però con il cattolicesimo, ma con un Ente supremo indefinito, che guida ogni popolo alla propria missione spirituale. E’ evidente, anche in questa particolare concezione della divinità, la presenza di una forte influenza romantica.

Il repubblicanesimo

Mazzini era sostenitore convintissimo della forma repubblicana dello Stato, la sola che potesse realizzare un’effettiva unità del paese e che eliminasse tutte le dinastie monarchiche che per secoli, ai fini di difendere il proprio interesse personale, avevano preferito mantenere diviso il territorio italiano.

Il rifiuto del socialismo

Mazzini era anche un tenace oppositore del pensiero socialista: da una parte disprezzava il materialismo ateo, incapace di individuare nei popoli una tensione spirituale; dall’altra riteneva che la lotta di classe, auspicata dai teorici del socialismo, mettesse in crisi la coscienza unitaria del popolo, necessaria per raggiungere l’indipendenza.

La questione sociale

Mazzini non sottovalutava la questione sociale, per cui le classi lavoratrici per cui le classi lavoratrici vivevano una situazione di intollerabile sfruttamento; riteneva giusta la rivendicazione degli operai di potersi riunire in associazioni autonome. Era convinto però che gli scontri sociali andassero risolti attraverso un’opera di mediazione e che gli interessi di classe fossero subordinati ai più alti interessi nazionali.

Mazzini e la democrazia

La forma repubblicana era l’unica, a parere di Mazzini, a consentire un’autentica democrazia; Mazzini, però, non concepiva la democrazia come governo di tutti, ma la identificava con un governo che curasse\ l’interesse del popolo. Mazzini non negava l’autorità, purché fosse esercitata da uomini insigni, che volessero favorire il benessere della collettività.

La questione contadina

Quasi tutti gli storici condividono il giudizio secondo il quale l’errore principale di Mazzini fu di avere ignorato la questione contadina; in effetti il ceto contadino rappresentava la stragrande maggioranza della popolazione italiana e non si poteva parlare di coscienza spirituale del popolo senza tenerla in considerazione. Probabilmente Mazzini si rendeva conto che rivolgere discorsi di liberazione nazionale direttamente ai contadini avrebbe spaventato le classi medie.
 
La concezione economica di Mazzini

D’altra parte Mazzini era contrario alla messa in discussione della proprietà fondiaria: egli non si riprometteva la critica del diritto di proprietà e quindi una redistribuzione della ricchezza agricola.

I limiti del mazzinianesimo

L’ignorare le esigenze di una parte così vasta della popolazione italiana, per di più fortemente condizionata dal potere ecclesiastico, si riflesse sull’andamento dei moti mazziniani: questi furono ispirati sempre da un élite intellettuale e ricaddero, di conseguenza, nel settarismo delle società segrete che intendevano combattere.

Gli esponenti mazziniani

A sostenere il pensiero di Mazzini furono per lo più singoli esponenti intellettuali o militari che avevano forte motivazione politica ma che, come era già accaduto in passato, non potevano contare sul favore delle masse. Infatti i contadini, cui Mazzini non si rivolgeva direttamente, e gli operai, che preferivano le ideologie socialiste, non furono sostenitori del progetto politico mazziniano; anche le classi medie erano spaventate dall’appello di Mazzini all’insurrezione.

Il fallimento dei moti mazziniani

L’ideologia mazziniana ha avuto un’importanza enorme per la cultura politica del nostro paese; quest’importanza è inversamente proporzionale al successo che ebbero i moti organizzati da Mazzini, che fallirono quasi tutti miseramente, per le ragioni che si sono addotte sopra.

L’importanza dei moti mazziniani

Nonostante questo, i moti organizzati dalle associazioni mazziniane ebbero una loro importanza: da una parte, incutendo fra i politici conservatori il timore di un’insurrezione repubblicana, spinsero le diplomazia a realizzare l’unità d’Italia; dall’altra sensibilizzarono l’opinione pubblica europea alla causa italiana, favorendo un atteggiamento di ostilità dei rispettivi governi ostile nei confronti delle pretese egemoniche dell’Austria.

Le critiche a Mazzini

Fra l’opinione pubblica europea si diffuse però anche un atteggiamento critico verso l’azione insurrezionale di Mazzini: questa dava infatti origine a moti di scarso effetto, che costavano la vita a un considerevole numero di giovani. Mazzini venne criticato proprio per il costo in vite umane che la sua strategia comportava, non giustificato dagli scarsi risultati politici ottenuti.

La Giovine Italia
La Giovine Italia fu l’associazione politica clandestina fondata da Mazzini nel 1831; non aveva il carattere settario della carboneria perché, pur clandestina, reclutava i suoi affiliati fra tutti coloro che condividevano l’ideale mazziniano. L’organizzazione si proponeva di provocare una sollevazione popolare sul modello dell’insurrezione spagnola del 1820.

Carlo Alberto

L’organizzazione venne fondata contemporaneamente alla morte di Carlo Felice e all’ascesa sul trono piemontese di Carlo Alberto, sul quale molti liberali fondavano le speranze di rinnovamento politico.

La lettera a Carlo Alberto

Mazzini spedì immediatamente una lettera al nuovo monarca, chiedendogli di dedicare la propria politica all’indipendenza italiana e di allearsi, di conseguenza, con le forze liberali. Numerose interpretazioni storiche si sono avute a proposito di questa lettera, dove Mazzini pare allontanarsi dalle proprie convinzioni repubblicane; Carlo Alberto, del resto, manteneva una mentalità reazionaria analoga a quella dei suoi predecessori ed era ostile al modello di monarchia costituzionale impostosi in Francia.

 
 
Gli arresti del 1833

Nel 1833 venne scoperta a Genova una struttura clandestina de la Giovine Italia con molti arresti e numerose condanne a morte; uno dei principali affiliati,Jacopo Ruffini, si uccise in carcere. Successivamente fallirono anche un tentativo di spedizione di esuli in Savoia e un altro di insurrezione a Genova.

Garibaldi
Nelle formazioni partigiane si distinse anche, per la prima volta, la personalità di Giuseppe Garibaldi: convinto dagli ideali mazziniani, si arruolò nella marina sabauda con l’intento di diffonderli. Dopo i fatti di Genova fu condannato a morte in contumacia e si imbarcò per il sud America; Garibaldi fu protagonista anche della storia sudamericana, partecipando alla guerriglia contro il dittatore argentino Rosas.
 
Le doti di Garibaldi

Garibaldi era estremamente capace dal punto di vista militare, dimostrando grande abilità strategica nel muoversi in battaglia; dal punto di vista teorico, invece, era piuttosto ingenuo e non intendeva più di tanto il pensiero mazziniano, per il quale pure lottava. Ogni sua azione era motivata da un senso di solidarietà nei confronti di tutti i popoli oppressi.

La Giovine Europa e il movimento cartista

Nel 1834 Mazzini fonda la Giovine Europa, cui aderirono esuli di varie nazionalità; nel 1837 si trasferì a Londra, dove venne in contatto con gli esponenti delmovimento cartista [cfr. cap. 1, p.8]. Dal 1840 riprese a riorganizzare diversi movimenti insurrezionali, in Sicilia, Toscana, Abruzzi, Lombardo-Veneto, in Emilia:

I fratelli Bandiera

Il più celebre fu quello promosso dai fratelli Bandiera, due ufficiali della marina austriaca che avevano aderito al programma mazziniano. La loro intenzione era di sbarcare sulle coste della Calabria, contemporaneamente a un movimento insurrezionale che sarebbe dovuto scoppiare nel nord Italia; la difficoltà di comunicazione fra le diverse organizzazioni portò al fallimento della loro iniziativa.

La sconfitta del moto

Nel giugno 1844 i Bandiera sbarcarono in Calabria, nonostante che lo stesso Mazzini li avesse sconsigliati;catturati dalle guardie borboniche furono fucilati insieme a sette compagni. Il fatto commosse tutti gli ambienti liberali, e Mazzini, a causa dei metodi della sua organizzazione, fu messo sotto accusa.

DATE:

1827                                                       : Mazzini entra nella carboneria

1831                                                       : arresto ed esilio a Marsiglia

1831                                                       : fondazione della Giovine Italia

1831                                                       : Carlo Alberto re del Regno di Savoia

1833                                                       : arresto di militanti mazziniani; suicidio di Jacopo Ruffini

1834                                                       : Fondazione della Giovine Europa

giugno 1844                                         : spedizione dei fratelli Bandiera

PERSONAGGI:

Giuseppe Mazzini – Filippo Buonarroti – Jacopo Ruffini – Giuseppe Garibaldi – Fratelli Bandiera

DOMANDE:

1) Quali riflessioni causò, negli ambienti liberali italiani, il fallimento del moto del 1831?

2) Riprendi le considerazioni proposte sul contributo delle ideologie risorgimentali all’evolversi del                                  pensiero politico italiano.

3) Sintetizza l’esperienza formativa di Mazzini, dalla sua iniziale adesione al programma delle società                                 segrete a una severa critica della loro struttura organizzativa.

4) Spiega perché fu importante, per Mazzini, la sua permanenza a Marsiglia.

5) Spiega in modo dettagliato la presa di distanza di Mazzini dall’esperienza della rivoluzione                                         francese.
 
6) Individua l’influenza della cultura romantica sul pensiero di Mazzini.
 
7) Sottolinea il valore attribuito da Mazzini al concetto di popolo.
 
8) Individua la particolare concezione religiosa presupposta dall’ideale politico mazziniano.
 
9) Spiega i motivi per cui Mazzini prevedeva la forma repubblicana dello Stato.
 
10) Perché Mazzini dimostra un’aperta ostilità verso il pensiero socialista?

11) Spiega come Mazzini intendesse affrontare la questione sociale.

12) Considera la sottovalutazione della questione contadina: quali i motivi?

13) Individua i principali limiti della proposta politica mazziniana.

14) Riprendi la concezione economica di Mazzini…

15) e il suo modo d’intendere la democrazia.

16) Quale importanza ebbero i moti insurrezionali organizzati dalle associazioni mazziniane?

17) Quali furono le principali organizzazioni fondate da Mazzini? in quali anni?

18) Come reagì Mazzini alla nomina di Carlo Alberto a capo del regno piemontese?

19) Sintetizza le principali azioni organizzate dai movimenti mazziniani.

20) Esponi l’attività di Garibaldi all’interno delle organizzazioni mazziniane.

21) Sintetizza il tragico tentativo insurrezionale dei fratelli Bandiera.

Il neoguelfismo

La scuola neoguelfa si rifaceva alla tradizione culturale che vedeva nella Chiesa l’istituzione salvatrice della cultura italiana durante le invasioni barbariche: i valori civili della romanità furono ereditati dalla Chiesa, che si poneva, in questo modo, come la più alta manifestazione della storia occidentale. Questa valutazione era difesa da intellettuali quali De Maistre e Lammenais, ma anche da diversi cattolici italiani, come Alessandro Manzoni, che la espose nella sua ricerca sulla storia dei Longobardi e da Cesare Balbo, nella sua opera: Storia d’Italia sotto i barbari.

Vincenzo Gioberti

Vincenzo Gioberti fu l’intellettuale che trasformò il neoguelfismo in un’autentica ideologia politica, che si poneva il problema dell’unità e indipendenza italiana e, nel contempo, si concepiva come alternativa al pensiero politico di Mazzini.

 
 
Vincenzo Gioberti nella cultura italiana

Il pensiero politico di Gioberti è esposto nell’opera Del primato morale e civile degli italiani; egli inoltre, insieme ad Antonio Rosmini, fu il più importante filosofo cattolico italiano del XIX secolo: il principio della loro filosofia era l’esistenza della divinità trascendente, fondamento di qualsiasi conoscenza umana.

La personalità di Gioberti

Gioberti era, da una parte, solidale con gli ideali patriottici e nazionalisti, tanto che fu anche affiliato alla Giovine Italia; da ecclesiastico, però, respingeva sia la pratica rivoluzionaria sia la possibilità di qualsiasi sovvertimento dell’ordine costituto. Coerentemente all’ortodossia cattolica, egli credeva nella legittimità del potere dei principi e, di conseguenza, non era d’accordo sulla forma repubblicana del futuro Stato italiano.

Il realismo di Gioberti

Se l’opposizione di Gioberti al mazzinianesimo si spiega facilmente con queste premesse ideologiche, nondimeno egli avanzava, nel proporre le proprie convinzioni, anche un’esigenza di realismo. Il fallimento dei moti mazziniani, l’incapacità di quel pensiero di acquistare un consenso di massa, testimonia della sua scarsa idoneità a comprendere la situazione storica e sociale dell’Italia.

Gli errori di Mazzini

Secondo Gioberti, l’insurrezione auspicata da Mazzini non si sarebbe mai verificata, in quanto temuta dalle classi medie, che erano quelle cui Mazzini si rivolgeva: al posto di convincerle, l’idea di rivoluzione le spaventava.

Il consenso al programma unitario

Per far sì che l’ideale di un’Italia unita raccogliesse un consenso di massa, bisognava che questa si realizasse in maniera pacifica, con il consenso di tutti i poteri presenti sul territorio italiano: quindi non contro i principi, ma con il loro parere favorevole.

L’interesse dei principi all’unità d’Italia

I vari principi regnanti, secondo Gioberti, avrebbero avuto tutto l’interesse ad unirsi in una federazione: avrebbero infatti potenziato i loro regni dal punto di vista economico, eliminando le barriere doganali e unificando la moneta; avrebbero smesso di temere il possibile scoppio di una rivoluzione, assicurando così il potere alla loro dinastia.

La dimensione religiosa

Per far sì che questa unità non fosse solo un artificiale unione fra realtà differenti, occorreva che fosse permeata da un sentimento spirituale in cui potesse riconoscersi tutto il popolo italiano; anche Gioberti, analogamente a Mazzini, riteneva necessaria la creazione di una coscienza popolare dell’italianità, da identificarsi con un sentimento di religioso.

Il cattolicesimo e la critica alla religiosità mazziniana

Mazzini aveva però privilegiato una religiosità elitaria, estranea alla cultura del popolo italiano; questi aveva già una propria religione, il cattolicesimo. La coscienza religiosa cattolica doveva dunque essere quell’unità spirituale e culturale capace di unire l’insieme degli Stati in una federazione.

Il ruolo del papa

Gioberti auspicava l’unità dell’Italia attraverso una unione dei diversi Stati in una federazione; in ogni Stato il potere sarebbe rimasto alle legittime dinastie; la federazione sarebbe stata invece guidata dal papa, a indicare l’unità morale e spirituale del nuovo Stato.

 
 
 
Nessuna rivoluzione

L’unione del paese si sarebbe realizzata evitando i pericoli della rivoluzione; avrebbe salvaguardato le monarchie regnanti, conservato il sistema vigente e l’ordine costituito. In fondo Mazzini, a parere di Gioberti era rimasto ancorato al modello rivoluzionario francese, a dispetto delle sue stesse dichiarazioni.
 
Il problema austriaco

Il programma di Gioberti, a prima vista convincente, manifestava la propria debolezza nel momento in cui, risolto il problema della forma istituzionale del futuro Stato, doveva indicare la strategia per liberarlo dal dominio straniero. Gioberti, su questo argomento, manifestava un certo ottimismo: riteneva che il declino dell’Impero Ottomano avrebbe naturalmente portato l’Impero Asburgico a espandere la sua influenza verso i Balcani consentendo, previo accordo diplomatico, l’indipendenza del Lombardo-Veneto.

Cesare Balbo

Questa convinzione, che può sembrare ingenua, era in realtà condivisa da diversi intellettuali del tempo; Cesare Balbo, politico piemontese entusiasta dell’ideologia giobertiana, nello scritto Le speranze d’Italia, affermava la necessità dello Stato piemontese di diventare protagonista del gioco politico-diplomatico che avrebbe condotto alla liberazione del dominio austriaco, spostatosi verso oriente.

La debolezza del pensiero di Gioberti

Il programma politico di Gioberti sembra dunque maggiormente realistico di quello mazziniano; ma il fallimento del programma neoguelfo giungerà proprio dall’istituzione che, in teoria, doveva accoglierlo con maggior favore. La Chiesa e in particolare papa Gregorio XVI e l’ordine dei Gesuiti, manifesteranno una totale ostilità verso questa prospettiva politica.

I critici di Gioberti

Gli avversari del progetto neoguelfo sottolinearono come la Chiesa si fosse sempre dimostrata ostile verso all’unificazione dello Stato italiano; Gioberti però si rifaceva a quella tradizione storica, che abbiamo ricordato all’inizio, che vedeva nella Chiesa l’istituzione salvatrice dell’Italia dopo il crollo dell’Impero romano.

Giuseppe Ferrari

Fra gli oppositori al programma neoguelfo è da ricordare Giuseppe Ferrari, rappresentante di un’impostazione intellettuale ancora legata al modello rivoluzionario francese: egli riteneva assurda una politica che negasse la validità di quell’evento e accusava Gioberti di condizionare la prospettiva dell’unità italiana a una tradizione politica reazionaria.
 
La posizione ufficiale della Chiesa

Al programma neoguelfo la Chiesa opponeva il proprio carattere pastorale, rivolto alla totalità delle coscienze e che non le permetteva di identificarsi con una determinata dinastia o con una particolare nazionalità. Probabilmente la Chiesa temeva anche il fatto che, nel corso del tempo, i partecipanti alla federazione avrebbero potuto contestare il potere del papa.

Diffusione del neoguelfismo

Nonostante il rifiuto della Chiesa ufficiale, il programma neoguelfo conquistò molti intellettuali cattolici, che contribuirono alla vivacità del dibattito culturale italiano: il già ricordato Antonio Rosmini, Niccolò Tommaseo, Raffaello Lambruschini, Gino Capponi.

PERSONAGGI:

Vincenzo Gioberti – Antonio Rosmini – Cesare Balbo – Gregorio XVI – Giuseppe Ferrari – Niccolò Tommaseo – Raffaello Lambruschini – Gino Capponi

DOMANDE:

1) Indica le teorie storiche della scuola neoguelfa e le principali opere nelle quali sono esposte.

2) Quale contributo diede Gioberti al neoguelfismo?

3) Indica le critiche di principio rivolte da Gioberti a Mazzini.

4) Quali erano, secondo Gioberti, gli errori politici commessi da Mazzini?

5) Spiega i motivi per cui Gioberti considerava la propria posizione politica più realista di quella di                                      Mazzini.

6) Indica i motivi per i quali i principi sarebbero stati favorevoli all’unificazione italiana.

7) Distingui fra la concezione religiosa di Gioberti e quella di Mazzini.

8) Descrivi la struttura dello Stato federale ipotizzata da Gioberti e distingui il ruolo dei principi da                                     quello del Papa.

9) Per quale motivo, a parere di Gioberti, Mazzini sarebbe rimasto legato alla tradizione                                         rivoluzionaria francese?

10) Descrivi il modo in cui Gioberti pensava di poter risolvere il problema dell’indipendenza                                                 dall’Austria; riferisciti, contemporaneamente, anche alle tesi di Cesare Balbo.

11) Perché la Chiesa non accettò l’ipotesi neoguelfa?

12) A quale tradizione della storia della Chiesa si richiama Gioberti?

13) Ricorda qualcuna delle personalità del cattolicesimo liberale italiano.

14) Riprendi la posizione critica di Giuseppe Ferrari.

Il federalismo di Cattaneo

La terza importante corrente ideologica del risorgimento italiano è quella federalista di cui Carlo Cattaneo è il principale esponente. Si tratta di una concezione dell’unità italiana in cui erano valorizzate le capacità di autogoverno locale, nel quadro di una forma di governo repubblicana, che eliminasse l’eredità conservatrice delle dinastie regnanti.

La laicità della politica

L’aspetto maggiormente distintivo del federalismo repubblicano rispetto sia all’ideologia mazziniana sia al programma neoguelfo era la concezione laica della politica, indipendente da qualsiasi ideologia religiosa, concepita come legata a interessi conservatori.

La difesa della cultura scientifica

Cattaneo fu uno dei più convinti sostenitori della superiorità della cultura scientifica, capace di realizzare un maggiore progresso sociale; il suo pensiero politico non si applicò solo al problema dell’unità nazionale, ma anche a quello dell’educazione, auspicando una riforma dell’istituzione scolastica che divulgasse un sapere più adeguato ai tempi moderni.

Il Politecnico

Cattaneo pubblicò, dal 1839 al 1844 una rivista intitolata il Politecnico, fra le più importanti dell’800 italiano; in essa comparivano articoli e saggi dedicati a problemi scientifici, economici, pedagogici, politici e sociali.

Il richiamo all’esperienza comunale

Per quanto concerne l’opzione federalista, Cattaneo si richiamava all’esperienza dei Comuni in età medievale; la decadenza italiana era cominciata quando si era perso il senso del municipio e dell’autogoverno locale, con il conseguente imbarbarimento delle città.

Le posizioni moderate dopo il 1848

Dopo il fallimento dei moti del 1848 Cattaneo accentuò il suo riformismo e si dichiarò favorevole al federalismo di popoli autonomi nell’ambito dell’Impero austriaco (era sospettoso verso i Savoia), che doveva poi estendersi a tutte le regioni italiane.

Giandomenico Romagnosi

Un’altra importantissima figura intellettuale della cultura milanese laica e positivista fu Giandomenico Romagnosi che diresse, dal 1827 al 1835 la rivistaAnnali universali di statistica, economia pubblica, storia, viaggi e commercio. La rivista guardava ai paesi occidentali più industrializzati come a un modello che l’Italia doveva seguire per realizzare la prosperità economica.

DOMANDE:

1)   Individua il carattere distintivo della teoria politica di Cattaneo dalle proposte di Mazzini e                          Gioberti.

2) Per quale motivo Cattaneo rifiutò il misticismo religioso mazziniano e giobertiano?

3) Quale tipo di cultura Cattaneo si proponeva di diffondere?

4) Indica l’importanza della rivista Politecnico.

5) Su quale tradizione storica Cattaneo fondava la propria concezione federalista?

6) Distingui il federalismo di Cattaneo da quello di Gioberti.

7) Come si modificò la posizione politica di Cattaneo dopo il 1848?

8) Illustra l’importanza della personalità di Giandomenico Romagnosi e della rivista da lui diretta.