La Destra storica e l’unificazione tedesca
CAPITOLO OTTAVO
LA DESTRA STORICA
Il governo dello Stato unitario
La destra storica è lo schieramento politico che governò l’Italia dal 1861, immediatamente dopo l’unificazione, al 1876. Lo studio dei governi della destra comporta dunque l’analisi dei gravi problemi che caratterizzavano lo Stato italiano al suo sorgere e che erano diretta conseguenza di secoli di oppressione e sottosviluppo.
I problemi dell’Italia
Tutti i processi contraddittori che portarono all’unità del paese si concretizzano in problemi di difficile soluzione, che i primi governi dovettero affrontare. Per padroneggiare bene l’argomento, è necessario ricordare sia le peculiari caratteristiche delle diverse regioni italiane, sia le modalità dell’unificazione, che contribuirono a ingigantire i problemi.
Che cos’è la destra
La classe dirigente italiana era tutta moderata, anche se, come abbiamo visto, pure le forze democratiche e radicali concorsero anch’esse alla lotta per l’indipendenza; l’unità avvenne però sotto il controllo degli schieramenti moderati che, in seguito, riuscirono a gestire il potere. La destra rappresentava la parte più conservatrice di questa classe dirigente, espressione dell’aristocrazia liberale.
La sinistra
Alla destra si contrapponeva una sinistra, anch’essa tendente al moderatismo, ma più incline a difendere gli interessi della grande borghesia imprenditoriale.
Il parlamento italiano
Le elezioni del primo Parlamento italiano si tennero nel gennaio 1861 e la prima seduta si ebbe il 18 febbraio dello stesso anno. Il Parlamento era eletto in base a un suffragio molto ristretto: gli elettori erano 400.000, circa il 2% della popolazione.
Vittorio Emanuele
Il primo atto legislativo del Parlamento fu la proclamazione di Vittorio Emanuele a Re d’Italia, con la formula: “per grazia di Dio e volontà della nazione”. Come si può notare, questa formula tradiva la cultura conservatrice della monarchia, poiché accettava la sovranità popolare ma, nello stesso tempo, prevedeva ancora il riferimento all’investitura divina.
Roma capitale
L’atto successivo fu la proclamazione di Roma capitale del regno, a indicare la volontà della monarchia di procedere all’annessione delle terre della penisola ancora autonome, non appena le condizioni politiche lo avessero permesso.
La questione istituzionale
Il primo rilevante problema che il governo dovette affrontare fu la forma istituzionale da dare allo Stato: bisognava privilegiare una struttura accentrata o decentrata? Ci fu una spaccatura fra i conservatori, che guardavano all’esempio assolutistico napoleonico e i moderati, i quali preferivano un modello di tipo inglese, ricco di autonomie locali.
Il progetto Cavour-Farini-Minghetti
Cavour, da sempre ammiratore dello Stato inglese, avrebbe preferito una struttura decentrata, anche tenendo conto delle modalità dell’unificazione, realizzata fra territori che per secoli avevano costituito Stati separati. Fu presentato un progetto da parte di Cavour, Farini e Minghetti che si dirigeva in tal senso.
Cavour e la chiesa
Anche in merito ai rapporti con la Chiesa, Cavour era favorevole alla massima autonomia; il suo motto era: “libera Chiesa in libero Stato”.
La morte di Cavour
Cavour morì improvvisamente il 6 giugno 1861; la sua morte fu una grave perdita per lo Stato, che non ebbe più un’autorità capace di imporre, grazie al proprio prestigio, riforme che andassero verso la modernizzazione.
L’estensione dello Statuto albertino
Senza più una autorevole guida moderata, prevalsero le posizioni più conservatrici: il progetto Cavour-Farini-Minghetti venne respinto e si decise di estendere il vecchio Statuto albertino a tutto il territorio nazionale.
Caratteri dello Statuto albertino
Lo Statuto albertino era modellato su quello francese e prevedeva 59 province con a capo un prefetto; ulteriore suddivisione del territorio era prevista attraverso i circondari e i comuni. I prefetti, i sottoprefetti e i sindaci erano nominati direttamente dal Ministro dell’Interno.
Le proteste
Fu una mossa infelice, in quanto si applicava a regioni strutturalmente differenti una carta costituzionale concepita per il Piemonte. Numerose furono le voci di protesta che si levarono: da ricordare quella dell’economista Stefano Jacini, che notò come questa decisione contribuiva a separare irrimediabilmente il ceto politico dalla società civile.
I problemi del nuovo Stato
I problemi che dovettero affrontare i governi della destra furono sostanzialmente quattro: un problema economico, poiché l’economia italiana era debole e il suo debito pubblico già altissimo; la questione meridionale, in parte collegata a quella economica; il problema del Veneto e quello di Roma, regioni che l’Italia riteneva parte del proprio territorio.
Lo studio della destra
Questi problemi, ovviamente, non si svilupparono separatamente, ma furono strettamente correlati fra loro. Abbiamo scelto di separali ma, attraverso le domande e opportuni rimandi, cercheremo di rendere evidente la loro connessione.
DATE
1861 – 1876 : periodo di governo della destra
gennaio 1861 : elezioni del Parlamento
18/02/1861 : prima seduta del Parlamento
PERSONAGGI
Vittorio Emanuele II – Camillo Benso conte di Cavour – Carlo Farini – Marco Minghetti – Stefano Jacini
DOMANDE:
1) Precisa quale schieramento politico rappresentano la destra storica e la sinistra.
2) Come era organizzato il suffragio del Parlamento?
3) Indica i primi due provvedimenti realizzati dal Parlamento.
4) Commenta la formula d’investitura di Vittorio Emanuele II: “per grazia di Dio e volontà della nazione”.
5) Indica gli schieramenti che si formarono in merito alla natura istituzionale dello Stato.
6) Che cosa proponeva il progetto Cavour-Farini-Minghetti?
7) Quali conseguenze ebbe per lo Stato italiano la morte di Cavour?
8) Quale schieramento prevalse?
9) Come fu accolta l’estensione dello Statuto albertino?
10) Riassumi le caratteristiche dello Statuto albertino.
11) Indica i principali problemi che dovettero affrontare i governi della destra.
1. La politica economica della destra
La situazione economica dell’Italia al momento dell’unità
L’Italia nel 1860 era un paese prevalentemente agricolo, anche se la situazione economica non era omogenea: c’era infatti disequilibrio fra i diversi settori produttivie fra le diverse zone geografiche. Le regioni più evolute erano la Lombardia, l’Emilia e la Toscana, mentre le zone meridionali erano fra le più depresse d’Europa.
Mancanza di infrastrutture
A rendere difficile il progresso economico incideva in primo luogo l’inefficenza del sistema di trasporti, soprattutto per quanto concerneva le vie di comunicazione secondarie; scarso era poi lo sviluppo delle banche e quindi una politica di credito che agevolasse gli investimenti; il mercato faticava a svilupparsi in quanto buona parte della popolazione, a cause le condizioni di estrema povertà, praticava ancora forme di baratto e comunque non faceva parte dei potenaziali consumatori.
La condizione sociali
Anche le condizioni sociali si rivelavano differenti nelle diverse zone del paese, persino nella stessa classe sociale; esisteva una grande diversità fra l’aristocrazia del nord e quella del sud, quest’ultima ancora legata a una mentalità economica di tipo parassitario; la stessa boirghesia manifestava diverse capacità di iniziativa economica. Per quanto riguarda i contadini, nell’Europa occidentale non esisteva una classe sociale dalle condizioni di vita tanto precarie.
Il debito pubblico
La prima grande difficoltà che i governi dovettero affrontare fu quella del debito pubblico; poiché l’unificazione non era avvenuta per via rivoluzionaria, il nuovo stato non poteva rifiutarsi di riconoscere i debiti contratti dai precedenti governi, a cui si aggiungevano le spese militari sostenute dal Piemonte. Il disavanzo dello Stato era di 191.5 milioni e il debito pubblico di 2.241.870.000.
Il Gran Libro del Debito Pubblico
Il primo ministro delle finanze del paese, il conte Pietro Bastogi, in carica dal 3 aprile 1861 al 3 marzo 1862, con una legge del 19 luglio 1861 istituì il Gran Libro del Debito Pubblico, dove erano iscritti tutti i debiti contratti dai passati governi sotto forma di rendita pubblica.
Imposta mobile e imposta fondiaria
Furono costituite due commissioni, una per un progetto di perequazione dell’imposta fondiaria, l’altra per il riordinamento dell’imposta mobile. Il governo, dimostrando in tal senso la propria natura conservatrice, privilegiò queste ultime rispetto alle prime; il disavanzo doveva essere colmato senza troppo premre sulle classi proprietarie.
Le ragioni economiche della destra
Prescindendo da quest’atteggiamento arbitrario, la politica di austerità imposta dai governi di destra, uomini per lo più di notevole competenza, trovava le sue ragioni nel timore, giustificato, che una bancarotta potesse compromettere l’unità appena raggiunta.
Quintino Sella
Dal 3 marzo 1862 all’8 dicembre 1862 ministro delle finanze fu Quintino Sella, il quale si propose una politica di assoluta austerità. I principali provvedimenti da lui promossi furono: avocazione allo Stato del dazio sui beni di consumo, della vendita dei beni demaniali non usati dalla pubblica amministrazione; il trasferimento allo Stato dei beni della Cassa ecclesiastica.
La crisi del 1866
Il 1866 è l’anno più drammatico per l’economia italiana, in quanto lo Stato, impegnato nella terza guerra d’indipendenza, sosteneva ingenti spese. In questo periodo, esattamente dal 31 dicembre 1865 al 17 febbraio 1867, ministro delle finanze fu l’economista napoletano Antonio Scialoja; egli propose un’unica grande imposta generale sul reddito, non approvata perché troppo gravosa per le classi più abbienti.
Il corso forzoso
Il primo maggio 1866 venne introdotto il corso forzoso, un provvedimento che separava la circolazione di denaro dalla massa dell’oro costituente il tesoro dello Stato: la misura avvantaggiava lo Stato, ma creava inflazione, con effetti negativi sui prezzi e sui salari. Favorì le esportazioni mentre, ovviamente, ostacolò l’afflusso di prodotti dall’esterp.
L’alienazione dei beni ecclesiastici
Il 15 agosto 1867 diede l’avvio all’alienazione dei beni demaniali ed ecclesiastici: gli ordini, le corporazioni e le congregazioni religiose furono private di personalità giuridica e i beni soppressi trasferiti allo Stato; con la legge della liquidazione dell’asse ecclesiastico i beni ecclesiastici furono devoluti al demanio dello Stato.
La tassa sul macinato
Il 7 luglio 1868 venne imposta la tassa sul macinato: ogni produttore doveva pagare al momento della macina un determinato prezzo per ogni quintale di macinato, variabile a seconda del tipo di cereale. Era una tassa particolarmente pesante per i contadini, i mugnai e per gli strati più poveri della popolazione, per i quali il pane era alla base dell’alimentazione. Numerose furono le proteste e, in alcuni casi, il provvedimento rischiò di dare origine a vere e proprie rivolte, quasi sempre represse.
Gli anni successivi al 1870
La situazione migliorò dopo il 1870; ministro delle Finanze fu ancora il Sella, il quale non emise provvedimenti eclatanti ma si limitò al riordino delle finanze statali. Nel 1971 il disavanzo fu di appena 23 milioni. Il 16 marzo 1876 il Presidente del Consiglio Minghetti annunciò il pareggio contabile di entrata e spesa dello Stato.
La questione meridionale
Un riflesso della politica economica fu il sorgere della questione meridionale: i contadini del sud erano delusi per il fatto che il governo non concesse l’autonomia regionale, per la coscrizione militare obbligatoria ma, soprattutto, perché non si provvide a una ridistribuzione della terra.
La situazione delle terre
La maggior parte delle terre furono acquistate dalla borghesia agraria; anche quelle demaniali, non più destinate a usi civici.
Il brigantaggio
Si diffuse nel meridione il fenomeno del brigantaggio: il brigante rappresentava sia un problema di ordine pubblico sia una forma di reazione alla grande miseria diffusa nel mondo contadino; il brigante spesso sosteneva il contadino per l’attuazione degli usi civici e ne riceveva in cambio solidarietà e protezione.
L’appoggio di Francesco II
Francesco II, dall’esilio nello Stato Pontificio. appoggiò il brigantaggio, sperando che destabilizzasse l’unità del Regno d’Italia; lo Stato pontificio si dissociò successivamente da quest’azione, in quanto il fenomeno costituiva un problema anche per i suoi territori.
L’inchiesta di Massari
Nel 1863 lo Stato organizzo una Commissione d’inchiesta sul brigantaggio , affidata a Giuseppe Massari; l’inchiesta, condotta con obiettività e con rigore scientificò, dimostro la dipendenza del fenomeno dalle arretrate condizioni della società meridionale.
La legge Pica
Il governo scelse però esclusivamente la soluzione repressiva, con la legge Pica, emanata il 15 agosto 1863. La fase più acuta della guerriglia si ebbe nel 1865 e si protrasse fino al 1870.
DATE:
03/04/1861 – 03/03/1862 : Pietro Bastogi ministro delle finanze
19/07/1861 : Gran Libro del Debito Pubblico
03/03/1862 – 08/12/1862 : Quintino Sella ministro delle finanze
15/08/1863 : legge Pica
31/12/1865 – 17/02/1867 : Antonio Scialoja ministro delle finanze
01/05/1866 : introduzione del corso forzoso
15/08/1867 : inizia l’alienazione dei beni demaniali ed ecclesiastici
07/07/1868 : introduzione della tassa sul macinato
16/03/1876 : è ragiunto il pareggio del bilancio
PERSONAGGI:
Pietro Bastogi – Quintino Sella – Antonio Scaloja – Giuseppe Massari
DOMANDE:
1) Riassumi le condizioni economiche dell’Italia al momento dell’unificazione.
2) Qual’era la situazione dei trasporti?
3) Precisa la situazione di disomogeneità sociale ed economica in cui si trovava l’Italia.
4) Perché l’Italia doveva rispondere del debito pubblico dei precedenti Stati?
5) Indica i principali provvedimenti del Ministro delle finanze Pietro Bastogi.
6) Che cos’era il Gran Libro del Debito Pubblico?
7) Quale atteggiamento ebbe il governo rispetto alle imposte mobile e fondiaria?
8) Perché da tale atteggiamento è possibile cogliere la natura conservatrice della classe politica?
9) Perché era urgente, per i governi della destra, rtaggiungere il pareggio del bilancio?
10) Indica i principali provvedimenti di Quintino Sella.
11) Perché nel 1866 si acuì la crisi economica italiana?
12) Indica i principali provvedimentio presi dal Ministro delle finanze Antonio Scialoja.
13) In che cosa consiste il corso forzoso? quali furono le sue conseguenze?
14) Quale fu l’atteggiamento del governo verso le proprietà ecclesiastiche?
15) Quando si registrò un miglioramento della situazione economica?
16) Che cosa s’intende per questione meridionale?
17) Quali erano i motivi d’insoddisfazione dei contadini meridionali?
18) Che cos’è il brigantaggio? quali le sue cause?
19) Perché Francesco II finanzia il brigantaggio nell’Italia meridionale?
20) Quali provvedimenti presero i vari governi in merito?
3. La questione romana e la terza guerra d’indipendenza
L’atteggiamento di Pio IX verso il Regno d’Italia
Il pontefice, già dal 1859, aveva mostrato un atteggiamento di netta chiusura nei confronti di un eventuale Stato italiano, che minacciava il potere temporale del papato; in quell’anno Pio IX scomunicò il re, i ministri e gli amministratori del Regno.
L’importanza della questione romana
Abbiamo visto come la proclamazione di Roma capitale d’Italia fosse un punto fermo della politica dei governanti italiani, che potevano, mantenendo vivo il sentimento nazionale, acquistare consenso nei confronti dell’opinione pubblica. Solo il re manifestava un atteggiamento più cauto, sottolineando semmai la priorità della liberazione del Veneto.
La spedizione garibaldina del 1862
Una primo tentativo di risolvere la questione romana con la forza fu realizzato da Giuseppe Garibaldi, con il tacito consenso del Presidente del consiglioUrbano Rattazzi, dopo che il suo predecessore, Bettino Ricasoli, aveva inutilmente tentato di giungere a un accordo con il Papa. La spedizione guidata da Garibaldi si mosse nell’agosto 1862.
La reazione di Napoleone III
La reazione di Napoleone III fu di estrema durezza e arrivò a minacciare un intervento militare a difesa di Roma; il governo italiano finse di non essere al corrente del tentativo e il re emanò un ambiguo proclama di condanna. Lo Stato italiano fu però costretto, per evitare l’intervento straniero, a mandare delle proprie truppe contro l’armata garibaldina.
La battaglia dell’Aspromonte
L’esercito, guidato dal generale Cialdini, nel 1860 alleato di Garibaldi, si scontrò con i garibaldini sul massiccio dell’Aspromonte, il 29 agosto; Garibaldi stesso venne ferito a Varignano, arrestato e poi, in seguito a un’amnistia, liberato. Il Presidente del consiglio Rattazzi diede le dimissioni.
La politica di Minghetti
Il successivo Presidente del consiglio, Marco Minghetti, cercò di risolvere la questione romana attraverso contatti diplomatici con la Francia; non si chiese all’Imperatore ovviamente il consenso all’occupazione del suolo pontificio, quanto la partenza delle truppe francesi da Roma.
La Convenzione di settembre
Fu stipulata, il 15 settembre 1864, una convenzione, detta di settembre, che prevedeva il ritiro delle guarnigioni francesi entro due anni, sostituite da un esercito pontificio autonomo; contemporaneamente, l’Italia avrebbe garantito lo Stato pontificio da eventuali attacchi esterni.
Firenze capitale
Il protocollo della convenzione prevedeva lo spostamento della capitale d’Italia da Torino a Firenze; il governo italiano voleva in questo modo rassicurare Napoleone III che non ci sarebbero state future rivendicazioni nei confronti di Roma. All’intesa furono favorevoli le forze moderate e conservatrici, mentre si oppose la sinistra parlamentare.
L’eccidio di piazza San Carlo
La notizia dello spostamento della capitale, che creo disappunto anche al re, fu violentemente contestata dalla popolazione torinese: non si comprendevano le ragioni dello spostamento e la mossa sembrava confermare la sudditanza del governo italiano a quello francese, più volte avvertita in molti ambiti della vita politica. Tra il 21 e il 22 settembre 1864 ci furono dei tumulti a Torino, con diversi morti.
L’atteggiamento di Pio IX
Contrario agli accordi fu invece Pio IX, che riteneva mal riposta la fiducia dell’Imperatore francese nei confronti del governo italiano; il pontefice parlava di “usurpatore subalpino” e invitava i cattolici a non partecipare all’attività dello Stato italiano.
L’enciclica Quanta cura
Nel 1864 il Papa emanò un enciclica, intitolata Quanta cura, che rappresenta uno dei documenti più conservatori della storia ecclesiastica; in esso si condannano i seguenti principi: la neutralità religiosa dello Stato, la libertà d’opinione e di stampa, la sovranità popolare, la supremazia giuridica dello Stato sulla Chiesa.
Il Sillabo
Completava l’enciclica il Sillabo, un documento in cui erano descritti i “principali errori dei nostri tempi”: la libertà religiosa, l’idea che debba esistere un progresso anche per la sfera religiosa, l’ideologia liberale e, in genere, tutta la società moderna, l’impegno educativo dello Stato e il matrimonio civile.
Le conseguenze del Sillabo
I contenuti del documento pontificio erano così radicalmente conservatori che non solo Vittorio Emanuele II ne impedì la pubblicazione, com’era ovvio,, ma lo stesso Napoleone III ne proibì la diffusione in Francia. Il documento segna peraltro la crisi del cattolicesimo liberale, che non trovava più alcuna sorta di legittimità dall’autorità ecclesiastica.
Provvedimenti antiecclesiastici
Il risultato di quest’atteggiamento del Papa fu un’inasprirsi delle iniziative giuridiche antireligiose, che ebbero il culmine nel 1866, quando lo Stato, per la guerra contro l’Austria, si trovava in difficoltà finanziarie [cfr. p.4]. Furono liquidati i beni stabili degli enti ecclesiastici, a eccezione delle parrocchie e fu istituito unfondo per il culto, per stipendiare il clero.
La terza guerra d’indipendenza
Il 1866 è l’anno della terza guerra d’indipendenza, cui si è fatto già cenno. Per comprenderne pienamente le ragioni è indispensabile avere presente la situazione politica della Prussia e l’espansione militare che portò all’unificazione della Germania [cfr. avanti].
L’alleanza con la Prussia
L’Italia decise di allearsi con la Prussia di Ottone von Bismarck che intendeva recuperare all’inpero asburgico alcuni territori; nell’ottica prussiana l’Italia, che intendeva riconquistare il Veneto, doveva tenere occupate le truppe austriache ai confini meridionali, rendendo più agevole il compito delle truppe prussiane.
Gli accordi con la Prussia
Negli accordi di alleanza l’Italia ottenne la possibilità di annettersi il Veneto, ma le furono negati i territori del Trentino, che saranno oggetto di future rivendicazioni.
L’esito della guerra
La guerra, che mise a dura prova le capacità economiche dell’Italia, fu per il paese disastrosa e dagli esiti umilianti, nonostante si concluse con la conquista del Veneto. L’Italia, che aveva forze militari numericamente superiori a quelle austriache, subì due pesantissime sconfitte, a Custoza il 24 giugno e nella battaglia navale di Lissa il 20 luglio.
Le cause della sconfitta
La sconfitta in queste battaglie testimonia l’incapacità dei governi di unificare l’esercito; vi era un rancore verso il ruolo direttivo affidato agli ufficiali piemontesi, esistevano rivalità fra i diversi ufficiali, in particolare La Marmora e Cialdini, quindi l’inettitudine del’ammiraglio Persano, che comandava la flotta a Lissa.
La vittoria a Bezzecca
L’unica vittoria in questa guerra fu ottenuta dalle truppe garibaldine, a Bezzecca il 21 luglio; era una vittoria importante, in quanto apriva all’esercito italiano la strada verso il Trentino, ma non poté essere sfruttata. Il comando italiano, che temeva la reazione delle altre potenze, intimò a Garibaldi di ritirarsi.
Le condizioni di pace
La pace fu firmata a Praga da Austria e Prussia il 23 agosto e prevedeva la cessione del Veneto a Napoleone III, che l’avrebbe poi ceduto all’Italia. Fu un modo umiliante di liberare i territori nazionali dominati dall’Austria e qualcuno intendeva rifiutarli, ma poi prevalsero considerazioni di realismo politico.
Sgombero delle truppe francesi da Roma
Alla fine dell’anno le truppe francesi avevano terminato il loro ritiro da Roma, secondo gli accordi della Convenzione di settembre; ne approfittò Garibaldi per preparare una spedizione, tacitamente d’accordo col Rattazzi, che era ritornato alla Presidenza del consiglio. L’idea era quella di provocare una rivoluzione all’interno dello Stato pontificio, per ottenerne la dissoluzione senza contravvenire agli accordi con la Francia.
Voltafaccia del governo
I deboli tentativi di insurrezione nel territorio pontificio fallirono e il governo, pressato da Napoleone III che si era accorto dei movimenti garibaldini, dovette sconfessare l’impresa; Garibaldi venne arrestato il 24 settembre, e trasferito a Caprera, da dove però riuscì a fuggire.
La spedizione dei f.lli Cairoli
Circa un mese dopo una spedizione, guidata dai fratelli Cairoli, partì da Terni, ma fu annientata dalle forze pontefice a Villa Glori, il 23 ottobre. Enrico morì mentre Giovanni rimase gravemente ferito.
L’impresa di Garibaldi
Nonostante questa sconfitta Garibaldi non desistette; conquista Monterotondo e arriva fino a Ponte Nomentano. Poi si arrese perché apì l’impossibilità di portare a termine l’impresa, in conseguenza dell’intervento francese.
L’intervento francese
Il 28 ottobre ventimila soldati francesi sbarcarono a Civitavecchia e affrontarono le forze garibaldine a Mentana, il 3 novembre 1867. Garibaldi venne arrestato e ricondotto a Caprera, mentre le truppe francesi rimasero definitivamente a Roma.
Il Concilio Vaticano I
In seguito a questi eventi Pio IX convocò, il giugno 1869 un concilio ecumenico, che si aprì nel dicembre dello stesso anno; il Concilio Vaticano I, intendeva aumentare l’autorità del papa per contrapporsi alle idee liberali. Il 18 luglio 1870 viene votato, con 533 voti su 535, il dogma dell’infallibilità papale.
Il ritiro delle truppe francesi dallo Stato pontificio
La questione romana poté risolversi a favore dello Stato italiano solo grazie alle vicende internazionali, che portarono [cfr. più avanti] al crollo del potere napoleonico; nell’agosto 1870, a seguito delle prime sconfitte francesi contro i prussiani, Napoleone III ritirò le truppe dallo Stato pontificio.
La presa di Roma
Il ministro Lanza preparò allora un corpo di spedizione affidato al generale Raffaele Cadorna, mentre Vittorio Emanuele II denunciò la Convenzione.; il 12 settembre venne superato il confine pontificio, il 18 settembre si ebbe lo scontro con l’esercito del Papa e il passaggio attraverso la breccia di Porta Pia.
Roma capitale
Il 2 ottobre 1870 si tenne il plebiscito con cui Roma fu annessa al Regno d’Italia e il giugno 1871 la città venne proclamata capitale; nel luglio dello stesso anno Vittorio Emanuele II trasferì la propria residenza al Quirinale.
La Legge delle Guarentigie
Il 13 maggio 1871 venne emanata la Legge delle guarentigie, che intendeva regolare, nella volontà del governo, i rapporti con il Pontefice. La legge affermava che lo Stato italiano non avrebbe mai praticato alcuna forma di ingerenza nei confronti del Papa, il quale avrebbe continuato a esercitare con piena autonomia la propria funzione spirituale; il Papa avrebbe mantenuto il diritto ad avere rappresentanze all’estero e a riceverne; fu decisa l’extraterritorialità della zona compresa fra il Vaticano, il Laterano e Castegandolfo; il Papa poteva inoltre mantenere la propria guardia armata e avrebbe avuto la stessa donazione annua di prima.
La reazione di Pio IX
Pio IX rifiuto la legge delle guarentigie e si considerò “sotto dominazione ostile”; quest’atteggiamento trovò piena espressione con la bolla non expedit, pubblicata dal Pontefice nel 1874, nella quale si invitavano i cattolici italiani a non partecipare alla vita politica e alle elezioni.
DATE:
1859 : il Papa scomunica il re, i ministri e gli amministratori
agosto 1862 : parte la spedizione di Garibaldi contro Roma
29/08/1862 : battaglia dell’Aspromonte
15/09/1864 : Convenzione di settembre
21-22/09/1864 : eccidio di Piazza San Carlo
1864 : enciclica Quanta cura e Sillabo
24/06/1866 : sconfitta a Custoza
20/07/1866 : sconfitta a Lissa
21/07/1866 : vittoria a Bezzecca
23/08/1866 : pace di Praga
24/09/1867 : arresto di Garibaldi
23/10/1867 : a Villa Gori annientate le truppe dei fratelli Cairoli
03/11/1867 : sconfitta garibaldina a Mentana
giugno 1869 : il Papa convoca un concilio ecumenico
18/07/1860 : apertura del Concilio Vaticano I
12709/1870 : superato il confine pontificio dalle truppe guidate dal generale Cadorna
18/09/1870 : presa di Porta Pia
02/10/1870 : plebiscito a Roma
giugno 1871 : Roma capitale
luglio 1871 : Vittorio Emanuele II si trasferisce al Quirinale
13/05/1871 : legge delle guarentigie
1874 : non expedit
PERSONAGGI:
Pio IX – Bettino Ricasoli – Urbano Rattazzi – generale Cialdini – Marco Minghetti – Ottone von Bismarck – generale La Marmora – ammiraglio Persano – fratelli Cairoli – Giovanni Lanza – generale Raffaele Cadorna
DOMANDE:
1) Quale fu l’atteggiamento di Pio IX alla vigilia dell’unità d’Italia?
2) Quale politica diverso approccio politico, nei confronti della questione romana, praticarono Bettino Ricasoli e Urbano Rattazzi?
3) Descrivi la prima spedizione Garibaldina, conclusasi con la battaglia dell’Aspromonte.
4) Per quale motivo il governo italiano deve confrontarsi militarmente con le forze garibaldine?
5) Quale politica favorì invece Marco Minghetti?
6) Indica quanto stabilito dalla Convenzione di settembre.
7) Perché fu aggiunto un protocollo dove si decideva il trasferimento della capitale a Firenze?
8) Perché questa decisione non ebbe il favore dell’opinione pubblica?
9) Indica i contenuti dell’enciclica Quanta cura e del Sillabo; quale reazione provocarono nei governi europei?
10) Quali provvedimenti prese , nel 1866, il governo italiano verso i bei ecclesiastici?
11) Indica le alleanze alla base della terza guerra d’indipendenza.
12) Quale convenienza aveva l’Italia ad allearsi con la Prussia?
13) Dopo avere ricordato le sconfitte italiane cerca di motivarle.
14) Perché era importante la vittoria a Bezzecca? e perché non venne sfruttata dal governo italiano?
15) Che cosa prevedeva la pace di Praga?
16) Sintetizza gli avvenimenti successivi al ritiro delle truppe francesi da Roma.
17) Perché il governo non appoggia la spedizione garibaldina?
18) Descrivi l’impresa dei fratelli Cairoli e quella successiva di Garibaldi.
19) Che cosa rende possibile la presa di Roma?
20) Quando e come viene liberata la capitale dello Stato pontificio?
21) Descrivi analiticamente i contenuti della Legge delle guarentigie.
22) Quale fu la reazione di Pio IX.
23) Che cosa intimava ai cattolici il non expedit?
4. L’unificazione tedesca
L’unità italiana e l’unità tedesca
Si è visto come spinte all’unificazione della Germania erano presenti già all’inizio del secolo e trovarono particolare forza durante gli eventi del 1848; rimanevano però alcune difficoltà che impedivano la concreta realizzazione politica dell’unità fra i tedeschi, in particolare la sudditanza all’Impero asburgico. La formazione del Regno d’Italia convinse finalmente i tedeschi della possibilità di unificare la Germania e, nel giro di un decennio, il popolo tedesco erediterà in Europa quel ruolo egemonico fino ad allora proprio degli Asburgo.
Lo studio dell’unificazione tedesca
Lo studio dell’unificazione tedesca deve prevede che lo studente sappia cogliere il collegamento fra gli avvenimenti interni della Germania e quelli dell’Italia: è infatti l’azione della Prussia che permette all’Italia dapprima l’annessione del Veneto e, in seguito alla sconfitta dei francesi, la presa di Roma. Lo studente deve sapere padroneggiare questa relazione e cogliere la contemporaneità delle vicende italo-tedesche.
L’unificazione tedesca e il futuro dell’Europa
L’unificazione tedesca è un momento importante poiché, col suo compimento, la Germania diventò la potenza più importante d’Europa; questo ruolo egemonico della Germania e la cultura nazionalistica sotto la quale avvenne la sua unificazione hanno condizionato, secondo alcuni storici, il futuro politico europeo. Conviene dunque prestare molta attenzione a queste vicende, anche perché a esse bisognerà fare costante riferimento nell’affrontare i prossimi argomenti.
Il contenuto del capitolo
Nelle presenti pagine ci si occuperà esclusivamente della politica militare prussiana che conduce all’unità tedesca; la politica interna, la cosiddetta epoca bismarckiana, verrà affrontata nel prossimo capitolo.
I nuovo governanti
Il cambiamento della politica prussiana fu segnato, da una parte, dall’avvento al trono di Guglielmo I, nel 1861 e, soprattutto, dalla nomina alla Presidenza del governo di Ottone von Bismarck, deputato della Destra.
La politica di Bismarck
Bismarck era un rappresentante della destra prussiana ostile al liberalismo; al contrario però di altri politici conservatori prussiani, egli non avvertiva un timore reverenziale verso la dinastia asburgica. Fautore dell’unità della Germania, riteneva anzi che la politica della Prussia dovesse svolgersi in senso antiaustriaco.
La riforma militare
Per realizzare questo scopo, Bismarck organizzò una riforma dell’esercito, superando d’autorità l’opposizione del Parlamento al bilancio da lui presentato; secondo Bismarck solo con la forza militare poteva essere realizzata l’unità tedesca e non con le decisioni parlamentari, come si era tentato nel 1848.
La rivalità contro l’Austria
Bismarck riteneva inevitabile, per realizzare l’unità tedesca, la guerra contro l’Austria; egli la preparò diplomaticamente appoggiando la repressione della Russia in Polonia, quindi provocando l’impero asburgico sulla questione dei ducati danesi dello Schleswig e dell’Holstein.
Lo Schleswig e l’Holstein
Lo Schleswig e l’Holstein erano regioni abitate da popolazione tedesca e danese e poste sotto l’amministrazione della monarchia di Danimarca. La Prussia organizzò, nel 1864, un intervento militare contro la Danimarca alleandosi con l’Austria; ma era solo una mossa del cancelliere che, a vittoria ottenuta, pretese di riordinare l’intera Confederazione germanica, escludendo qualsiasi possibilità di influenza politica austriaca e creando i presupposti per una futura guerra.
Le alleanze di Bismarck
Bismarck si assicurò, prima di dichiarare guerra all’Austria, l’alleanza di Napoleone III, che non aveva ancora compreso il pericolo che per lui rappresentava la potenza prussiana e dell’Italia, alla quale promise, in caso di vittoria, il Veneto.
La guerra
La guerra inizio il 14 giugno 1866 e si concluse in breve tempo con la vittoria prussiana a Sadowa, il 3 luglio .Questa vittoria fu la conferma che l’esercito prussiano, riformato secondo la volontà di Bismarck, costituiva un’arma formidabile, ben superiore alle forze austriache. Inoltre, come si ricorderà, l’esercito austriaco dovette dividersi su due fronti, essendo Stato attaccato a sud dall’Italia.
La pace di Praga
Con la pace di Praga, del 23 agosto 1866, di cui a p.7 abbiamo descritto le clausole relative all’Italia, gli Stati della Germania a nord del Reno furono riuniti in una Confederazione diretta dalla Prussia, presieduta da Guglielmo I e con Cancelliere lo stesso Bismarck.
La Germania meridionale
Gli Stati della Germania meridionale formarono una Confederazione indipendente, tuttavia gravitante nell’orbita della Prussia, con cui avevano stretto un patto di alleanza militare; i loro eserciti, in caso di guerra, avrebbero obbedito agli ufficiali prussiani.
La situazione della Francia
Contemporaneamente all’ascesa di Bismarck declinava il prestigio di Napoleone III: l’imperatore non seppe fare i conti con la nuova realtà europea e quelli che erano stati suoi punti di forza diventarono fattori di debolezza. Per esempio, l’ostinarsi alla difesa del potere temporale del papato gli alienò nel momento decisivo l’alleanza dell’Italia. Egli fra l’altro fu sorpreso dalla crescente potenza del Bismarck e non modernizzò adeguatamente il proprio esercito per fronteggiarlo.
La politica interna di Napoleone III
Negli ultimi anni del suo potere l’imperatore francese attuò una politica ambigua, aprendo da una parte a richieste di democratizzazione, quali la libertà di stampa e di riunione, ma dall’altra parte, continuava a esercitare un potere personale legittimato dal ricorso ai plebisciti, l’ultimo dei quali si tenne proprio nel 1870.
La tattica di Bismarck
Bismarck sapeva da tempo che la guerra con la Francia era indispensabile per completare l’unificazione tedesca e aveva accuratamente preparato da tempo l’impresa. Il pretesto si ebbe a proposito della successione al trono di Spagna, dopo che la regina Isabella II era stata cacciata da un moto rivoluzionario.
Il principe Hohenzollern
La Germania propose come successore un esponente del ramo cattolico della famiglia degli Hohenzollern, la casa reale di Prussia; immediatamente la Francia temette di venire circondata, come ai tempi di Carlo V e per tutte il paese si diffuse un clima nazionalista favorevole al confronto militare.
Il colloqui di Ems
La Germania ritirò la candidatura proposta ma, provocatoriamente, redasse un falso verbale a proposito dell’incontro a Ems fra l’ambasciatore francese e Guglielmo I, molto offensivo nei confronti di Napoleone III; questi, che non poteva vedere compromesso il priorpio prestigio internazionale, cadde nella trappola e dichiarò guerra alla Prussia.
La guerra franco-prussiana
La guerra iniziò il 19 luglio 1870 e si concluse il 2 settembre con la sconfitta a Sedan delle truppe napoleoniche; l’Imperatore venne fatto prigioniero. La Francia ormai repubblicana cercò di opporre una difesa ma dovette capitolare a Metz il 27 ottobre.
Le condizioni di pace
La pace fu stipulata col Trattato di Francoforte, il 10 maggio 1871, e prevedeva condizioni durissime per la Francia: dovette cedere la regione dell’Alsazia e parte della Lorena, pagare come indennità l’incredibile cifra di cinque miliardi di franchi-oro; inoltre truppe tedesche sarebbero rimaste sul suolo francese a spese del governo.
Le conseguenze della pace
Le conseguenza di questa pace furono notevoli e si protrassero molto a lungo nel tempo; la Francia incrementò uno spirito anti tedesco che si espresse compiutamente alla fine della prima guerra mondiale; e i contenziosi che, all’inizio della seconda guerra mondiale, opponevano Hitler alla Francia riguardavano ancora i territori conquistati da Bismarck.
L’unità della Germania
Con la vittoria sulla Francia la Germania raggiungeva la sua unità e diventava, per numero di abitanti, forza economica, apparato militare, lo Stato di gran lunga più potente del continente europeo.
DATE:
1861 : sale sul trono di Prussia Guglielmo I
1862 : Ottone von Bismarck diventa capo del governo di Prussia
1864 : guerra contro la Danimarca
14/06/1866 : inizia la guerra contro l’Austria
03/07/1866 : vittoria sugli austriaci a Sadowa
19/07/1870 : inizio della guerra franco-prussiana
02/09/1870 : sconfitta francese a Sedan
27/10/1870 : sconfitta francese a Metz
10/05/1871 : trattato di Francoforte
DOMANDE:
1) Quali condizioni avevano impedito, nel corso del XIX secolo, l’unità della Germania?
2) Qual è l’importanza dell’unificazione tedesca per la storia dell’Europa?
3) Quali furono le due autorità sotto le quali si compì l’unificazione tedesca?
4) Descrivi la personalità di Bismarck.
5) Quale tattica Bismarck riteneva necessaria per raggiungere l’unità della Germania?
6) Spiega i motivi per cui Bismarck realizzò la riforma dell’esercito.
7) Perché Prussia e Austria dichiararono guerra alla Danimarca?
8) Come preparò Bismarck la guerra contro l’Austria?
9) Indica i principali avvenimenti della guerra e i contenuti del trattato di pace.
10) Proponi un giudizio sugli ultimi anni di potere di Napoleone III.
11) Descrivi il modo in cui Bismarck preparò la guerra contro la Francia.
12) Quale importanza ebbe l’incontro di Ems?
13) Quale fu l’esito della guerra franco-.prussiana?
14) Sottolinea l’importanza storica del trattato di Francoforte.