24
Nov
2006

L’Europa agli inizi del 900 e l’età giolittiana

CAPITOLO UNDICESIMO

L’EUROPA AGLI INIZI DEL NOVECENTO
E L’ETA’ GIOLITTIANA

Una corretta interpretazione
L’analisi della situazione degli Stati europei nei primi quindici anni del XX secolo è di estrema importanza, alla luce degli spaventosi eventi che coinvolgeranno il continente nei decenni successivi. Si è ricordata [cfr. cap. 9, p.11] la teoria dell’imperialismo di Lenin, secondo la quale i trentaquattro anni di pace seguiti al Congresso di Berlino non avrebbero preparato altro che la guerra, innescando una competizione economica fra le varie potenze imperialiste.

La dialettica sociale
Un’analisi delle politiche dei governi europei fra il 1900 e il 1914 rivela una situazione più complessa: si assiste infatti ad una dialettica sociale che avrebbe potuto modificare gli equilibri fra le classi, oltre che le caratteristiche dello stesso capitalismo. Il fatto che le riforme sociali, pur attuate in gran parte dei paesi, non ebbero successo, rendendo predominanti gli aspetti più conflittuali dell’economia capitalistica, non vuol dire che in questo anni non ci fu la reale possibilità di cambiare il corso della storia e di allentare la tensione fra le diverse potenze.

I paesi industrializzati e i paesi poveri

Nel quindicennio precedente la prima guerra mondiale è possibile individuare, a livello mondiale, due differenti forme di rivendicazione politica: nei paesi occidentali industrializzati prevalse, fino al 1910, un clima di ottimismo produttivo che si concretizzò in un riformismo politico e in positive riforme sociali; nei paesi più arretrati, invece, la spinta alla modernizzazione provocò lo scoppio di diverse insurrezioni rivoluzionarie.

Le conquiste sociali
Per quanto riguarda l’Europa, in questo periodo si verificano le maggiori conquiste sociali e sembra attenuarsi la mentalità antioperaia del secolo precedente. Il movimento operaio si mantiene entro le coordinate marxiste, ma si sviluppano in seno alla dottrina delle tendenze originali, dette revisioniste, quali il pensiero diEduard Bernstein.

Il riformismo di Bernstein
Bernstein considerava lo sviluppo del capitalismo come portatore di una politica sempre più illuminata e difendeva di conseguenza un modello istituzionale rispettoso della democrazia e in accordo con i partiti progressisti della borghesia. La dottrina di Bernstein venne sconfessata dalla Seconda Internazionale nel congresso di Amsterdam del 1904.

Incremento del sindacalismo
E’ un periodo in cui cresce la forza dei movimenti sindacali, nonostante si registrino molte divisioni all’interno delle organizzazioni operaie; in Europa vennero riconosciute le diverse organizzazioni sindacali: le British Trade Unions Congress nel 1868, la Confederation general du travail nel 1902, la Confederazione generale italiana del lavoro nel 1906. Queste organizzazioni si riunirono internazionalmente nella International Federation of Trade Unions nel 1913.

Il sindacalismo cattolico
Molto rilevante divenne anche il sindacalismo di matrice cattolica, che si opponeva in parte alle posizioni conservatrici della Chiesa; si richiamava per lo più al pontificato di Leone XIII, il successore di Pio IX che, per la prima volta, aveva affrontato in un enciclica (la Rerum Novarum del 15 maggio 1891) la questione sociale [cfr. cap. 10, p.4].

Caratteristiche del sindacalismo cattolico

Il sindacalismo cattolico si differenziava nettamente da quello socialista, per la capacità di fare presa sul mondo contadino e per saper creare una forma di associazionismo operaio su base cooperativa.

Romolo Murri
La personalità più importante del sindacalismo cattolico fu quella di Romolo Murri, l’iniziatore del movimento democratico-cristiano, all’origine osteggiato dall’autorità ecclesiastica. Il movimento fu fondato da una nuova generazione che non aveva vissuto la questione romana; il riconoscimento venne da Leone XIII con l’enciclica Gravaes de communi del 1901; lo stesso Papa invitò i cristiani a uscire dalle sagrestie e a impegnarsi nel sociale.

Pio X
Con la successione a Leone XIII di Pio X la Chiesa ritornò su posizioni conservatrici e si accentuò nuovamente la lotta, iniziata da Pio IX, contro il modernismo, ribadita nell’enciclica Pascendi, cui si dovette adeguare tutta la gerarchia ecclesiastica. Il Papa inoltre sciolse l’Opera dei congressi, l’organizzazione dei militanti cattolici e la ristrutturò curando maggiormente la dipendenza dall’autorità ecclesiastica. I cattolici deputati lo erano a titolo personale, e non in ragione dell’appartenenza a un’organizzazione.

Le riforme sociali in Inghilterra

Con la morte della regina Vittoria e la salita al trono di Edoardo VII, nel 1901, si ebbe l’alleanza fra laburisti e liberali che inaugurò una nuova fase della politica inglese; venne promossa una legislazione sociale senza precedenti: furono istituite leggi sugli infortuni, pensioni per vecchi lavoratori, minimi salariali, sussidi per disoccupazione, fu introdotto a livello fiscale l’imposta progressiva. La Camera dei Lords fu impedita di bloccare le leggi finanziarie.

Le riforme sociali in Francia

In Francia le leggi sociali più significative furono l’istituzione della pensione di vecchiaia e la riduzione dell’orario giornaliero a dieci ore per gli adulti e a otto per i bambini.

La Germania
In Germania il partito socialdemocratico divenne il più grande della nazione, con 4.250.000 iscritti e 110 deputati. Riuscì, in quanto opposizione, a ottenere l’estensione della legislazione sociale (assicurazione, assistenza,), senza indebolire il monopolio del potere delle classi dominanti (Junker).

Scandinavia e Spagna
Condizioni diametralmente opposte in Scandinavia e Spagna: nei paesi nordici la legislazione sociale era tra le più avanzate dell’intera Europa e si attuarono modifiche in senso liberale della Costituzione; in Spagna, invece, le riforme promosse da Alfonso XIII furono poco significative.

Gli Stati Uniti
Negli Stati Uniti la mancanza di una significativa forza socialista favorì la politica di riforme, in quanto non si temevano rivendicazioni radicali: nel 1914 fu varata la legge antitrusts, quindi si impose la progressività dell’imposta, il suffragio universale per i senatori, l’estensione del diritto di voto alle donne.

La reazione al processo di riforme

La borghesia dei diversi paesi ebbe un atteggiamento di ostilità verso questa politica sociale e impose, a partire dal 1910, una loro restrizione in seguito all’aggravarsi della situazione internazionale e per la concorrenza economica fra gli Stati. Sia in Inghilterra sia in Francia si registrarono alcune repressioni di scioperi operai.

 
I paesi arretrati
Come si è detto prima, mentre i paesi industrializzati praticavano una politica di riforme, nei paesi sottosviluppati si manifestava una forte esigenza di modernizzazione; questa era stata avviata dalle potenze coloniali occidentali, in maniera però contraddittoria: da una parte, infatti, avevano messo in contatto queste popolazioni con un modello di sviluppo nettamente più avanzato, dall’altra non le avevano fatte partecipare a questo progresso, ma unicamente sfruttate come manodopera a basso costo.

Le insurrezioni
Mentre dunque la modernizzazione produce in Europa e negli Stati Uniti una legislazione riformatrice, i paesi sottosviluppi sono percorsi da moti rivoluzionari, con i quali si rivendica un cambiamento della struttura politica e sociale: gli eventi più eclatanti sono quelli che riguardano la Russia, la Persia e il Messico.

La rivoluzione russa del 1905

La rivoluzione russa del 1905 ha una grande importanza storica, soprattutto per il fatto di costituire un precedente della grande rivoluzione d’ottobre del 1917, che cambiò radicalmente la storia d’Europa. La Russia fino ad allora aveva visto il frequente ripetersi di rivolte, per lo più contadine e il rafforzarsi delle forze rivoluzionarie, populiste, anarchiche e socialiste, divise queste ultime in menscevichi e bolscevichi.

La domenica di sangue
L’avvenimento più eclatante si ebbe il 22 gennaio 1905, la domenica di sangue, quando una massa di lavoratori a Pietroburgo, guidata dal prete ortodossoGiorgio Gapòn, si diresse verso il palazzo d’inverno per presentare una petizione allo zar. La repressione costò centinaia di morti, che provocarono un forte sdegno.

I soviet
Su iniziativa dei menscevichi si costituì un consiglio (soviet) operaio che prese la direzione del movimento proletario; i liberali organizzarono una lega dei contadini e ci furono diversi ammutinamenti nell’esercito. I soviet  saranno le organizzazioni politiche protagoniste della rivoluzione del 1918, che idealmente si ricollegheranno proprio a questa prima insurrezione.

L’ammutinamento della Potemkin
Un avvenimento famoso legato alla rivoluzione che rimase a lungo nella fantasia popolare, fu l’ammutinamento della nave Potemkin, avvenuto il 14 giugno 1905. L’equipaggio si ammutinò per la carne guasta che veniva data per rancio; il plotone di esecuzione si rifiutò di fucilare i rivoltosi, ufficiali furono gettati a mare, la nave innalzò la bandiera rossa e si diresse verso le coste della Romania, dove l’equipaggio fu internato.

Gli scioperi
Sorsero diversi soviet che coordinarono la rivolta fra i centri rurali e urbani: in ottobre ci fu uno sciopero generale con 1.750.000 lavoratori, che chiedeva l’assemblea costituente e il suffragio universale; allo sciopero si aggiunsero i ferrovieri che immobilizzarono l’intero paese. Il 26 ottobre a Pietroburgo ebbe luogo la prima riunione di un soviet rivoluzionario, che tentava di coordinare gli scioperi.

La Duma
Lo zar concesse infine l’istituzione di un parlamento (duma), che avrebbe dovuto promuovere nuove leggi. Le dume furono quattro, vie via meno democratiche: il governo, terminata la guerra col Giappone, poteva utilizzare nuovamente la forza repressiva e militare. La duma della speranza (1906) fu sciolta non appena sollevò la questione agraria; nel 1907 fu eletta la duma della collera, con una maggioranza favorevole alla riforma democratica dello Stato. La terza duma fu maggiormente controllata, grazie a una limitata legge elettorale voluta dallo zar; la quarta dei signori fu sciolta durante la rivoluzione del 1917.

La rivoluzione in Persia
La rivoluzione persiana, repressa dagli inglesi che non volevano perdere il controllo delle zone petrolifere, è utile per comprendere la modificazione sociale realizzatasi nei paesi terzi dopo il contatto con l’occidente: i giovani benestanti, che erano andati a studiare all’estero, i membri del clero e gli intellettuali volevano imporre ordinamenti democratici.

Le contraddizioni dell’occidente

Nella repressione della rivoluzione persiana si coglie l’atteggiamento contraddittorio dell’occidente, da una parte teso a rafforzare la democrazia al proprio interno, dall’altra pronto a impedirne lo sviluppo nei paesi subordinati per non vedersi sottratte le materie prime di cui aveva bisogno.

La rivoluzione in Messico
La rivoluzione messicana è legata al nome di leggendari personaggi, quali Emiliano Zapata e Pancho Villa. La costituzione che venne concessa nel 1917  fu tra le più avanzate del mondo: prevedeva la proprietà comune della terra, il diritto di sciopero, la giornata lavorativa di otto ore, il divorzio, il diritto di voto anche per le donne. Non tutti però questi principi trovarono effettiva realizzazione pratica.

DATE:

1868                                                                      : nasce la Britisch Trade Unions Congress

15/05/1891                                                            : Rerum Novarum

1901                                                                      : enciclica Gravaes de communi

1901                                                                      : Edoardo VII sale al trono in Inghilterra

1902                                                                      : nasce la Confederation general du travail

22/01/1905                                                            : domenica di sangue

14/06/1905                                                            : ammutinamento della Potemkin

1906                                                                      : nasce la Confederazione generale italiana del lavoro

1913                                                                      : si costituisce la International Federation of Trade Unions

1914                                                                      : legge antitrusts negli Stati Uniti

1917                                                                      : costituzione messicana

PERSONAGGI:

Eduard Bernstein – Leone XIII – Pio X – Romolo Murri – Edoardo VII – Alfonso XIII – Giorgio Gapon – Emiliano Zapata – Pancho Villa

DOMANDE

1) Quale valutazione storica offrono i primi quindici anni di storia europea del Novecento, in relazione alla                      teoria dell’imperialismo?

2) Quale differente sviluppo hanno i paesi industrializzati e i paesi poveri?

3) Precisa l’atteggiamento riformista di Eduard Bernstein.

4) Come giudicò la Seconda Internazionale le posizioni di Bernstein?

5) Indica i nomi delle principali organizzazioni sindacali europee e il loro organismo internazionale.

6) Come mutò la politica ecclesiastica dal pontificato di Leone XIII a quello di Pio IX?

7) Chi fu Romolo Murri?

8) Indica le principali riforme sociali attuate in Inghilterra, Francia e Germania.

9) Perché negli Stati Uniti era favorita una politica di riforme?

10) Indica i principali avvenimenti della rivoluzione russa del 1905.

11) Che cosa erano i soviet?

12) Distingui le diverse fasi della duma.

13) Quali significative riflessioni propone la rivoluzione in Persia, sia sulla società asiatica sia                                              sull’atteggiamento occidentale?

14) Delinea le conquiste principali della rivoluzione messicana.

L’età giolittiana
Con il periodo chiamato età giolittiana, che si estende dal 1903 al 1914 l’Italia avvia finalmente quelle riforme che i governi della destra e della sinistra si erano ostinati a rimandare e che il regicidio di Umberto I aveva reso ancora più urgenti. Giolitti torna al governo in un clima politico mutato, favorevole alla sua linea moderata circa il ruolo dello Stato rispetto ai conflitti sociali.

I progressi dell’Italia
In questo periodo, oltre a una superiore e più civile dialettica sociale, l’Italia realizza un progresso industriale senza precedenti e si avvicina, allo sviluppo degli altri paesi europei. Pure non mancarono gli aspetti negativi di questo progresso, che avvenne, come in precedenza, a spese del meridione.

Giolitti ministro
Giolitti aveva potuto già dimostrare la propria capacità di statista quando, dal 1901 al 1903 era stato ministro dell’interno nel governo Zanardelli; in qualità di responsabile dell’ordine pubblico aveva dimostrato come le manifestazioni di sciopero potevano essere controllate senza ricorrere necessariamente alla repressione.

Le condizioni della plebe
L’atteggiamento politico di Giolitti si giustificava in base alle condizioni in cui vivevano in Italia le classi povere. Nel suo Memoriale del 1900, rivolto contro Sonnino, egli si dichiarava esterrefatto per le condizioni in cui viveva parte del popolo italiano e manifestava preoccupazione per i disordini che si sarebbero creati se fossero diventate coscienti dei suoi diritti.

Il ruolo dello Stato
Lo Stato, a parere di Giolitti, non doveva essere il difensore degli interessi padronali, ma il mediatore fra le varie rivendicazioni: era dovere del governo mostrare un atteggiamento imparziale nei confronti dei suoi cittadini, a qualunque classe essi appartenessero; inoltre lo Stato, difendendo la classe padronale e impedendo la contrattazione, turbava l’attività economica e si rendeva ostile alla maggior parte della popolazione italiana, che lo considerava una controparte.

Il diritto di sciopero
Gli operai avevano pieno diritto a scioperare per rivendicare i loro diritti, da ottenersi previa contrattazione con gli imprenditori; lo Stato doveva solo badare che gli scioperi non turbassero l’ordine pubblico e che gli operai potessero entrare liberamente nelle fabbriche, qualora non volessero partecipare alle agitazioni.

Le alleanze parlamentari
Con questa politica Giolitti sperava di ottenere una larga maggioranza parlamentare, che comprendesse le forze rappresentative della parte più progressista della borghesia e i socialisti moderati.

Ammirazione dei socialisti
Alcuni socialisti riformisti, come Treves e Turati nutrirono una sincera ammirazione per Giolitti. Il 22 giugno 1901 i socialisti, con realismo politico, votarono a favore del ministero dell’interno giolittiano, in seguito alla reazione equilibrata che questi ebbe durante gli scioperi nel mantovano del 1901.

 
Turati e i socialisti riformisti

La strategia di Filippo Turati -coadiuvato da Anna Kuliscioff- era quella di difendere il governo moderato e far sì che non fosse prevaricato dal conservatorismo radicale; la pratica politica di Turati si avvicinava così alle tesi riformiste di Bernstein. Nel 1908 Turati riprese in mano le redini del partito e riuscì a mantenere nelle mani dei riformisti la guida della CGIL, sconfiggendo la corrente massimalista precedentemente maggioritaria.

Le riforme di Giolitti
Giolitti legò il suo nome a una serie importante di riforme sociali, stringendo una tacita intesa con il Partito socialista e, in particolare, con Filippo Turati: favorì le condizioni di donne e fanciulli nelle attività lavorative, promosse un’assicurazione contro gli infortuni, istituì pensioni per anziani e creò un Consiglio Superiore del Lavoro.

Il divario nord-sud
Ad avvantaggiarsi dell’intesa fra Giolitti e Turati fu soprattutto il proletariato del nord, che vide migliorare sensibilmente le proprie condizioni salariali e il proprio tenore di vita; rimase invece cronica la situazione delle masse contadine nel mezzogiorno.

La questione meridionale
La politica nei confronti del meridione è uno dei momenti meno edificanti dell’attività di Giolitti, che gli procurò moltissime critiche, alcune di tono assai aspro, già dai suoi contemporanei. La crisi cronica del mezzogiorno italiano era già allora analizzata dai vari economisti, soprattutto in relazione al recente fenomeno di industrializzazione del nord.

L’analisi di Francesco Saverio Nitti

L’economista Francesco Saverio Nitti aveva una visione ottimistica, in quanto riteneva che le rimesse degli emigranti, lo spopolamento delle campagne e l’attenuazione della concorrenza fra i contadini avrebbero ravvivato l’economia agricola del meridione.

La denuncia di Gaetano Salvemini

Durissima invece fu la denuncia rivolta a Giolitti da Gaetano Salvemini, in un’opera intitolata Il ministro della malavita: vi denunciava un atteggiamento coloniale del nord verso il sud e criticava a questo proposito i socialisti per il sostegno corporativo agli operai del nord. Ribadiva inoltre la necessità di liquidare la proprietà latifondista, di abolire il dazio sul grano e la politica protezionistica e di organizzare un credito agrario.

Le elezioni truccate
Salvemini si riferiva poi alla pratica manipolatoria, delle elezioni nel meridione, realizzata con la complicità dei prefetti e delle forze camorristiche, con i quali ci le assicurava il consenso dei grandi latifondisti, continuando l’opera di ingiustizia sociale dei precedenti governi di destra e di sinistra.

La rivoluzione industriale italiana

Durante il periodo giolittiano si assistette ad una vera rivoluzione industriale italiana: aumentò il valore dell’industria manifatturiera e della produzione metallurgica; sorse in questi anni l’industria automobilistica: la FIAT fu fondata nel 1899 a Torino. Le Banche assunsero un ruolo fondamentale nel settore degli investimenti; l’agricoltura invece, registrò una flessione, con la tensione sociale nelle campagne e l’aumento dell’emigrazione meridionale.

Il 1907
Il 1907 è l’anno in cui il giolittismo inizia a entrare in crisi, per un atteggiamento più radicale delle parti sociali; a favorire questa tensione sociale fu lo stesso Giolitti con la sciagurata decisione di colonizzare la Libia. Per ora ci limitiamo a constatare l’intransigenza di alcuni settori della borghesia, che contestarono l’alleanza con i socialisti, e la ripresa delle agitazioni da parte del sindacalismo rivoluzionario.

La caduta del governo
Il governo Giolitti cadde nel 1909 in seguito alla volontà di introdurre l’imposta progressiva e fu sostituito dal ministero Luzzati, dal marzo 1910 al marzo 1911.

Il ritorno al governo e la riforma elettorale

Giolitti poi tornò al governo e restò in carica sino al 1914: promosse una riforma elettorale che non pose più limiti al suffragio universale maschile: potevano votare tutti i trentenni che avessero prestato il servizio militare. Gli elettori passarono da 3.319.207 a 8.672.249.

Le ultime riforme
Le ultime due riforme che promosse Giolitti furono la statalizzazione delle assicurazioni sulla vita, con lo scopo di salvaguardare i risparmiatori dai frequenti fallimenti delle società di assicurazioni, e l’ordinamento della scuola elementare; la legge sulle assicurazioni stabiliva che gli utili del nuovo istituto –Istituto Nazionale delle Assicurazioni– sarebbero stati destinati alla cassa di previdenza sociale e di invalidità.

La politica estera
Si è sopra sostenuto che la crisi del giolittismo fu anche favorita dall’iniziativa coloniale in Libia. Giolitti intendeva realizzare una politica estera più dinamica, sganciata in parte dalla Triplice Alleanza. Dal 1907 l’Italia aveva intrapreso una politica di espansione economica in Libia, tramite il banco di Roma, che attirò il sospetto delle autorità turche. Questa tendenza espansionistica venne favorita da una pressante campagna culturale e di stampa, contemporaneamente alla crisi franco-germanica seguita all’occupazione francese del Marocco.

Gli schieramenti
Promossero l’iniziativa: il movimento nazionalista, la cui propaganda si imperniava sia sulla terra da destinare agli emigranti italiani, sia sulla necessità di riscattare la sconfitta di Adua; i cattolici furono favorevoli, da una parte perché volevano far dimenticare l’antistatalismo degli anni precedenti, dall’altra perché sostenevano un’azione contro i mussulmani turchi; anche i sindacalisti rivoluzionari e alcuni socialisti sostennero l’impresa.

Le ragioni dei socialisti
I socialisti che si schierarono a favore della colonizzazione della Libia, come Bissolati, lo fecero perché temevano che in caso contrario Giolitti non avrebbe più concesso la riforma elettorale. La maggiorparte del partito fu però contraria alla guerra, insieme ad altre personalità, quali Salvemini ed Einaudi.

Le difficoltà della guerra
Giolitti si lasciò convincere e la guerra fu dichiarata il 26 settembre 1911, nonostante la Turchia fosse disposta a concedere ampie dilazioni sul piano economico. Tutta la stampa internazionale mostrò ostilità all’impresa italiana e la resistenza dei turchi e delle popolazioni arabe locali fu valorosa. Con il trattato di pace, firmato a Losanna il 18 ottobre 1912, l’Italia occupava la Libia ma rispettava la libertà religiosa dei musulmani. La conquista completa fu però possibile solo nel 1913.

Le conseguenze della guerra di Libia in politica interna

La guerra di Libia fu importante sul piano interno, perché indirizzò sulla destra nazionalista tutte le simpatie delle forze borghesi contrarie alla politica riformista di Giolitti; la guerra libica portò anche in primo piano la corrente massimalista, organizzata intorno a Benito Mussolini, che nel 1912 riuscì a far espellere dal partito Bonomi, Bissolati e altri che avevano appoggiato l’intervento in Libia. Turati, interrotto oramai il dialogo con Giolitti, non riuscì più a mantenere unito il partito.

Errore di Giolitti
Come si vede l’errore di Giolitti, nel favorire l’impresa di Libia, fu quello di avere favorito l’iniziativa delle forze estremiste (nazionaliste e massimaliste) che la sua politica era riuscita a mantenbere ai margini; piuttosto di tranquillizzare l’opinione pubblica a lui favorevole, Giolitti rafforzò le posizioni di coloro che lo contrastavano.

Il patto Gentiloni
Un altro avvenimento importante legato alla politica di Giolitti fu il patto Gentiloni, un’alleanza elettorale fra cattolici e liberali per contrastare il potere dei socialisti; Giolitti lo strinse perché, una volta terminata l’alleanza con i socialisti doveva formare un nuova maggioranza parlamentare. Il patto Gentiloni segna il definitivo abbandono, da parte dei cattolici, del non expedit.

Le elezioni del 1913
Alle elezioni del 1913 furono eletti 310 liberali, di cui 228 con i voti cattolici; i socialisti salirono a 59; i riformisti ebbero 19 deputati, 73 i radicali, 29 i cattolici e 3 i nazionalisti. Fu questa la camera che deciderà l’ingresso in guerra dell’Italia.

Salandra e la settimana rossa

Le funzioni di Giolitti furono raccolte da Antonio Salandra, che applicò una politica non molto differente da quella del predecessore. Durante tale governo si verificò la settimana rossa, una serie di scioperi seguiti a un eccidio operaio verificatosi ad Ancona. Alla testa del movimento c’era Mussolini, da poco direttore del’Avanti!, Enrico Malatesta e Pietro Nenni; a un mese dalla settimana rossa scoppiò la prima guerra mondiale.

DATE:

1899                                                                                      : viene fondata la FIAT

1901/1903                                                                            : ministero Zanardelli

22/06/1901                                                                           : i socialisti appoggiano il ministro dell’interno Giolitti

1903/1914                                                                            : età giolittiana

1908                                                                                      : i riformisti di Turati hanno la maggioranza del Partito                                                                                                               Socialista

1909                                                                                      : cade il governo Giolitti

03/1910 – 03/1911                                                : ministero Luzzati

26/09/1911                                                                           : inizia la guerra in Libia

18/10/1912                                                                           : pace di Losanna

1913                                                                                      : patto Gentiloni

1913                                                                                      : elezioni politiche

1914                                                                                      : riforma elettorale

PERSONAGGI:

Giovanni Giolitti – Filippo Turati – Claudio Treves – Francesco Saverio Nitti – Gaetano Salvemini – Luigi Luzzatti – Leonida Bissolati – Luigi Einaudi – Benito Mussolini – Vincenzo Gentiloni – Antonio Salandra

DOMANDE

1) Indica gli estremi cronologici dell’età giolittiana

2) Quali riconoscimenti riscosse Giolitti, in qualità di ministro dell’interno?

3) Come giudicava Giolitti la situazione sociale italiana?
 
4) Quale ruolo assegnava allo Stato nei conflitti sociali?

5) Era favorevole al diritto di sciopero?

6) Quali conseguenze negative potevano esserci, se lo Stato non fosse rimasto imparziale?

7) Con chi si alleò Giolitti?

8) Individua le opposte correnti politiche del Partito socialista.

9) Indica le principali riforme realizzate da Giolitti.
 
10) Perché Giolitti fu criticato in merito alla questione meridionale?

11) Sintetizza le posizioni di Francesco Saverio Nitti e di Gaetano Salvemini.

12) Indica il progresso industriale compiuto dall’Italia durante il governo Giolitti.

13) Quali classi sociali furono favorite dalle riforme? quali invece no?

14) Perché il governo cadde nel 1909? chi lo sostituì?

15) Indica i principi fondamentali della riforma elettorale del 1914.

16) Quale riforme promosse Giolitti sulle assicurazioni?

17) Perché la guerra in Libia ebbe effetti negativi sulla politica interna?

18) Con quale pretesto l’Italia occupò la Libia?

19) Come si concluse la guerra?

20) Come agì, in quell’occasione, Benito Mussolini?

21) Indica l’importanza del patto Gentiloni.

22) Quale esito ebbero le elezioni del 1914?

23) Quale governo successe a Giolitti?

24) Descrivi le agitazioni note come settimana rossa?