Lucky Riall
(pp. F352/f353)
Il brano parte dalla constatazione che il periodo risorgimentale è stato uno dei più controversi a livello storiografico. In realtà, in alcuni casi (-vd. nella lettura precedente la posizione di Sergio Romano-), si ammette l’esistenza di valutazioni retoriche dovute alla classe politica post-risorgimentale, la quale in questo modo intendeva screditare i governi precedenti della Restaurazione.
Ma due momenti storici contribuiscono a mettere in crisi tali figure retoriche: da una parte la dura realtà post-nazionale, in cui gli ideali risorgimentali, piuttosto che concretizzati, sembrano ai più falliti (tenete presenti tutti i problemi dello stato post unitario): In secondo luogo il fascismo, che segnò il fallimento della classe politica liberale la quale, dopo avere tenuto in mano il governo del paese per oltre 60 anni, non aveva saputo impedire la deriva autoritaria (ma anzi, come vedremo, la aveva in parte favorita).
E’ proprio a partire da quest’ultima riflessione che l’autrice –nella sua sintesi storiografica- presenta le opposte posizioni di Gramsci e di Croce. L’analisi di Croce intende scagionare i responsabili politici della Destra storica dalla responsabilità di avere disperso gli ideali risorgimentali, sia attribuendo le stesse responsabilità ai politici successivi, sia affermando che la democrazia parlamentare fu assicurata dai liberali fino alla prima guerra mondiale. Fu la guerra dunque, e non i liberali, che provocò le nuove condizioni, sfruttate successivamente dal fascismo.
La teoria di Gramsci è stata invece da noi già considerata: egli denuncia le connivenze tra liberalismo e fascismo (questo problema sarà da noi ovviamente trattato più avanti), e sottolinea il patto che la nuova classe politica italiana fece con la proprietà latifondista del Mezzogiorno.
Il conflitto Croce/Gramsci era dunque fra chi esaltava l’eroismo risorgimentale e tra chi invece, ne sottolineava l’arretratezza. A partire da Gramsci, un altro storico marxista, Franco Della Peruta, ha cercato di analizzare i motivi per cui le forze democratiche non seppero promuovere un’azione di massa tra i contadini (Gramsci –vd. sopra- ha già dato la sua risposta: la stessa dirigenza politica del Partito d’Azione subiva l’«egemonia» dei moderati).
Altra posizione liberale rilevante, che si oppone con decisione a Gramsci, è quella dello storico Rosario Romeo (per chi volesse approfondirla, oltre a questa lettura, il manuale presenta un ampio passo dal suo studio), il quale difende la politica della Destra storica poiché considera irrealistica qualsiasi rivoluzione agraria: una rivoluzione di questo tipo –come quella auspicata da Gramsci- non avrebbe per nulla fatto progredire il paese, ma anzi lo avrebbe mantenuto in condizioni di ancora maggiore arretratezza (per cui, anche se ciò sembra ingiusto, fu più utile potenziare l’economia industriale là dove erano già presenti infrastrutture, come il Nord Italia).
L’autrice nota poi come, con la generazione di storici nati dopo il 1945, l’urgenza della discussione sul Risorgimento per comprendere l’arretratezza italiana, sia stata sempre avvertita con meno rilevanza; l’attenzione si è spostata infatti su altri periodi storici che hanno condizionato il processo di modernizzazione, come gli ultimi anni del XIX secolo.